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Prima condanna per omicidio colposo dovuto all'amianto a Gorizia.

(6 Aprile 2008)

...condannato Manlio Lippi, 85 anni, ex direttore degli stabilimenti navalmeccanici Italcantieri, oggi Fincantieri, di Monfalcone (Gorizia), a un anno di reclusione (pena sospesa) per omicidio colposo.



Prima condanna per omicidio colposo dovuto all'amianto a Gorizia. Il giudice monocratico del Tribunale, Caterina Brindisi, ha condannato Manlio Lippi, 85 anni, ex direttore degli stabilimenti navalmeccanici Italcantieri, oggi Fincantieri, di Monfalcone (Gorizia), a un anno di reclusione (pena sospesa) per omicidio colposo. È la prima sentenza del Tribunale di Gorizia in un processo legato a un caso di decesso per amianto a fronte di centinaia di fascicoli aperti dalla Procura per altrettanti casi di operai deceduti per malattie riconducibili all'esposizione all'amianto.

Scarica la sentenza:
(richiedere a obzudi@yahoo.ca)

Messaggero Veneto 02 aprile 2008
Amianto, prima condanna per omicidio colposo

GORIZIA ( 2 aprile) - Prima condanna per omicidio colposo dovuto all'amianto a Gorizia. Il giudice monocratico del Tribunale, Caterina Brindisi, ha condannato Manlio Lippi, 85 anni, ex direttore degli stabilimenti navalmeccanici Italcantieri, oggi Fincantieri, di Monfalcone (Gorizia), a un anno di reclusione (pena sospesa) per omicidio colposo. È la prima sentenza del Tribunale di Gorizia in un processo legato a un caso di decesso per amianto a fronte di centinaia di fascicoli aperti dalla Procura per altrettanti casi di operai deceduti per malattie riconducibili all'esposizione all'amianto.

Lippi è accusato della morte nel 1998 di Annamaria Greco, dipendente di una ditta che si occupava delle pulizie nel cantiere. La donna vi aveva lavorato negli anni Settanta prestando servizio sulle navi in fase di costruzione in ambienti nei quali - secondo l'accusa - la concentrazione di fibre d'amianto era di dieci volte superiore al quantitativo minimo per contrarre l'asbestosi. Era deceduta per un mesotelioma alla pleura a 52 anni. Il pm Annunziata Puglia aveva chiesto la condanna a 2 anni di reclusione. Il giudice Brindisi ha condannato Lippi al pagamento di una provvisionale di 100mila euro e al risarcimento ai familiari da quantificare in sede civile.

Al momento della lettura, le persone presenti in aula , fra le quali i due figli della donna - Andrea e Michela - e i rappresentanti dell'Associazione dei parenti delle vittime degli esposti all'amianto, hanno applaudito a lungo. «Abbiamo aspettato per anni questo momento» è stato il commento del presidente dell'associazione dei familiari delle vittime dell'amianto Davide Bottegaro. Ora sono un migliaio i fascicoli aperti che aspettano una risposta. Contestualmente, il giudice Brindisi ha emesso la sentenza di assoluzione (per insussistenza del fatto) in un altro procedimento nel quale è ipotizzato il reato di lesioni personali ai danni di un altro ex dipendente del cantiere di Monfalcone.

Nel processo erano imputati, oltre allo stesso Manlio Lippi, gli ex presidenti del cda di Fincantieri Vittorio Fanfani, Enrico Bocchini e Corrado Antonini (tuttora presidente del gruppo navalmeccanico), e gli ex direttori Dario Alessandrini e Giancarlo Testa.

Comunicato stampa Associazione Esposti Amianto
Dal sito www.amiantomaipiu.it

Oggi martedì 2 aprile 2008 storica sentenza del Tribunale di Gorizia per un procedimento Penale a carico dei dirigenti della Fincantieri. Per la prima volta con la sentenza odierna il Tribunale di Gorizia attribuisce in primo grado ai datori di lavoro la responsabilità per il decesso di una lavoratrice esposta all’amianto. Il Giudice, la dott. Caterina Brindisi, ha disposto la condanna per omicidio colposo di un dirigente dello stabilimento di Monfalcone condannandolo alla pena di 1 anno con la condizionale e al
pagamento di una provvisionale più le spese legali in favore della parte Civile.
Il caso iniziato con il decesso della lavoratrice nel 1998, si formalizza con l’esposto fatto dai familiari nel 2002 per poi arrivare alla prima udienza preliminare alla fine del 2005. La donna, deceduta per un mesotelioma pleurico, aveva lavorato all’interno dello stabilimento cantieristico alle dipendenze di alcune ditte private come addetta alla
pulizia a bordo delle navi. Nell’espletare tali funzioni era venuta a contatto con l’amianto libero nell’aria che ne ha causato la patologia tumorale.
L’Associazione Esposti Amianto di Monfalcone accoglie con soddisfazione questa sentenza che in parte ricostruisce le responsabilità per questo crimine di pace che ha causato oltre 2000 vittime nella zona del Monfalconese nel corso degli ultimi venti anni.
“Ci auguriamo che questo sia il primo passo affinché giustizia sia fatta per i decessi causati dall’amianto. Siamo solo all’inizio: altre centinaia di fascicoli attendono da anni in Procura”.
“Vogliamo sottolineare anche come questo primo fondamentale passo veda come
protagoniste attive per la giustizia le donne. Sono donne la vittima, il giudice, il pubblico ministero, la parte lesa e le tante vedove presenti in aula. A loro và dedicata questa vittoria”.
“Ringraziamo tutti coloro che hanno sostenuto questa battaglia di civiltà, dai giornalisti, agli artisti, ai ragazzi dell’osservatorio sul C.p.t. e comunque tutte quelle persone che credono e lavorano per un mondo migliore”.
Con questa sentenza si rompe finalmente un silenzio sulle morti per amianto che dura ormai da anni. Sono infatti oltre 900 i fascicoli aperti presso la Procura di Gorizia che attendono di arrivare appena all’udienza preliminare.
Una situazione che lo stesso Capo dello Stato ha voluto conoscere di persona dopo le denuncie fatte dall’associazione stessa e dagli organi di stampa.
Una Commissione speciale del Ministero di Grazia e Giustizia sta concludendo
un’indagine approfondita sui ritardi dei processi per amianto e a breve si attendono i risultati.

Messaggero Veneto, 03 aprile 2008

Monfalcone. Il procedimento per il decesso nel 1998 di un’operaia di 52 anni a causa di un mesotelioma pleurico. Sei assolti dall’accusa di lesioni
Morte da amianto, prima condanna
Un anno (pena sospesa) all’85enne Manlio Lippi, ex direttore di Italcantieri, per omicidio colposo


MONFALCONE. Un anno di reclusione per omicidio colposo, con sospensione condizionale della pena: è la condanna inflitta dal giudice monocratico del Tribunale di Gorizia, Caterina Brindisi, a Manlio Lippi, 85enne ex direttore dello stabilimento navalmeccanico Italcantieri, oggi Fincantieri, di Monfalcone. È la prima, storica sentenza pronunciata dal tribunale isontino in un processo legato a un decesso per amianto a fronte del migliaio di fascicoli aperti in Procura in questi anni per altrettanti casi di operai morti per malattie riconducibili all’esposizione all’amianto.
Lippi, com’è ormai noto, era stato rinviato a giudizio in relazione al decesso, nel 1998, della 52enne Annamaria Greco, dipendente di una ditta che si occupava delle pulizie nel cantiere, la Sprea, per conto della Italcantieri, una ditta che opera tuttora nell’area del cantiere monfalconese.
La donna vi aveva lavorato negli anni Settanta prestando servizio in particolare sulle navi in fase di costruzione in ambienti nei quali la concentrazione di fibre d’amianto era pari a 1000 per litro, ovvero dieci volte superiore al quantitativo minimo per contrarre l’asbestosi. Era deceduta a 52 anni per un mesotelioma alla pleura.
Il pm Annunziata Puglia aveva chiesto la condanna per Lippi a due anni di reclusione. A sollecitare la condanna a una pena equa era stato, nel corso dell’udienza di lunedì, il difensore di parte civile (i familiari di Anna Maria), l’avvocato Francesco Donolato.
Il giudice Brindisi ha condannato l’ex direttore al pagamento di una provvisionale di 100 mila euro ai familiari.
In aula al momento della lettura della sentenza c’erano una trentina fra componenti e amici dell’associazione dei familiari delle vittime dell’amianto che rappresenta i congiunti di centinaia di operai dei cantieri monfalconesi: tra loro, assieme al portavoce dell’associazione, Davide Bottegaro, c’erano anche Andrea e Michela, figli di Anna Maria Greco.
Quando il giudice ha pronunciato la sentenza si è levato, spontaneo e liberatorio, un applauso da parte di alcuni dei presenti, un misto di gioia e di commozione, un momento atteso da almeno otto anni.
Da sottolineare che la sentenza pronunciata ieri è la prima nell’ambito dei procedimenti per decessi legati all’amianto anche a livello regionale.
Contestualmente, il giudice Brindisi ha emesso sempre ieri mattina sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste per un altro fascicolo (accorpato in un unico processo con il fascicolo riguardante Anna Maria Greco), in relazione all’ipotesi di reato di lesioni a danno di un altro ex dipendente, un saldatore: assolti, oltre allo stesso Manlio Lippi, gli ex presidenti del cda di Fincantieri Vittorio Fanfani (fratello dell’ex leader dc Amintore), Enrico Bocchini e Corrado Antonini, e gli ex direttori Dario Alessandrini e Giancarlo Testa. Erano difesi dagli avvocati Corrado Pagano, del Foro di Genova, e Giovanni Borgna, di Trieste.

L’Aea: è un evento storico, ma i veri imputati erano altri

MONFALCONE. «È una sentenza storica. Inutile dire che siamo contenti, perché sarà una sentenza che farà giurisprudenza e aprirà la strada agli altri processi in corso». Festeggia, pur se con contegno e decoro, l’Associazione esposti amianto di Monfalcone: la sentenza letta ieri nell’aula del Tribunale di Gorizia, esito del processo per omicidio colposo intentato contro Fincantieri per la morte di Annamaria Greco, deceduta per tumore provocato dall’esposizione all’amianto, rappresenta la prima vittoria della lunga battaglia avviata dall’associazione assieme ai familiari delle vittime dell’amianto.
«C’è da dire però – afferma Davide Bottegaro, già presidente e ora consigliere dell’Aea (dal 24 marzo è stata eletta presidente Rita Nadalino vedova Nardi, ndr) – è stata sbagliata l’individuazione dell’imputato. Per la morte di Annamaria Greco è stato condannato il direttore dello stabilimento dal 1966 al 1972, Manlio Lippi, ma si sarebbero dovuti processare i vertici dell’azienda, i veri responsabili del silenzio sugli effetti che avrebbe avuto sui lavoratori l’esposizione alla fibra-killer, gli allora presidenti Tupini e Fanfani. Poi, al limite, sarebbero stati loro a indicare i responsabili».
«Inoltre – aggiunge Bottegaro –, nel caso specifico si sarebbero dovuti prendere in considerazione anche i legali rappresentanti di altre aziende in cui la Greco aveva lavorato e dove, al tempo, c’era ancora presenza di amianto».
Un’obiezione che viene supportata dal fatto che Fincantieri, tramite l’avvocato Pagano, presenterà appello alla sentenza proprio perché il processo ha preso in considerazione soltanto un imputato.
«Rimane il fatto, comunque – ha detto ancora Bottegaro –, che per noi, per i familiari, per le vittime, per chi è malato d’amianto questo è un giorno da ricordare perché finalmente si è spezzato il muro di silenzio che per troppo tempo ha nascosto questa tragedia. Un segnale forte, direi dirompente».
L’Aea ora prosegue con maggiore fiducia e speranza la strada intrapresa per dare giustizia e dignità alle vittime dell’esposizione all’amianto. Si attendono, inoltre, i risultati delle indagini avviate nelle scorse settimane dalla Commissione degli ispettori ministeriali in particolare in relazione allo stato dei procedimenti per le morti di amianto, seconda visita effettuata alla Procura di Gorizia, dopo la prima avvenuta a gennaio da parte di una commissione “normale”.
Per Bottegaro, la seconda visita degli ispettori non è stata determinata soltanto da quanto trovato, o meglio non trovato, a gennaio, ma anche dalle richieste delle stessa associazione, che più volte aveva sollecitato controlli da parte del Consiglio superiore della magistratura sulla situazione della Procura di Gorizia e dalle migliaia di cartoline inviate da altrettanti cittadini, esposti e famiglie delle vittime al Procuratore generale presso la Corte d’appello di Trieste, Beniamino Deidda, con cui si denunciava il grave rischio di estinzione dei processi penali e la necessità di un intervento rapido.
«Attendiamo anche gli esiti del colloquio avuto con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la scorsa settimana – conclude Bottegaro –. Il capo dello Stato ci è sembrato davvero interessato e preoccupato e crediamo che il suo interessamento possa portare a nuovi positivi esiti».
Cristina Visintini

Il Piccolo, 03 aprile 2008

Pronunciata ieri la sentenza per il decesso, a 52 anni, di un’addetta alle pulizie dello stabilimento di Panzano
Assolti i vertici dell’azienda in un processo correlato per le lesioni personali a un altro dipendente
Prima condanna per morte da amianto: un anno all’ex direttore dei cantieri Lippi


Un anno di reclusione con la condizionale e 100mila euro di risarcimento quale provvisionale immediatamente esecutiva oltre al pagamento delle spese legali per la costituzione di parte civile. Questa la condanna per omicidio colposo inflitta dal giudice unico del Tribunale di Gorizia, Caterina Brindisi, a Manlio Lippi, 85 anni, ex direttore degli stabilimenti navalmeccanici dell’Italcantieri, oggi Fincantieri, di Monfalcone.
È stata necessaria un’ora di camera di consiglio, ieri mattina al giudice Brindisi, per la prima sentenza emessa al Tribunale di Gorizia in un processo per un caso di morte per amianto.
Il caso giunto ieri a conclusione con la sentenza di primo grado (contro la quale la difesa ha già annunciato appello) è quello che riguarda la morte di Annamaria Greco, dipendente della Sprea, la ditta che si occupava delle pulizie nel cantiere. La donna, spirata a 52 anni nel 1998 per mesotelioma alla pleura, aveva lavorato in cantiere nei primissimi anni Settanta, prestando servizio sulle navi in fase di costruzione, in ambienti nei quali - come riportava l’accusa - la concentrazione di fibre d’amianto era di dieci volte superiore al quantitativo minimo per il quale è possibile contrarre l’asbestosi.
Il pubblico ministero Annunziata Puglia aveva chiesto una condanna a due anni di reclusione: il giudice Brindisi, nel decidere per l’imputato la condanna a un anno con la condizionale e una provvisionale immediatamente esecutiva di 100mila euro e il pagamento delle spese legali di costituzione di parte civile quantificate in 8mila euro, ha deciso anche un risarcimento ai familiari da quantificare in separata sede davanti al giudice civile.
Il giudice Brindisi ha ieri anche deciso l’assoluzione - in un procedimento correlato - per lo stesso Lippi oltre che per gli ex presidenti del Cda della Fincantieri Vittorio Fanfani ed Enrico Bocchini e per l’attuale presidente Corrado Antonini, oltre che per gli ex direttori Dario Alessandrini e Giancarlo Testa (difesi dall’avvocato Giovanni Borgna), accusati di lesioni personali in seguito alla malattia contratta da un altro dipendente dei cantieri. Al momento della lettura della sentenza un breve applauso si è alzato dallo spazio riservato al pubblico dell’aula del Tribunale, dove si trovavano i figli di Annamaria Greco, Michela e Andrea Zanutel, il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime dell’amianto (l’Aea), Davide Bottegaro, e numerosi aderenti all’associazione stessa, molti dei quali indossavano la maglia nera con il logo dell’associazione e la scritta «Amianto mai più».
Il giudice - dopo gli interventi di pubblico ministero e avvocati di lunedì scorso - aveva fissato l’udienza alle 9.30 per le repliche, repliche che non ci sono state permettendole di entrare in camera di consiglio cinque minuti dopo. Alle 10.35, poi, la lettura della sentenza, in un clima di grande trepidazione ed emozione, mentre i figli di Annamaria Greco scoppiavano in un pianto commosso e gli altri presenti, dopo un applauso che ha scaricato la tensione del momento, si stringevano loro attorno.
Il giudice ha ora 90 giorni per provvedere al deposito delle motivazioni della sentenza, giunta dopo undici udienze di un processo iniziato un anno e mezzo fa, l’8 novembre 2006. «È questa la prima sentenza sul caso delle morti da amianto al cantiere di Monfalcone ed è una sentenza importante - ha commentato a caldo il legale di parte civile, avvocato Francesco Donolato - in quanto ha affermato quello che tutti noi denunciavamo: alla Fincantieri, in quegli anni, c’è stata esposizione all’amianto.
«In un un momento come questo c’è certamente soddisfazione - ha proseguito donolato - nel vedere riconosciuto il lavoro di denuncia fatto dal Comitato e il lavoro poi svolto dalla Procura ma resta la tristezza dell’aver comunque trattato il caso di una persona deceduta in conseguenza dell’attività lavorativa svolta. E la sentenza allora prende atto di una situazione che resta ancora oggi, sia pure sotto altre forme, di drammatica attualità quale è quella delle morti sul posto di lavoro».
Da parte sua, il legale della difesa, l’avvocato Corrado Pagani, si è limitato a considerare come, a suo avviso, «il processo penale non sia la sede per trattare questi argomenti, con regole che non si prestano a valutare situazioni di troppi anni fa, estremamente difficili da riscostruire».

Le lacrime di Michela: «È stata fatta giustizia»

«Sono soddisfatta: giustizia è stata fatta. E questo nonostante in tanti dicessero che non era vero niente, che l’esposizione all’amianto non era causa delle morte di mia madre». Michela Zanutel è la figlia di Annamaria Greco, la donna uccisa a 52 anni nel 1998 da un mesotelioma alla pleura e per la cui morte l’ex direttore dell’allora Italcantieri Manlio Lippi è stato condannato a un anno di reclusione per omicidio colposo. Michela Zanutel era ieri in aula al momento della sentenza. Indossava la maglia dell’associazione familiari degli esposti all’amianto.
«In un momento come questo davvero non ho parole - aggiungeva l’altro figlio di Annamaria Greco, Andrea Zanutel, anch’egli in aula al momento della sentenza -: siamo soddisfatti che sia stata riconosciuta la responsabilità dell’esposizione all’amianto per la morte di mia madre, ma per contro nulla ci restituirà mai quello che abbiamo perso. Ed è anche terribilmente disarmante che negli anni Duemila servano gli avvocati per parlare di sicurezza sul posto di lavoro...»
E soddisfazione è stata anche espressa da Davide Bottegaro, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime dell’amianto: «Abbiamo aspettato per anni questo momento. Ora c'è anzitutto la grande soddisfazione per questo prima sentenza di condanna, la prima ma, ne siamo convinti, non l'ultima perchè ci sono ancora centinaia di fascicoli aperti alla Procura di Gorizia per i casi di morti per amianto». Di questi, tredici sono giunti alla fase dibattimentale. «Sappiamo - ha aggiunto Bottegaro - che il problema dell'organico numericamente insufficiente del Tribunale di Gorizia continua a rallentare i processi e a breve - ha concluso - avremo un nuovo incontro con il Procuratore Generale della Corte di Appello di Trieste, Beniamino Deidda, per parlare della situazione».

I sindacati chiedono di ampliare i benefici per gli esposti alla fibra

La partita del riconoscimento dell’esposizione all’amianto ai lavoratori che vi sono entrati in contatto nel cantiere navale, in Ansaldo, in porto non è ancora chiusa. A riaprirla, secondo i sindacati, è stata la legge 247 del 2007 che prevede la possibilità di un riconoscimento dell’esposizione fino all’avvenuta bonifica dell’amianto ai lavoratori che hanno mantenuto l’impiego per il quale avevano ottenuto la certificazione. La legge, di fatto, potrebbe consentire a quanti non hanno potuto farlo di raggiungere il tetto temporale necessario a ottenere i benefici pensionistici previsti per chi è stato esposto al minerale-killer. Le segreterie provinciali dei metalmeccanici hanno quindi chiesto un incontro al prefetto di Gorizia Roberto De Lorenzo, al quale partecipino anche Inail e Inps, in grado di definire un percorso che consenta di fornire risposte positive ai lavoratori in attesa del riconoscimento. «In Fincantieri sono 60-70 - spiega il segretario provinciale Fiom-Cgil, Paolo Liva -, ma ci sono anche le situazioni di Ansaldo e del porto. Per quanto il territorio ha vissuto e continuerà a vivere, non si tratta di esodi privi di fondamento. Non passa mese che non partecipiamo al funerale di qualche lavoratore del cantiere navale. La sensazione che la situazione non stia migliorando, anzi, è avvalorata dai dati della Medicina del lavoro, secondo cui ci sono almeno una ventina di decessi all’anno».

Aggiornato Domenica, 02 Aprile 2000

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