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(15 Agosto 2012) Enzo Apicella

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Appello “comunisti uniti”: il nemico marcia ancora alla nostra testa?

(21 Aprile 2008)

Di fronte alla catastrofe elettorale del cartello Sinistra Arcobaleno, con tutte le conseguenze che comporta sul piano della rappresentanza – almeno formale – di bisogni ed interessi di classe, è naturale che si assista allo spettacolo indecoroso che sta andando in scena. E’ naturale perché siamo in Italia, posto che in qualunque altro Paese dell’orbe terracqueo i responsabili di un tale scempio sarebbero immediatamente scomparsi dalla scena politica. In Italia, invece, e particolarmente a sinistra, vige il curioso costume per cui nessuno è mai responsabile di nulla, la colpa è sempre di imprecisati “altri” e, quindi, dopo ogni catastrofe, ci si ripresenta sulla scena pubblica, al massimo con l’offerta di un capro espiatorio. Piccola digressione storico-mitologica: il rito ebraico del capro espiatorio prevedeva che le vittime sacrificali fossero tre, precisamente due capri ed un toro. Secondo il Pentateuco, dopo un’estrazione a sorte, uno dei due capri veniva bruciato immediatamente insieme al toro sull’altare sacrificale, mentre per l’altro seguiva un rituale diverso: un sacerdote poneva le sue mani sulla testa del capro e confessava i peccati del popolo di Israele. Il capro veniva quindi allontanato nella natura selvaggia, portando con sé i peccati del popolo ebraico, per essere precipitato da una rupe a circa 10 chilometri da Gerusalemme.

Nella versione aggiornata al 2008 d. C. del ceto politico della sinistra “radicale” italiana, il capro espiatorio destinato ad allontanarsi da Gerusalemme (cioè, dalla ribalta politica) è fausto bertinotti, che però dubito venga precipitato da una rupe, ed anzi credo farà presto ritorno a Gerusalemme, magari dopo un duro esilio, trascorso vagabondando tristemente fra un salotto mondano ed una terrazza romana. Dell’altro capro e del toro, invece, si sono perse le tracce.

Fuor di metafora, mi sembra che sia già in atto un’operazione politica di riciclaggio, tesa a speculare sul comprensibile sgomento delle migliaia di attivisti dei partiti e dei movimenti, improvvisamente e brutalmente messi di fronte ad una realtà da incubo, quella che vede, per la prima volta nella storia parlamentare italiana (eccetto, ovviamente, la parentesi fascista), l’assenza di partiti socialisti o comunisti nel Parlamento nazionale. Facendo leva su questo sgomento, si lancia un appello all’unità dei comunisti “ovunque collocati”, ma a partire dai militanti e dai dirigenti del PRC e del PdCI, e non passa che qualche ora dal lancio di quell’appello che arriva l’adesione della Segreteria del PdCI, cioè di uno dei gruppi dirigenti compromesso fino agli occhi nella catastrofe della sinistra parlamentare. Il nemico si appresta nuovamente a marciare alla nostra testa.

In un Paese normale, una tale adesione verrebbe immediatamente rispedita al mittente. Ma non siamo in un Paese normale, siamo nella terra del trasformismo, degli antifascisti che si rivelano tali solo dopo la certezza della vittoria della Resistenza, dichiarando di essere stati costretti ad eseguire gli ordini del capro espiatorio dell’epoca (opportunamente defunto) e che da Podestà diventano Sindaci senza colpo ferire, anche grazie alla frettolosa amnistia generosamente erogata dal Ministro – comunista – della Giustizia del governo democratico. Siamo nel Paese dove appare naturale che un signore che è stato un funzionario stipendiato per decenni dal più grande Partito Comunista occidentale dichiari candidamente di non essere mai stato comunista. E mi fermo qui, anche se di esempi simili potrei farne centinaia.

Eppure, in quello che sta avvenendo in questi giorni, c’è qualcosa di esagerato anche per un Paese come l’Italia. Di fronte a quello che è successo negli ultimi anni, e di cui il voto del 13 aprile è stato conseguenza, il tentativo di addossare tutte le responsabilità al solo bertinotti (che pure ne porta, e di enormi) appare grottesco. Il fatto che appaia grottesco non significa che sia destinato al fallimento – siamo in Italia, appunto – ma comunque salta agli occhi.

La sinistra e i “comunisti” sono stati puniti dall’elettorato, cioè dal popolo, semplicemente perché hanno tradito anche le aspettative più moderate della gente che li aveva precedentemente sostenuti. Citando a braccio, il governo sostenuto dai “comunisti” ha portato le spese militari italiane al più alto livello dalla Seconda Guerra Mondiale; ha ritirato le truppe di occupazione dall’Iraq, ma solo perché lo aveva già deciso il governo uscente di centrodestra, e in compenso le ha aumentate, in numero e potenza degli armamenti, in Afghanistan; ha inviato un nuovo contingente in Libano, togliendo le castagne dal fuoco all’aggressore israeliano, sconfitto sul campo dalla resistenza libanese; ha plaudito alla secessione della repubblichetta narcotrafficante del Kosovo, protetta anche dalle nostre baionette; ha mantenuto ed implementato tutti gli accordi con Israele, a partire da quello per la cooperazione militare; ha mantenuto l’embargo genocida contro i Palestinesi di Gaza, colpevoli di resistere alla guerra di sterminio israeliana; ha scippato la liquidazione ai lavoratori, per regalarla alle manovre della speculazione finanziaria; ha prodotto una controriforma del welfare che Reagan e la Thatcher nemmeno si sognavano; ha confermato tutti i privilegi fiscali del Vaticano, a cominciare dall’esenzione dall’I.C.I. (battuta: almeno, se Berlusconi mantiene le sue promesse e abolisce davvero l’I.C.I., i comuni mortali saranno finalmente equiparati a preti e monache); non ha prodotto un solo passo avanti sul terreno dei diritti civili, a partire dal mancato riconoscimento delle unioni di fatto; ha perseguitato i più deboli, come gli immigrati, non solo mantenendo la vergogna dei CPT, ma addirittura promulgando un decreto (quello originariamente detto “antiromeni”) che sembra scritto da Le Pen; per bocca del suo Ministro degli Interni, ha proposto – e qui chiudo, per motivi di stomaco – di sottoporre a test antidroga tutti quegli studenti che dovessero improvvisamente migliorare il proprio rendimento scolastico, in modo che (secondo lui), se mia figlia torna a casa con un bel voto in matematica, invece di farle i complimenti dovrei portarla di corsa a fare un prelievo del sangue o dell’urina.

Ora, se si esclude la boutade del Ministro Amato sugli studenti, tutto il resto è stato messo in atto dal governo Prodi, e nessuno dei partiti della sinistra “radicale” ha mai votato contro. Nessuno, nemmeno il PdCI di diliberto, quel signore che sui giornali si chiedeva “Cosa diavolo ci stanno a fare i nostri soldati in Afghanistan?” e si rispondeva “Dio solo lo sa”. Ma il voto favorevole alla missione militare in Afghanistan (come a tutte le altre) proveniva da diliberto e dal suo partito, mica dal buon Dio.

Allora, io credo che, laddove la vox populi si è espressa con tale, persino feroce chiarezza, rendersi complici del riciclaggio di un personale politico letteralmente e consapevolmente fatto a pezzi dalle masse, sia una scelta contemporaneamente politicista e suicida, oltre che eccezionalmente cretina. Non voglio nemmeno addentrarmi nei possibili retroscena dell’operazione “comunisti uniti”, quale quello dell’ennesimo dalemone (in effetti, non sarebbe la prima volta che D’Alema e diliberto marciano di conserto, e il primo è certo consapevole della necessità di una stampella a sinistra del Partito Democratico); il punto e che oggi non sono più possibili giochetti e tatticismi, non è possibile nemmeno pensare di riciclare un ceto politico disastroso, che non poteva che produrre la catastrofe sotto gli occhi di tutti. Di fronte a questa evidenza, non ci sono appelli che tengano, se non si dice con chiarezza che si volta pagina e che, oltre al capro espiatorio, si giustiziano (metaforicamente, s’intende) tutti i responsabili della catastrofe.

Detto questo, una proposta semplice semplice: poiché i primi firmatari dell’appello per l’unità dei comunisti, da Vauro a Gianni Vattimo, da Wassim Damash a Michele Giorgio, fino ai delegati dei lavoratori, sono indiscutibilmente compagni per bene, siano loro stessi a chiedere a diliberto ed alla segreteria del PdCI di fare un passo indietro. Se ciò non dovesse avvenire, non rimane che ritirare la propria firma, con grande serenità.

Germano Monti

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