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L’Italia non ripudia la guerra

Il governo Berlusconi scopre le carte sulla guerra in Afghanistan

(25 Maggio 2008)

Ieri sera il ministro degli Esteri, Franco Frattini, dopo aver incontrato il suo omologo canadese Maxime Bernier, ha scoperto le carte del governo Berlusconi sull’impegno militare italiano in Afghanistan. Frattini ha dichiarato che “c’è bisogno di adeguarsi rapidamente alle minacce” e che quindi l’Italia è “pronta a discutere con la Nato la revisione dei caveat” al fine di garantire una “maggiore efficacia e flessibilità di impiego delle nostre truppe”. Il ministro ha detto che questi cambiamenti verranno discussi alla conferenza sull’Afghanistan in programma per il 12 giugno a Parigi. E saranno resi operativi ad agosto, quando l’Italia lascerà il comando della capitale Kabul ai francesi, spostando tutto il contingente (2.600 soldati) sul fronte occidentale di Herat e Farah.

L’origine dei caveat italiani nella primavera 2006. I caveat sono le limitazioni imposte dal governo nazionale all’impiego delle truppe che operano in una missione internazionale. Essi riguardano due aspetti: l’area geografica di operazione e le regole d’ingaggio. Quando, nel maggio 2006, il generale britannico David Richards sostituì il generale italiano Mauro del Vecchio al comando della missione Isaf, la Nato stabilì che tutte le forze speciali e le forze aeree dei contingenti nazionali dovevano essere liberamente impiegabili su tutto il territorio afgano (anche sul fronte meridionale di Helmand-Kandahar) anche in operazioni offensive preventive. Il governo Prodi impose subito dei caveat che impedivano alle nostre truppe e ai nostri mezzi aerei di operare fuori dalle province del settore occidentale (Herat, Farah, Ghor, Baghis) e di prendere parte a operazioni di guerra che non fossero azioni di difesa. Fu stabilito che le deroghe a questi caveat erano possibili solo previa autorizzazione del governo italiano, rilasciata non prima di 72 ore dalla richiesta dei comandi Nato.

Il loro progressivo allentamento da fine 2006 a oggi. Pochi mesi dopo, su pressione di Stati Uniti, Gran Bretagna e Canada, il governo di centro-sinistra autorizzò segretamente una maggiore flessibilità nel rispetto dei caveat. Questo permise un sostanziale adattamento dell’Italia alle nuove regole d’ingaggio della Nato e quindi la partecipazione dei nostri soldati e delle nostre forze speciali a diverse operazioni di combattimento , offensive e non più solo difensive. La limitazione geografica dell’impiego del nostro contingente è rimasta invece sempre in vigore: i nostri elicotteri non vennero inviati in soccorso dei britannici circondati dai talebani a Musa Qala, le nostre truppe, comprese le forze speciali, non hanno mai varcato i confini meridionali del settore ovest. Ma nei mesi scorsi anche questa limitazione pare sia venuta meno: secondo indiscrezioni, a marzo il governo Prodi ha autorizzato la partecipazione degli incursori italiani della Task Force 45 a un’operazione anti-guerriglia (ufficialmente si trattava di un’esercitazione) delle Sas britanniche e dei Berretti Verdi statunitensi nelle province meridionali di Helmand e Kandahar.

In concreto, ecco cosa cambierà dalla prossima estate. Frattini ha parlato di “revisione”, non di “abolizione” dei caevat. E’ quindi probabile che a Parigi l’Italia proporrà semplicemente di rendere ufficiali e stabili le ‘concessioni’ ufficiose e occasionali già fatte dal precedente esecutivo. Ciò significa quindi che, da agosto in poi, i duecento incursori italiani della Task Force 45 e i nostri elicotteri da guerra della Task Force Fenice potranno venire liberamente e stabilmente impiegati nella guerra contro i talebani nel sud dell’Afghanistan. E che le mille truppe italiane da combattimento dei due Battle Group attivi dalla prossima estate nel settore ovest potranno operare con le regole d’ingaggio Nato, quindi non dovranno più limitarsi a entrare in azione solo in caso di attacco talebano, ma potranno effettuare anche operazioni offensive preventive come fanno oggi le truppe Usa, britanniche e canadesi nel settore meridionale.
Con buona pace dell’articolo 11 della Costituzione, secondo cui “l’Italia ripudia la guerra”.

22.5.2008

Enrico Piovesana

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