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Nelle parole di Fini c’è la cultura della macelleria di Genova

(7 Maggio 2008)

Le dichiarazioni del neo presidente della Camera Gianfranco Fini, pongono moltissimi interrogativi, uno più inquietante dell’altro. Ritenere meno grave che dei naziskin massacrino a morte di botte un ragazzo che bruciare la bandiera di uno stato come Israele, è una affermazione che mette i brividi, fa suonare sirene d’allarme in ogni piega della società e offende il senso comune. E’ una forma di legittimazione di quella “banalità del male”, spesso evocata ed oggi praticata da cinque figli di famiglie perbene della perbenista Verona impegnati – a modo loro – nella pulizia etnica del loro territorio.
Ma ancora peggiori sono stati i tentativi di Gianfranco Fini di precisare i contenuti di una affermazione più aberrante che infelice. Fini infatti ha replicato ricordando che la sinistra ha perso le elezioni perché ha pagato per le sue posizioni estremiste.
In questo non c’è solo il servilismo degli ultimi arrivati sulla strada della complicità con la politica israeliana contro i palestinesi, c’è il cinismo dell’odio politico contro gli avversari e contro qualsiasi espressione della sinistra nel nostro paese, un odio compresso e nascosto fino ad oggi per causa di forza maggiore e che adesso può essere manifestato senza il timore di pagarne un prezzo politico e di immagine.
E’ questo cinismo e questo odio contro la sinistra, i suoi attivisti e le sue manifestazioni che fa tornare la mente alla cabina di regia della macelleria messicana scatenata contro i manifestanti a Genova nel luglio di sette anni fa.
In molti, in Italia e all’estero, si sono domandati che cosa potesse aver scatenato tra le forze dell’ordine le brutalità e le violenze che abbiamo visto per le strade di Genova, nella caserma di Bolzaneto o alla scuola Diaz. Una spiegazione – parziale ma a questo punto emblematica – oggi ce la offrono le dichiarazioni di Gianfranco Fini che a Genova stava nella cabina di comando delle operazioni repressive.
Gianfranco Fini deve sapere chiaro e forte che in questo paese nessuno accetterà supinamente di rinunciare alla propria identità politica, alla propria storia e alla difesa della libertà di espressione politica, incluso il diritto e il dovere di mettere sotto accusa la politica di apartheid e di occupazione militare e coloniale che Israele pratica da sessanta anni contro la popolazione palestinese. Allo stesso modo riaffermiamo che sarà respinto ogni tentativo di minimizzare lo squadrismo neonazista riducendolo ad un fenomeno di bullismo. Non c’è più la voglia né il tempo di scherzare.
Sabato 10 maggio saremo in piazza a Torino anche per riaffermare che essere antifascisti significa anche lottare contro una ideologia colonialista e razzista come il sionismo.

6 maggio 2008

per la Rete dei Comunisti
Mimmo Provenzano
http://www.contropiano.org

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