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(19 Marzo 2013) Enzo Apicella

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Call Center: la seconda Circolare Damiano

La Circolare del "fare" e della "concertazione". Infatti si vede...

(7 Aprile 2008)

E’ di pochi giorni fa la notizia che il mitico Cesarone Damiano, Ministro del “fare” (un condono a favore del gruppo Almaviva guidato da Alberto Tripi, poi spacciata per “stabilizzazione”, con annesso sbertucciamento invalidante dell’apprezzabile lavoro degli Ispettori del Lavoro) e della “concertazione” (tra i cui mirabili risultati annoveriamo lo scippo del TFR a favore di banche ed assicurazioni, previa abile mutazione genetica del “salario differito” improvvisamente andato in apoteosi come “capitale a rischio”; la lotta a tutto campo per sconfiggere la piaga delle “morti da lavoro” incentivando-detassando le ore di “straordinario”; impegno a spostare i recuperi salariali sui margini di produttività, che tradotto significa lo scardinamento del contratto collettivo nazionale a favore della giungla degli integrativi aziendali), ha partorito la seconda Circolare Interna sui call center. Interna, senz’altro formalmente, perché indirizzata da Cesarone ai suoi Ispettori (del cui lavoro, come abbiamo scritto sopra, tiene gran conto) ma “esterna”, se ne consideriamo i mandanti affaristici e l’inquietante valenza politica che vi è connaturata. Valenza politica che, prima ancora di palesarsi nel contenuto di cui a breve si dirà, si evince dall’insieme dei consiglieri di cui il nostro si è avvalso per espletare una così delicata funzione interna di indirizzo: Assocontact e SCL Cgil (non escludiamo vi abbiano partecipato anche le teste d’uovo di CISL e UIL, ma nemmeno possiamo confermarlo in questa sede).

Di SCL Cgil sappiamo fin troppo. Sono quelli che assistevano i precari di Atesia nel dichiarare il falso sul pregresso. Non aggiungiamo altro.

Ma chi è Assocontact? Assocontact, che raccoglie intorno a sé 71 imprese di call center (non tutte per la verità, sebbene ve ne siano di molto importati e potenti) è aderente FITA-CONFINDUSTRIA (Terziario Avanzato) che, da qualche ora, s’è fusa con FEDERCOMIN (imprese ICT) .

Ne è nata una nuova Federazione che “rappresenta un settore che in Italia conta su 750.000 imprese, 2.200.000 di addetti e produce il 18% del Pil”. La nuova Federazione, che assume il nome di “Confindustria Servizi Innovativi”, verrà guidata per i prossimi tre anni da Alberto Tripi, lo stesso di cui in testa.

Viene da pensare, ironicamente, che dopo cotanta “concertazione”, quasi che la Circolare fosse assurta a ruolo di Contratto Nazionale di Categoria, servirebbe addirittura un Referendum per chiedere ai diretti interessati, i lavoratori, di dire la loro sull’intera vicenda.

E da dire ce ne sarebbe, visto che di quanto lo stesso Cesarone aveva fatto intendere, “non escludo una ulteriore circolare che indichi come subordinato anche il lavoro out-bound” [fonte: Sito Uff.le Partito Democratico - inserita il 27 febbraio 2008], nulla è stato tradotto nero su bianco.

Già, perché quello che sembrava essere un sostanziale mea culpa ritardato (dopo che mari e monti fin da subito, l’anno passato, avevano fatto notare a Cesarone la discriminatorietà della prima Circolare, la quale individuava negli operatori inbound gli unici da considerarsi a tutti gli effetti subordinati e relegando gli outbound nella bolgia del contratto a progetto), prima si faceva forza con una frase dal sicuro effetto parahegeliano: “la distinzione teorica tra i criteri distintivi di in e out bound è astratta, e difficile da applicare nel concreto” (che lasciava presagire un finale schioppettante, nel quale l’outbound veniva ad essere anch’esso riconosciuto come subordinato), e poi implodeva su sé stesso riconfermando il co.co.pro. come principe dell’outbound nei call center.

Come a dire che: ”parto dalla premessa logica da cui vogliono che io parta, sostanzialmente un “pregiudizio” filocapitalistico, la applico, fa schifo, me ne rendo conto, ma mi devo tenere la premessa”. Un ragionamento imbarazzante.

In effetti, con poco sforzo e parecchia onestà intellettuale si sarebbe potuto dire: “in concreto è evidente che non c’è differenza fra inbound ed outbound [cosa che peraltro ad un certo punto, lo abbiamo visto, riconosceva pure Cesarone], e quindi non ha senso sostenere concettualmente la differenza tra inbound ed outbound”.

Ma sappiamo come la verità sia un costo che la borghesia ed i suoi lacchè non sono disposti a sostenere: se ne perderebbe in profitto ed in donnine imbellettate.

E così nello specifico, Cesarone, a latere della forzosa conferma della natura a progetto dell’outbound (da Spirito Hegeliano) si riavvolge su se stesso e chiarisce che “la prestazione non può essere qualificata autonoma qualora si riscontri anche una sola delle seguenti criticità”:

a) il progetto non individui la specifica campagna;
b) la prestazione includa, anche parzialmente, attività inbound;
c) non ci sia possibilità per l'operatore di gestire quantità e collocazione temporale della prestazione;
d) le concrete modalità di effettuazione della prestazione siano vincolate all'utilizzo di sistemi informatici che non consentono l'autodeterminazione dei ritmi lavorativi;
e) la postazione non sia dotata del «break» per interrompere la prestazione;
f) il committente eserciti un potere direttivo o disciplinare nei confronti dell'operatore; «ove ci sia una o più di tali modalità di svolgimento, il rapporto va sempre e comunque ricondotto nell'ambito della subordinazione».

Come si può notare, partendo dall’assunto che un co.co.pro. è per definizione un collaboratore esterno all’azienda e non deve essere in alcun modo sottoposto a vincoli di subordinazione, per degli esperti come gli Ispettori del Lavoro, si tratta di ovvie ripetizioni (acqua fresca, insomma):

- il punto a) è costitutivo palese della Legge 30, tuttora vigente;
- il punto b) si commenta da solo: la prima Circolare è sufficiente;
- i punti c), d), e) ed f) sono delle tautologie, che esprimono in maniera ovvia ciò che è già di per sé contenuto nell’assunto “senza vincolo di subordinazione”.
Sono, cioè, quattro elementi scontati che ogni Ispettore riconosce fin troppo bene, dovendo espletare, quando viene messo in condizione di farlo, un così gravoso esercizio.

Il problema, più che degli Ispettori, è dei Ministri, quando ne mortificano l’operato innanzi ai padroni.

In definitiva, da un punto di vista contenutistico, la seconda Circolare non aggiunge né toglie nulla a ciò che già si sapeva. L’unico spunto interessante è che il Ministro ha fatto improvvisamente dietro-front rispetto all’indicazione, che lui stesso aveva dato, di voler mettere la parola fine al co.co.pro. nei call center.

Evidentemente le ragioni di “Confindustria Sistemi Innovativi” si sono fatte sentire in extremis.

Un poco onorevole inizio (il condono risale a Settembre 2006), un’ancor più disonorevole fine, per il Ministro Cesarone, “uomo del dialogo e della concertazione”. Infatti si vede…

Francesco Fumarola

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