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(29 Aprile 2010) Enzo Apicella

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    Il fascismo e la democrazia contro i lavoratori

    (2 Maggio 2008)

    Sessantatré anni fa l’esercito anglo-americano, sostenuto dalla guerriglia partigiana, liberava l’Italia dall’occupazione tedesca e dal regime nazi-fascista di Salò.

    Un anno dopo nasceva La Repubblica Italiana, la dittatura borghese in cui ancora oggi viviamo.

    Migliaia di partigiani comunisti pensavano che la lotta contro i nazisti e i fascisti sarebbe stata solo la prima tappa della grande battaglia contro la società capitalista e la sua classe dominante, che dei nazi-fascisti si era servita per schiacciare la forza rivoluzionaria della classe operaia. Ma furono ingannati. E il primo ad ingannarli fu Togliatti e il Partito Comunista Italiano, che li mandò a combattere e a morire per la costituzione di una repubblica che si sarebbe fondata — come qualunque altro stato capitalista — sull’oppressione e lo sfruttamento dei lavoratori.

    La borghesia italiana armò i fascisti per bruciare le case del popolo e le camere del lavoro, per devastare le sedi delle leghe contadine, del mutuo soccorso e dei partiti operai. Per schiacciare l’organizzazione dei comunisti che incitavano alla rivoluzione nelle fabbriche e nelle campagne.

    Dopo il 25 aprile del 1945 cambiò davvero tutto? Rinfreschiamoci la memoria:

    26 marzo 1946: insurrezione di Andria. I braccianti si battono nelle strade contro la polizia. 7 morti, centinaia di feriti, centinaia di arresti.
    autunno 1947 — primavera 1948: scioperi e manifestazioni in tutta Italia. 22 morti, centinaia di feriti, centinaia di arresti.
    insurrezione del 14 luglio 1948 (dopo il ferimento di Togliatti). 20 morti, 600 feriti, migliaia di arresti.
    ottobre-novembre 1949: stragi di Melissa e Torremaggiore. La polizia spara sui braccianti che occupano le terre incolte. 6 morti e 25 feriti.
    9 gennaio 1950: strage di Modena. La polizia spara sugli operai in sciopero. 6 morti e 51 feriti.
    Bilancio complessivo della repressione anti-operaia che va dal gennaio 1948 al settembre 1954: 75 morti, 5.104 feriti, 148.269 arresti.
    luglio 1960: scioperi e manifestazioni operaie in tutta Italia. 12 morti (5 solo a Reggio Emilia) e 134 feriti.
    Questi numeri, questi terribili fatti troppo spesso dimenticati anche da chi si dice comunista, la dicono lunga sulla vera natura della nostra “democrazia”. Democrazia per i borghesi, non certo per quei lavoratori che osano alzare la testa e difendere i propri interessi calpestati.

    E poi vennero i morti nelle piazze degli anni ‘70 e le stragi, le vigliacche stragi stabilizzatrici che per quindici anni hanno insanguinato le strade, i treni, le stazioni. Stragi dietro cui spuntano non solo i fascisti, ma anche i servizi segreti del nostro stato democratico e dei nostri liberatori americani.

    E oggi? Oggi è forse uno stato fascista che riduce i diritti di sciopero, che collabora attivamente coi i padroni — privati e “pubblici” — nel diminuire salari e stipendi, che precarizza la vita di milioni di lavoratori, che apre i lager per i lavoratori immigrati, che pesta i manifestanti con metodi cileni e partecipa a guerre imperialiste e ad avventure neo-coloniali? No. E’ uno stato democratico.

    Ma quale democrazia? Quale uguaglianza politica può mai esistere all’interno di un sistema fondato su enormi disuguaglianze economiche e sociali?

    Il fatto è che democrazia e fascismo sono forme diverse di una medesima sostanza, e questa sostanza è la dittatura della borghesia, la classe che detiene tutto il potere economico e politico e che fonda il suo marcio dominio sullo sfruttamento del proletariato.

    Finché esistono le classi non può esserci democrazia, e finché esiste il capitalismo, per i lavoratori non può esserci liberazione.

    Partito Comunista Internazionalista — Battaglia Comunista, sez. G. Torricelli, Parma

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