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L'Italia tripudia la guerra

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(5 Novembre 2010) Enzo Apicella

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La visita di Bush e una manifestazione che va vista con gli occhi del mondo (e senza miopia)

(5 Giugno 2008)

Il presidente degli Stati Uniti Bush, la prossima settimana (11 giugno) sarà nuovamente in visita in Italia. A solo un anno di distanza dalla precedente visita, Bush torna a Roma per vedere il Papa e soprattutto per discutere con il nuovo governo Berlusconi un maggiore coinvolgimento dell'Italia nelle strategie di guerra degli USA nei vari scenari.
Il Patto permanente contro la guerra (sorto proprio all’indomani della manifestazione del 9 giugno del 2007 contro la visita di Bush) ha lanciato un appello alla mobilitazione per mercoledì 11 giugno con una manifestazione a Roma e l’indicazione per tutti coloro che non potranno essere a Roma – essendo un giorno feriale – di organizzare manifestazioni davanti ai consolati USA nelle varie città. L’appello alla mobilitazione riprende la piattaforma su cui, proprio un anno fa, il movimento contro la guerra accolse Bush con una enorme manifestazione di protesta ma mandò anche un segnale chiaro e forte di opposizione alle scelte del governo Prodi in materia di politica militare ed internazionale.
Bush è chiaramente "un'anatra zoppa", ma nello spirito della sua fine di mandato, si respira quell’aria di “lasciare tutti davanti al fatto compiuto” che non rende la sua agenda italiana meno inquietante.
L’amministrazione Bush, intende approfittare del favorevole clima politico bipartizan in Italia per spingere il nuovo governo ad aumentare gli impegni militari del nostro paese. E su questo le note appaiono sin da subito assai dolenti

a) Bush vuole la disponibilità dell'Italia nella partecipazione ai preparativi di guerra contro l'Iran. In questo senso il linkage bilaterale tra Frattini e Condoleeza Rice prevede che l’Italia entri a far parte del gruppo 5+1 (membri del Consiglio di Sicurezza + la Germania) che sta gestendo la crisi nucleare iraniana. Con l’ingresso dell’Italia la pattuglia dei filo-USA sarebbe rafforzata. Ma la Germania al momento si oppone a causa del vecchio contenzioso su chi – Italia o Germania – debba entrare a far parte del Consiglio di Sicurezza come nuovo membro permanente. Le voci e le notizie su una escalation militare USA e israeliana contro l’Iran si susseguono ormai sempre più frequentemente. Il coinvolgimento dell’Italia in questa escalation è chiaramente uno degli obiettivi della visita di Bush, ma il contrasto a questa complicità deve diventare anche uno dei maggiori obiettivi dei movimenti che si oppongono alla guerra .

b) Gli altri temi in agenda si stanno delineando molto più chiaramente: più truppe da combattimento e nuove regole di ingaggio offensive per i contingenti militari italiani in Afghanistan e Libano. Non solo. Sta emergendo anche la tentazione del governo italiano di inviare nuovamente altri militari italiani in Iraq (oltre quelli rimasti lì) per procedere all’addestramento delle forze armate del governo fantoccio irachene e non solo della polizia. In questo quadro va visto anche il rafforzamento della cooperazione militare e diplomatica tra Italia e Israele.

c) C’è infine il capitolo della collaborazione militare sul territorio italiano e che prevede il via libera ai lavori alla base militare del Dal Molin a Vicenza e l'allargamento operativo delle altre basi USA sul nostro territorio (Sigonella e Camp Darby soprattutto), la partecipazione attiva allo Scudo missilistico che già si sta realizzando con le prime installazioni nei paesi dell'Europa dell'Est, l’avvio della costruzione degli F35 e una maggiore collaborazione tecnologica e militare tra aziende italiane e statunitensi (vedi l'escalation della Finmeccanica anche negli USA).

Su questa inquietante agenda di guerra, Bush troverà la piena collaborazione da parte del governo Berlusconi (che ha già ventilato l’ipotesi di aumentare ancora di più le spese militari rispetto a quanto fatto dal governo Prodi che le aveva già incrementate del 24% in due anni). Un anno dopo non vogliamo che il nostro paese sia ancora complice della escalation di guerra e non vogliamo che dia il benvenuto ad un presidente a fine mandato ma che rappresenta pienamente le responsabilità dell'imperialismo USA negli orrori a cui stiamo assistendo da anni.

Per questo motivo, appare emblematico - ma anche inspiegabile e miope - il disimpegno e la distrazione verso la mobilitazione contro la visita di Bush con cui diversi settori dello stesso movimento che lo scorso anno scesero in piazza il 9 giugno guardano oggi a questa scadenza. Alcune volte capita che l'agenda politica venga determinata dai fatti e non dalle possibilità di iniziativa dei movimenti, ma è un altra la questione che merita di essere rimarcata con forza.
E' tempo che si metta fine ad una cultura politica che guarda alle cose del mondo solo e sempre dal punto di vista della politica italiana. La mobilitazione contro la visita di Bush ha come palcoscenico il resto del mondo - e soprattutto di quello martoriato dagli USA - un mondo nel quale si guarderà in un modo o in un altro ad un paese e ad un movimento capaci di contestare la visita di Bush o di lasciarsela passare addosso, ciò è valido in Palestina come nelle selve del Chiapas, in Iraq come in Bolivia. Se quei popoli e i movimenti che lì si battono per la liberazione vedranno muoversi i loro fratelli e compagni in carne ed ossa anche in Italia, sapranno se possono contare o meno su di loro.
Cari compagni, qualche volta uno striscione al posto giusto e al momento giusto vale più di mille discussioni sul sesso degli angeli o sulla contingenza politica nel nostro quartiere. Cominciamo a guardare al nostro territorio con gli occhi del mondo.

Sergio Cararo
Rete dei Comunisti

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