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Dignità operaia

Dignità operaia

(9 Marzo 2012) Enzo Apicella
Oggi sciopero generale dei metalmeccanici convocato dalla Fiom e manifestazione nazionale a Roma

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23-25 maggio 2008 - Edificio del Sindacato Birlesik Metal-Is, Gonen Balikesir (Turchia)

La situazione attuale è contrassegnata da un peggioramento della crisi del capitalismo a livello internazionale e ci sono tutte le premesse perchè questa si espanda dal piano finanziario a quello produttivo. Nei prossimi mesi aumenterà l’attacco alle condizioni di vita e di lavoro dei proletari, per consentire alla borghesia di conservare i propri profitti. Lo sfruttamento è così destinato ad aumentare, sia nell’Occidente avanzato, sia nei paesi arretrati. Il capitalismo non è più in grado di garantire una prospettiva di sviluppo, di aumento dei salari e di miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori. Per continuare ad esistere deve necessariamente comprimere il “costo del lavoro” e, conseguentemente, peggiorare le condizioni dei proletari. Dagli anni ’70 del secolo scorso la riduzione dei salari reali e dei diritti dei lavoratori è stata la leva fondamentale per garantire l’accumulazione e questo spiega il paradosso solo apparante del permanere di una fase di crisi e stagnazione e, contemporaneamente, di una crescita esponenziale dei profitti.

L’aumento della concorrenza tra capitalismi, la contrapposizione tra stati, il ruolo egemone degli USA, il crescere e il diffondersi di guerre e di nazionalismi, contribuiscono a conservare la divisione tra i proletari a livello internazionale e a contrastare lo sviluppo di lotte di difesa autonome e indipendenti della classe lavoratrice. La divisione dei proletari ha anche origine nelle politiche di partiti e sindacati della “sinistra ufficiale” che da tempo sono subordinati alla difesa degli interessi del proprio capitalismo nazionale e contrastano il manifestarsi di qualsiasi prospettiva anticapitalista. I loro obiettivi, infatti, sono quelli di gestire la crisi del “proprio” capitalismo e di difendere gli interessi della “propria” borghesia nazionale sul piano internazionale. Nei paesi occidentali i governi di “centro sinistra” e “centro destra” hanno entrambi condotto politiche antioperaie e di peggioramento delle condizioni dei lavoratori, come ha mostrato ad esempio l’esperienza italiana, francese o inglese. I sindacati legati all’ILO (International Labour Organization) nella maggior parte dei casi sono corresponsabili di questa situazione e tutti i sindacati “ufficiali” dei paesi occidentali sono da tempo divenuti strumenti per il controllo dei lavoratori, per piegarli alla collaborazione interclassista, per impedire che tra i proletari si manifesti una prospettiva sindacale e politica chiaramente anticapitalista.

La divisione tra lavoratori a livello internazionale è oggi rafforzata anche: 1) dalla politica dei capitalisti occidentali di trasferimento delle produzioni nei paesi arretrati, dove riescono ad ottenere bassi salari e assenza di diritti sindacali; 2) dallo sfruttamento selvaggio dei lavoratori immigrati nei paesi occidentali che favorisce un abbassamento di tutti i salari. Questi due fattori contribuiscono allo sviluppo della concorrenza e della divisione tra i lavoratori, che si manifesta ideologicamente col crescere del razzismo e con la subordinazione dei lavoratori alle campagne nazionaliste e razziste dei propri governi. Così i lavoratori invece di unirsi indipendentemente dalla propria nazionalità e dal colore della propria pelle, invece di unirsi tra di loro quali appartenenti alla stessa classe lavoratrice, sono spinti a mettersi in concorrenza tra di loro, favorendo il loro sfruttamento da parte dei capitalisti.

Noi pensiamo invece che sia necessario cominciare a muoversi per ritrovare un’unità internazionale dei lavoratori, del proletariato, su una prospettiva chiaramente anticapitalista. Un’unità sul piano sindacale, ma anche su quello politico. I lavoratori possono contare solo sulla propria forza e organizzazione, sulla loro unità, sul fatto di essere la maggioranza dell’umanità.
Non solo è necessario, ma è anche possibile. Nonostante le guerre, nonostante uno sfruttamento sempre più feroce e oppressivo, nonostante che i paesi occidentali che si atteggiano a difensori della “democrazia” mantengano in vita regimi dittatoriali in numerosi paesi dove investono o portano produzioni e possono così avere manodopera a basso costo e priva di diritti minimi, nonostante tutto questo è un capitalismo che arranca e in tutto il mondo iniziano a prodursi risposte e lotte dei proletari.

L’Argentina è stata percorsa da una grandissima lotta in tutta la fase della crisi generale del paese nel 2001-2002. Gli autoferrotranvieri in Italia nel 2003 in massa hanno ripetutamente violato la legge antisciopero rivendicando aumenti salariali consistenti, fuori e contro le direttive di Cgil-Cisl-Uil. In Corea c’è stata una vasta ondata di agitazioni nel 2004, condotte dal KTCU, per i diritti sindacali e contro la guerra in Iraq. Sempre in Italia nel 2004 gli operai della Fiat di Melfi hanno scioperato a lungo contro lo strapotere padronale in fabbrica. Gli operai marittimi in Corsica nel 2005 hanno bloccato i trasporti da e per l’isola, per contrastare la ristrutturazione. I lavoratori dei trasporti urbani di Teheran in Iran, tra la fine del 2005 e i primi del 2006, si sono mobilitati contro il sindacato di stato iraniano e la repressione poliziesca (700 arresti di scioperanti) per ottenere la contrattazione collettiva (negata dal regime) e aumenti dei salari a 600 USD al mese. Nel Messico alla fine del 2006 c’è stata la rivolta popolare e proletaria a Oaxaca per la difesa delle condizioni di vita e di lavoro, sempre più peggiorate dalla politica neoliberista del governo. Dal 2000 in poi la Cina è percorsa da lotte operaie, particolarmente nelle “zone speciali” dove le fabbriche sono di comproprietà del capitale straniero (italiani compresi), lotte spesso represse anche con uccisioni. In questi anni gli operai si stanno riorganizzando, dopo la violenta repressione appoggiata dai paesi occidentali, anche in Indonesia attorno all’Indonesian National Front for Labour Struggle (FNPBI). Dal luglio 2007 si stanno organizzando e mobilitando in Polonia gli operai della Fiat per ottenere aumenti salariali, nonostante Solidarnosc sia da tempo ormai divenuta un sindacato di regime. In Serbia gli operai della Zastava si sono mobilitati per i salari e contro i licenziamenti (4.500) tra agosto e settembre 2007.
E sicuramente ci sono molte altre lotte e resistenze che abbiamo scordato e di cui non si sa nulla, come ad esempio qui in Turchia, di cui in Italia si parla solo per dire che non deve entrare in Europa o quale area di investimento e sfruttamento per i capitalisti italiani, che vi trovano bassi salari e pochi diritti per i lavoratori rispetto all’Italia.

E’ arrivato il momento di riannodare i fili dell’internazionalismo proletario, della lotta comune e unitaria dei proletari a scala mondiale, è una necessità per contrastare un capitalismo sempre più feroce che, con le guerre e con la distruzione dell’ambiente, ha la possibilità di portare alla distruzione dell’intera specie umana.

Lo Slai Cobas (Sindacato dei lavoratori autorganizzati intercategoriale), è un sindacato costituito da lavoratori autorganizzati in Comitati di Base e contrapposto radicalmente alle politiche di concertazione e collaborazione interclassista dei sindacati “ufficiali” Cgil, Cisl Uil.
In Italia i diritti sindacali sono appannaggio dei sindacati “ufficiali” firmatari dei contratti (da anni di svendita delle condizioni e dei diritti dei lavoratori), così di fatto il padronato può scegliere con quale sindacato trattare e con quale non farlo. Per fare un esempio nei posti di lavoro vengono eletti i delegati dei lavoratori, le Rappresentanze Sindacali Unitarie. Nel settore privato i sindacati “ufficiali” hanno diritto al 33% di delegati indipendentemente dal numero di voti ottenuti. In questo modo capita che anche in posti di lavoro dove siamo i più votati abbiamo la minoranza dei delegati eletti dai lavoratori. Questo è un esempio della “democrazia” sindacale in Italia.
Noi non rivendichiamo diritti sindacali democratici e uguali per le sigle sindacali, ma direttamente per i lavoratori. Per fare un esempio, in Italia i lavoratori hanno il diritto a fare delle assemblee in orario di lavoro, ma possono essere indette unicamente dai sindacati, non dai lavoratori. E sempre più spesso il padronato e i sindacati “ufficiali” si accordano perchè le assemblee possano essere indette solo dai sindacati “ufficiali” e basta. Noi rivendichiamo il diritto a indire le assemblee per tutti i lavoratori.

In questo periodo siamo organizzando la resistenza operaia alla ristrutturazione negli stabilimenti automobilistici della Fiat, che tenta di piegarci con licenziamenti politici per intimidire i nostri militanti e impedire lo sviluppo della lotta operaia. Siamo tra quelli che organizzano la resistenza dei lavoratori all’aeroporto di Malpensa (Milano) contro la ristrutturazione e anche qui i nostri militanti sono stati più volte licenziati per rappresaglia. Abbiamo condotto un’importante lotta di oltre 18.000 precari della pubblica amministrazione in Sicilia. Siamo presenti nel settore privato e in quello pubblico in numerose località italiane e in svariate categorie di lavoratori, la nostra presenza fondamentale è nelle fabbriche e tra gli operai. Per noi lo Slai Cobas è uno strumento per raggiungere l’obiettivo di un sindacato anticapitalista di massa, che organizzi i lavoratori superando sia la frammentazione in tante sigle minori, sia il predominio dei sindacati collaborazionisti.

Slai Cobas (Sindacato dei Lavoratori Autorganizzati Intercategoriale)
http://www.slaicobas.it

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