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Finanziamo le "missioni di pace"

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(28 Luglio 2011) Enzo Apicella
Il Senato ha approvato con 269 voti a favore, 12 contrari e un astenuto il decreto che rifinanzia fino alla fine dell'anno le "missioni di pace" all'estero

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C'era una volta il riso di Haiti

Storie di commercio e follia

(7 Maggio 2008)

A spiegare il fenomeno dell'impennata dei prezzi del grano e del riso e in generale di tutti i cereali destinati all'alimentazione, valgono certo i fattori messi in evidenza dalla Banca Mondiale: i sussidi per la produzione di biocarburanti, l'aumento dei costi del petrolio, il maltempo, il forte aumento dei consumi in molti Paesi asiatici, la speculazione sui future dei prodotti alimentari. Cionondimeno non si possono ignorare le gravi responsabilità di un sistema commerciale mondiale iniquo e nocivo. Il caso haitiano è per certi versi emblematico.

All'inizio di Aprile nelle diverse città di Haiti nella rivolta della popolazione contro i prezzi dei beni di prima necessità diverse persone sono state uccise e centinaia i feriti, il Primo Ministro Alexis ha dovuto rassegnare le dimissioni. Il 28 aprile il New York Times ha fatto la predica ad Haiti, dicendo che «L'industria agricola haitiana a pezzi avrebbe bisogno di essere nutrita». L'articolo naturalmente non parlava di una delle maggiori cause della carestia: il fatto che gli Stati Uniti ed alcune istituzioni finanziarie internazionali abbiano distrutto la capacità produttiva dei coltivatori di riso haitiani a favore di un mercato per il riso dei produttori statunitensi, che godono di enormi sovvenzioni. Trent'anni fa Haiti produceva praticamente tutto il riso che consumava. Che cos'è successo poi?

Nel 1986, dopo l'espulsione del dittatore haitiano Jean Claude "Baby Doc" Duvalier, il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) ha accordato ad Haiti un prestito di 24,6 milioni di dollari. Ma, per ottenere il prestito, Haiti ha dovuto accettare la condizione di ridurre le proprie tariffe all'importazione, che proteggevano il riso e altri prodotti agricoli oltre che alcuni prodotti industriali, per aprire il proprio mercato alla competizione dialtri Paesi. Inutile dire che gli Stati Uniti sono uno dei maggiori decision makers del Fmi.

Risultato: in meno di due anni è diventato impossibile per gli agricoltori locali competere con il "riso di Miami". L'intero mercato locale del riso è collassato nel momento in cui il più economico riso sovvenzionato americano ha invaso il Paese, alle volte sottoforma di aiuti alimentari. Negli anni ottanta il riso importato aveva un prezzo inferiore al costo di produzione locale. I contadini non traevano più vantaggio dall'investimento e hanno smesso di produrre. La gente nelle campagne ha perso il lavoro e si è spostata verso le città. Così sono iniziate anche le violenze e la "rice wars" ha causato i suoi primi morti.

Nel 1994, il presidente Jean Bertrand Aristide è stato forzato da Stati Uniti, Fmi e Banca Mondiale ad aprire ancora di più il mercato haitiano. Haiti è il Paese più povero dell'emisfero occidentale. Che ragioni hanno gli Usa a distruggere il mercato del riso di un Paese tanto piccolo e povero? In effetti, il 78% della popolazione di Haiti vive con meno di 2 dollari al giorno. La metà di questi con meno di un dollaro. E, nonostante ciò, Haiti è diventato uno dei maggiori importatori di riso statunitense, che è uno dei prodotti più sovvenzionati degli States.

Il quadro sopra descritto non vale solo per il riso. Haiti, che era un tempo uno dei maggiori esportatori di zucchero ed altri prodotti tropicali verso l'Europa, ha iniziato ad importare perfino lo zucchero da produzioni della Florida e della Repubblica Dominicana, controllate dagli Stati Uniti. Anche in questo caso i produttori haitiani hanno abbandonato le loro coltivazioni, velocizzando il circolo vizioso che ha portato alle rivolte di questi giorni.

Il presidente Rene Preval ha accordato ora una riduzione del prezzo del riso per il prossimo mese dai 51 dollari a 43 dollari per 110 libbre. Nessuno può pensare che questa riduzione per un mese serva ad altro che a ritardare la fame di qualche settimana.

03/05/08

Luisa Morgantini (Liberazione)

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