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(Ora e sempre Resistenza)

Verona, 1 maggio: il vostro onore si chiama infamita’

(6 Maggio 2008)

Un ragazzo in fin di vita, pestato fino al coma. Futili motivi, dicono.
Neofascisti. Neonazisti. O come li si voglia chiamare, non ha importanza.
Sono stati loro, ancora una volta. Non abbiamo avuto un solo dubbio, da subito.
Loro lo stile – cinque contro uno – loro la brutalità. Loro l’infamia.

E adesso? Dovremmo dire ancora una volta che l’avevamo detto? Passare per autocompiaciuti dispensatori di disgrazie? Non ci teniamo.

Ma non ci teniamo neppure a sopportare Veltroni che invita a “Non sottovalutare”.
O il sindaco di Verona che invoca pene severe e dichiara: “La mia non è una città fascista”.
(Tre militari meridionali sono stati aggrediti a Verona non più di un mese fa, con le stesse modalità).
Dovremmo sopportare la tv che prima esclude la “pista politicizzata” e poi – pur ammettendola – continua a propinarci la storia della sigaretta negata come causa scatenante?
O i servizi segreti, che gridano all’allarme a fatto compiuto, e nel loro rapporto confondono ad arte neonazisti e ultras, giovani antagonisti, anarchici e padani.
Mentre Forza Nuova prende le distanze. Mentre il Veneto Skin Front prende le distanze. Mentre i fascisti d’ogni tendenza – pare non sappiano fare altro – prendono le distanze.
L’onore di cui straparlano: lasciare in fin di vita un ragazzo e poi dileguarsi. Le lame e il pentitismo.

Restano i fatti.
Cinque contro uno. Stile da cui non è possibile dissociarsi.

Questa gente – che sui muri si firma con le svastiche ed in Provincia si apparenta coi liberali – è un problema dell’oggi. Non un ricordo di sessant’anni fa. Per questo ribadiamo: disposti a discutere con chiunque se ne sia reso conto. Degli altri non vogliamo neppure sentire le lamentele.

5/05

Laboratorio Politico Jacob - Foggia
www.agitproponline.com

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Commenti (1)

Il non saper guardare al di là del proprio naso

Leggo sulle istruzioni del sito dedicate ai commenti che "non saranno pubblicati commenti con contenuti fascisti, razzisti, sionisti, anticomunisti e comunque offensivi nei confronti della lotta di classe e delle lotte di liberazione dei popoli oppressi". Mi sembra un eccellente punto di partenza per commentare i fatti di Verona.
La povertà umana e culturale di cui i 5 criminali protagonisti dell'ignobile aggressione sono portatori si commenta da sé e non mi pare lasci adito ad alcun dubbio.
Nonostante ciò, non vorrei fermarmi a dichiarazioni di routine su quello che è successo. Chino il capo di fronte ai familiari della vittima e a quelli dei persecutori - vittime anche loro, ahimé - e rispetto con profonda umiltà il loro incommensurabile dolore.
Ma vorrei tentare di capire perché é successo quello che é successo e perché, secondo me, succederà ancora.
L'Italia è un Paese che da troppi anni, ormai, non riesce a fare i conti con il proprio passato. A misurare e misurarsi con il ventennio fascista, con la guerra e con la Resistenza. A calibrare il ruolo storico di vincitori e sconfitti. Tutto quello che si riesce a fare è riproporre, stancamente, strumentalizzazioni di parte, a "buttare in politica" sempre e comunque i fatti di cronaca violenta per cercare di condannare i nemici e far assolvere gli amici.
Di qua tutto il bene, di là tutto il male.
Intanto, i giovani italiani (intendendosi con quest'espressione tutti coloro che vivono in Italia, anche i migranti) vivono o in un inutile benessere familista, in cui si sviluppa la noia e da cui prende corpo la "banalità del male" (H. Arendt) oppure in una situazione di precariato esistenziale, dove invece alberga un'illegalità sempre più spesso non meno violenta contro le persone e che alimenta pulsioni securitarie e razziste.
Mi volete dire cosa c'entrano destra e sinistra in tutto questo? E Israele? E il calcio?
La verità, a mio avviso, è semplicemente che l'Italia si fonda su un tessuto sociale neocontadino, dove tanti si sono arricchiti troppo in fretta senza saper gestire la propria ricchezza e in cui l'ultimo, il diverso, il povero diventa un elemento sociale disarmonico da cancellare, poi il fine giustifica i mezzi. Ma questa verità, seppur parziale e incompleta (mi rendo conto) non dimostra altro, da parte di tutti, che una pervicace miopia partigiana, dove qualcuno diventa il soggetto da difendere a tutti i costi e qualcun altro il nemico da eliminare, nell'eterno riproporsi di una guerra civile culturare in cui emergono sempre più forze centrifughe e lacerazioni profonde.
Non credo che ciò implichi i concetti di lotta di classe e le vetuste categorie politiche a questa connessa. E credo che questa barbarie potrà finire solo quando la nostra società - se mai avverrà - potrà definirsi autenticamente "civile": con una famiglia in cui vi siano ruoli genitoriali e filiali ben definiti ed adeguati alle esigenze della modernità, con una scuola pubblica che sia luogo di aggregazione e formazione delle coscienze, con un lavoro dignitoso per tutti ma soprattutto per quelli che se lo meritano, con un sistema di protezione sociale davvero protettivo, con la repressione penale e culturale della violenza a prescindere dal suo colore, in ogni luogo e forma di manifestazione, con un'informazione autenticamente libera e plurale.
Solo così si potranno mettere a nudo (in un primo momento) e poi eliminare o quantomeno ridurre le recrudescenze vioente come quella veronese, solo quando per tutti ci saranno diritti e doveri civili e sociali che vengono insegnati sin dall'infanzia.
Non credo che occorra essere comunisti per capire e desiderare tutto questo.
Ma pubblicate il mio commento, se ci riuscite. Non sono comunista e non lo sono mai stato. Ma mi piacerebbe il dialogo, l'apertura, il dibattito. Forse così la politica può dare l'esempio per una radicale trasformazione della società, che declini il capitalismo a vantaggio di tutti e dove ognuno sia impegnato a produrre qualcosa di utile, non solo economicamente, per tutti.
Forse così eviteremo, in futuro, di dover affrontare di nuovo drammi come quello di Verona, o come le morti bianche, o come la violenza negli stadi, sulle donne, sui più deboli.

(6 Maggio 2008)

Francesco Calabria

dott.f.calabria@email.it

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