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La fatalità dominante

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(26 Novembre 2011) Enzo Apicella

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(Di lavoro si muore)

Bhopal e Porto Marghera

elaborazione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova

(17 Gennaio 2003)

Metil-isocianato è la sostanza che si sprigiona dalle ciminiere di Bhopal e che causa 20mila morti e 500mila invalidi.
Toluene-isocianato è la sostanza contenuta nella nube sospesa sopra Mestre e Marghera il 28 novembre di quest'anno.
Ma le coincidenze sono anche altre.
E' la Union Carbide, ora Dow Chemical, a causare la strage di Bhopal.
E' la Dow Chemical la proprietaria dell'impianto esploso a Marghera, dopo averlo acquisito dall'Enichem nel 2001.
Le vittime di Bhopal non sono ancora state risarcite dalla Dow Chemical, la quale rifiuta a tutt'oggi di bonificare la zona inquinata, e di disporre tutele alla popolazione malata.

Una piccola storia di una multinazionale per la quale è stato privatizzato "un pezzettino" di Porto Marghera.

Bhopal a Bhopal

Bhopal, India, 3 dicembre 1984. Dalle ciminiere della Union Carbide si sprigiona una nube di fumo impalpabile e dall'odore acre. Gli abitanti della baraccopoli sono abituati a frequenti fughe di gas tossici, (l'impianto di allarme è stato disattivato perché suonava in continuazione), ma questa volta la concentrazione tossica nell'aria è maggiore. Migliaia di volte maggiore. 20.000 vittime, mezzo milione di invalidi.

Il responsabile dell'impianto, Warren Anderson, presidente della Union Carbide si renderà latitante... Diciotto anni dopo la strage, la Union Carbide non ha ancora iniziato la bonifica del territorio (2), e ha anzi mandato la polizia contro gli ecologisti che avevano provocatoriamente iniziato in proprio la bonifica della fabbrica.
Il governo indiano quest'anno ha chiesto una variazione del capo di imputazione per Anderson, da "Omicidio" a "Negligenza" (1).
La Union Carbide, come risarcimento, ha offerto 470 milioni di dollari al governo indiano, 800 dollari per ogni invalido permanente, 3.300 dollari per ogni morte causata dal disastro(2.5)...

Il 4 agosto 1999 la Dow Chemical Company annuncia la scalata alla Union Carbide, delineando con questa acquisizione il secondo polo chimico del mondo. La Dow Chemical company è nota in tutto il mondo per aver inventato "l'agente orange"(3), un'arma chimica basata sulla diossina, usata ufficialmente in funzione di defoliante per le operazioni militari in Vietnam dal 1962 al 1971, arma che ha dimostrato il suo effetto geneticamente devastante (a tutt'oggi decine di migliaia di bambini vietnamiti nascono malformati).
La Dow Chemical è anche una tra le aziende protagoniste dell'occultamento delle risultanze sperimentali della cancerogenicità del cloruro di vinile monomero (la sostanza responsabile delle morti a Porto Marghera).
Questo viene evidenziato da uno studio della rivista "Zadig, epidemologia e prevenzione", che cita testualmente documenti interni alla società.

"La Dow si considerava anche "moralmente impegnata ad accertarsi che le informazioni fornite dalle aziende europee rimanessero all’interno della società, fino a quando non fosse stata data un’autorizzazione formale a diffonderle". Per ottenere questo risultato la società aveva ordinato che nessuno discutesse le ricerche europee, "nemmeno all’interno della società", a meno che a farlo non fossero persone che "avevano bisogno di sapere". E anche in questo caso, tale discussione avrebbe dovuto ottenere un’autorizzazione"(3.5)

Nel 2001 la fusione tra i due imperi economici della chimica è completa, ma la Dow Chemical -prevedibilmente- rifiuta di riconoscere alle vittime di Bhopal i danni prodotti dalla assorbita Union Carbide(4).

Il 9 febbraio 2001 Enichem (controllata di Eni) vende la sua divisione Poliuretani alla Dow Chemical: è scoccata l'ora dell'ingresso di Dow Chemical al petrolchimico di Porto Marghera (5); un simile ingresso con cessione sarà invece impedito a Ravenna da mobilitazioni popolari nel corso del 2001, a causa del tipo di produzione proposto dalla Dow Chemical in quel sito; si trattava dell'impianto per la produzione di glifosato, usato come diserbante nelle coltivazioni di prodotti geneticamente modificati, resistenti perciò all'azione del glifosato (6).

Bhopal e Marghera

Il nostro percorso è quasi concluso.
Riassumiamo: nel 1984 la Union Carbide con nubi di metil-isocianato (2.5) inonda la baraccopoli di Bhopal, il suo massimo dirigente si dà alla macchia, qualche anno dopo la Dow Chemical la assorbe, la stessa multinazionale nega i risarcimenti agli indiani, e acquisisce nello stesso periodo successivamente una fabbrica di Marghera.
E qui la storia si chiude con "l'incidente" del 28 novembre 2002, quando una nube di toluene-isocianato (7) si diffonde nell'aria di Marghera ed appesta i polmoni dei suoi abitanti. 4 feriti fra i lavoratori nell'impianto.

Bhopal a Venezia

Ma la storia ha anche un suo tragico paradosso. Alla Fondazione Querini Stampalia si è appena conclusa la mostra fotografica Bhopal a Venezia, organizzata nella città lagunare da Greenpeace, con l'obiettivo dichiarato di portare l'attenzione in città sulla pericolosità degli impianti chimici, soprattutto quelli in via di dismissione.
Inutile dire che nel 90% degli articoli che riguardano l'esplosione del 28 novembre non troverete nessun riferimento alla storia della Dow Chemical e della Union Carbide a Bhopal. A volte un semplice cambio d'abito aiuta...

PS: la Dow Plastic, settore plastico della Dow Chemical, ha ricevuto riconoscimenti internazionali per il suo aiuto al piano VNAH (Assistenza agli handicappati vietnamiti). Qualcuno si era probabilmente dimenticato che quegli handicaps erano stati provocati da alcune delle invenzioni belliche della stessa multinazionale, che ora andava fiera di tanto generoso aiuto...vampirizzazioni..! (http://www.modplas.com/humanitarian_1102)

Ultime notizie sulla Dow Chemical

La multinazionale Dow Chemical fa causa alle sue vittime: questa incredibile vicenda viene denunciata da Greenpeace e sta accadendo in India. La Dow, che nel 2001 si è fusa con la Union Carbide, ha chiesto 10 mila dollari ai sopravvissuti della tragedia di Bhopal. Questi si sarebbero resi colpevoli di aver interrotto il lavoro della Compagnia a Bombay, avendo promosso una manifestazione di due ore davanti alla sua sede.
Si tratta dell'ultimo tassello di una tragedia che da 18 anni colpisce gli abitanti di Bhopal, dopo la catastrofe ambientale avvenuta nella notte fra il 2 e il 3 dicembre del 1984, per l'esplosione della industria della fabbrica di pesticidi, dovuta ai tagli sulle misure di sicurezza: dopo la fuoriuscita di 40 mila tonnellate di gas letali, tra cui isocianato di metile e acido cianidrico, il bilancio fu di 8 mila morti nei primi tre giorni, con mezzo milione di persone seriamente intossicate.
Nel corso degli anni si calcola che siano deceduti almeno 20 mila abitanti, e che ancora oggi ne muoia uno al giorno per le conseguenze di quel disastro. Il numero immediato delle vittime fu altissimo, ma le conseguenze della tragedia furono sicuramente peggiori.
A tutt'oggi l'area del disastro non è stata bonificata e l'impianto è rimasto nelle condizioni di 18 anni fa, con i prodotto letali ancora stoccati in bidoni che fanno fuoriuscire il loro contenuto tossico. Di conseguenza vengono inquinate le falde acquifere e i campi coltivati: altissimo è ancora adesso il numero di tumori, aborti, e malformazioni neonatali.

Per indennizzare le vittime è stato stipulato un accordo vergognoso fra il governo Indiano e la Compagnia, su una base di 473 milioni di dollari, pari ad una media di 400 dollari per persona deceduta. Si tratta di briciole, considerando il fatturato annuo pari a 26 miliardi di dollari.
della Dow Chemical, che ha acquisito la Union Carbide con tutte le sue attività e benefici, ma che deve accollarsi anche le passività e le responsabilità del disastro.

Chiaramente gli abitanti di Bhopal si sono dichiarati insoddisfatti. Pertanto il 2 dicembre scorso, nell'anniversario della catastrofe, alcune centinaia di donne hanno sfilato sotto la sede della Dow Chemical, a Bombay, chiedendo alla multinazionale americana di non ignorare le sue responsabilità.
Le donne hanno consegnato campioni di terra e acqua inquinata, prelevati dai dintorni della fabbrica dismessa e abbandonata; le donne avevano in mano le Jhadoo, le scope tradizionali simbolo del potere femminile, che volevano ricordare alla Dow la necessità di una bonifica del territorio.
Tra le altre richieste, indennizzi più elevati, ma soprattutto l'estradizione dagli Stati Uniti di quel Warren Anderson, a quel tempo amministratore delegato della Union Carbide tuttora ricercato dall'Interpol.

Le donne venivano ricevute da un funzionario della Dow, che le rassicurava di far presenti le loro rivendicazioni alle "alte sfere" della multinazionale. La risposta di queste "alte sfere" è stata la richiesta di 10 mila dollari di danni per "perdita di lavoro".

NOTE

(2.5) http://www.panna.org
(3) http://www.corpwatchindia.org/issues/PRT.jsp?articleid=64
(3.5) http://www.zadig.it/
(4) http://www.corpwatchindia.org/action/PRTA.jsp?articleid=1143
(5) http://www.eni.it/italiano/notizie/comunicati/comunicati01/cs_09_02.html
(6) http://contropiani2000.org/bsf/cs/kontroverso_glisolfato.htm
(7) http://www.repubblica.it/online/cronaca/marghera/marghera/marghera.html
(8) http://www.greenpeace.it/bhopal/

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