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(3 Maggio 2008)
Sabato 10 maggio a Torino ci sarà una manifestazione nazionale che metterà al centro due questioni: la libertà per la Palestina e il suo popolo e la contestazione della decisione di avere come ospite d’onore lo stato di Israele nell’edizione di quest’anno della Fiera del Libro.
Sulla inopportunità di questa scelta “politica”, che celebra i sessanta anni della nascita dello Stato di Israele, ma occulta la speculare pulizia etnica ai danni della popolazione palestinese (la Nakba) e la negazione fattuale della nascita di uno Stato di Palestina sei decenni fa, è stato scritto molto e roventi sono state le polemiche in tutti gli ambiti politici, culturali, editoriali del nostro paese.
Appelli che hanno chiesto per tempo la revoca di questa vergognosa decisione sono stati sottoscritti da intellettuali italiani e stranieri, da scrittori arabi, palestinesi e israeliani, finanche da editori e case editrici. Alla Fiera mancheranno decine di autori arabi, palestinesi e israeliani progressisti, ma la direzione della Fiera del Libro è stata irremovibile. Cosa spiega e cosa manda a dire questa pervicace rivelazione della "superfluità" dei palestinesi in un evento culturale come la Fiera del Libro?
1. Questa ostinazione ci manda a dire che la questione palestinese non è più solo una seccatura messa in liquidazione dal dibattito politico e dalla coscienza democratica di questo paese, ma che si sta consumando sotto i nostri occhi quello che è stato opportunamente definito come il "politicidio dei palestinesi".
In questi anni, abbiamo visto i nostri giornali e i nostri programmi televisivi ospitare ripetutamente tutti i soggetti della vita politica e culturale israeliana. Editoriali, interviste, lettere, commenti hanno dato concretezza al progetto di rendere Israele uno stato “normale”, con la sua dialettica e le sue asprezze interne. Questa campagna ha potuto godere anche di una indulgenza straordinaria. Se un qualsiasi scrittore avesse detto che “non vorrebbe mai avere come vicino di casa un arabo” sarebbe stato – giustamente – contraddetto dalla comunità democratica, ma nulla di tutto questo è accaduto per le affermazioni di Abraham Yoshua in una intervista ad un importante quotidiano italiano. Alla luce di quanto abbiamo visto e letto in questi anni, è difficile pensare che la “promozione del prodotto Israele” non abbia avuto sponsorizzazioni e incentivi di un certo rilievo.
2. Al contrario, se monitoriamo i giornali e i programmi televisivi di questi anni, niente di simile è stato realizzato sul versante palestinese, eppure anche lì non mancano certo scrittori, poeti, intellettuali, giornalisti, storici e voci critiche che possano dare l’idea di una società vivace e articolata per quanto ancora sotto occupazione militare e coloniale. I palestinesi sono scomparsi come soggetto dell’agenda politica italiana ed internazionale e sono scomparsi dal dibattito culturale per ricomparire solo come “miliziani”, o come vittime senza mai l’onore di un nome, di un cognome, di una storia, di un volto o nelle vesti di dirigenti incerti e inaffidabili come i soloni di Ramallah.
In sostanza i palestinesi sono stati annichiliti nella loro identità politica e culturale così come le truppe e i coloni israeliani ne annientano e ne condizionano la vita, la terra e la libertà.
3. I più cinici affermano che la colpa è loro che hanno scelto di continuare una lotta di liberazione disperata, i più raffinati liquidano la “seccatura palestinese” con poche frasi di circostanza (due popoli-due stati, negoziato israelo.palestinese) completamente depotenziate dalla realtà dei fatti e dalla situazione concreta sul campo. Ecco, questo è il politicidio che anche la comunità democratica in Italia e in Europa sta perpetrando contro i palestinesi e che l’organizzazione della Fiera del Libro dedicata a Israele riassume e manifesta esplicitamente.
4. I richiami moralistici contro il boicottaggio verso gli apparati politici, ideologici, militari ed economici di Israele diventano quantomeno risibili. Il boicottaggio è stato e resta un’arma a disposizione della società civile per contrastare l’azione di governi e stati che violano i diritti umani e la legalità internazionale. E’ assurdo verificare come l’Italia aderisca all’embargo contro lo Zimbabwe, Gaza, l’Iran mentre non adotta sanzioni contro Israele che porta responsabilità assai più pesanti sul piano delle violazioni dei diritti dei palestinesi o su un assetto legislativo interno che configura un sistema legale (e non limitato al pregiudizio) di discriminazione e apartheid.
L’obiezione non può essere sul target rappresentato dalla Fiera del Libro (e allora perché le Olimpiadi sì?), semmai la vera obiezione è che l’Italia avrebbe dovuto e potuto revocare l’accordo di cooperazione militare con Israele e il vergognoso embargo contro i palestinesi di Gaza.
La sinistra al governo ha avuto due anni di tempo e 150 parlamentari a disposizione per dotarsi di una forte iniziativa politica in questa direzione….ma non ha trovato il tempo né la voglia di farlo.
5. Oggi il nuovo governo Berlusconi annuncia di voler essere il migliore alleato di Israele in Europa e le lobby filo-israeliane in Italia si sono schierate con la destra. La manifestazione del 10 maggio sarà anche la prima manifestazione pubblica contro le scelte di politica internazionale del governo delle destre. Sbaglia clamorosamente chi sottovaluta tutto questo, i risultati delle elezioni dimostrano che queste ripetute sottovalutazioni hanno provocato la dissoluzione della sinistra nel nostro paese.
La manifestazione nazionale del 10 maggio a Torino e la campagna “2008 anno della Palestina”, intendono mettersi di traverso rispetto a tale scenario e riaffermare che la comunità democratica nel nostro paese non può permettersi di rendersi complice del politicidio dei palestinesi, neanche con una Fiera del Libro concepita e organizzata con tale presupposto.
Sergio Cararo (Forum Palestina)
http://www.forumpalestina.org
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