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Riforma della P.A: altro che meritocrazia, vogliono smantellare il servizio pubblico!

(6 Giugno 2008)

E’ stato presentato in questi giorni dal neo ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, il disegno di legge per ottimizzare la produttività del lavoro pubblico.

Il disegno di legge, che riprende la filosofia del memorandum sul Pubblico Impiego sottoscritto da CGIL, CISL e UIL, è l’approdo legislativo della campagna denigratoria anti dipendenti pubblici, avviata dal precedente governo di centro sinistra e subito ripresa dall’attuale governo (“punirne uno per educarne cento” sono state le macabre parole pronunciate solo qualche giorno fa da Brunetta all’indirizzo degli statali).

Il disegno di legge riprende il consueto ritornello sulla meritocrazia e sulla cultura della valutazione del rendimento del dipendente: dalla valutazione ottenuta dei singoli dipendenti scaturirà una graduazione nell’erogazione delle indennità e dei premi incentivanti.

Non poteva mancare nel DDL, un’apposita norma (articolo 4) dedicata alle sanzioni disciplinari, che in continuità con le scelte di tutti gli ultimi rinnovi contrattuali nei comparti pubblici, concedono addirittura la facoltà all’amministrazione di non reintegrare il lavoratore a seguito di una sentenza di assoluzione piena pronunciata dal giudice, contraddicendo clamorosamente anche il semplice dettato costituzionale.

E, udite, udite, addirittura viene introdotta una norma con il licenziamento del medico, se pubblico dipendente, nell’ipotesi di violazione dei canoni di ordinaria diligenza nell’accertamento della malattia.

Inutile dire che i dirigenti di CGIL, CISL e UIL, hanno considerato “interessanti” le proposte del ministro Brunetta e si sono dichiarati pronti a sedersi al tavolo della trattativa per cogestire questo processo di contro riforma della P.A.

Diffamare un’intera categoria apostrofandola come assenteista e fannullona, e utilizzare strumentalmente qualche caso sporadico serve a mascherare il vero obbiettivo del processo di riforma della P.A.: smantellare i servizi pubblici come servizi ai cittadini, cedere interi settori ai privati tramite le esternalizzazioni e tagliare ulteriormente gli organici.

Mentre aumentano le poltrone per i politici ed i dirigenti…

La cultura del rendimento e della meritocrazia, sbandierata senza mai chiarire cosa realmente voglia dire essere produttivi nella pubblica amministrazione, ha come obbiettivo rendere un’intera categoria sempre più controllata, sempre più ricattabile e sempre più consegnata alla gogna mass mediatica, con l’intento, nei luoghi di lavoro, di circondarsi di personale addomesticabile e fedele al modello di amministrazione che si vuol disegnare: tutti contro tutti impegnati in una feroce competizione, con in palio il premio di qualche euro in più per chi, dimostratosi particolarmente “meritevole” riuscirà ad accedere ai premi incentivanti.

Insomma, un processo che porterebbe la P.A. a non essere più un servizio pubblico e a svolgere una funzione sociale, ma sempre di più un fac-simile di una qualsiasi impresa sul mercato.

E non è un caso, infatti, che insieme al disegno di legge il Ministro Brunetta abbia presentato un piano industriale (ebbene sì è proprio questo il nome) per la riforma della P.A.

Verrebbe da chiedere al neo Ministro, ma più in generale alla casta degli industriali e alla casta sindacale (CGIL CISL e UIL) che hanno oramai sposato da anni l’ideologia mistificante della produttività, se la cultura del merito del sistema impresa cui fanno riferimento è quella che ha portato ai disastri di Cirio, Parmalat, Telecom… O ancora se anche per la P.A. si vuole delineare un sistema come quello delle imprese che sacrifica tutto (salute e vita) in nome del profitto… Quello che i detrattori del lavoro pubblico vogliono in realtà coprire è che:
- gli oramai cronici blocchi del turn over hanno sottodimensionato interi settori della P.A (altro che riduzione del personale!);  la totale mancanza di investimenti nella P.A., comporta che spesso si lavori senza nemmeno i più elementari strumenti;
- le retribuzioni degli impiegati pubblici italiani sono tra le più basse d’Europa;
- il vero scandalo sono le retribuzioni dei manager pubblici e le consulenze d’oro;
- i massimi dirigenti della P.A sono diretta emanazione delle scelte e degli indirizzi del potere politico, con buona pace del principio di imparzialità della Pubblica Amministrazione.

Attaccare i lavoratori pubblici serve a coprire tutto questo.
Fermiamoli prima che sia troppo tardi…

Confederazione Cobas

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