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(14 Giugno 2008)

La lettura della pagina 6 del Manifesto di oggi, 13 Giugno, deve provocare in ogni sincero ed intellettualmente onesto militante della sinistra, un senso di vero e proprio sconcerto.

Vi sono riportate, infatti, con grande evidenza le dichiarazioni rilasciate dall'ex-Presidente della Camera e Segretario di Rifondazione Comunista (ingaggiato direttamente, a suo tempo, è bene ricordarlo dalla CGIL senza essere iscritto al partito) Fausto Bertinotti, nel corso di un convegno.

Vi si leggono frasi del tipo: “La partecipazione fallimentare al governo Prodi” oppure “Un Arcobaleno improvvisato senza convinzione” e ancora “ attenti al “regime leggero, dove conta solo il governo”.

La banalità dell'osservatore della strada farebbe osservare: dove è stato questo signore negli ultimi anni? E' stato o non è stato lui l'ispiratore e principale esecutore di un certo tipo di linea politica che ha fatto del governo la meta esaustiva (e di conseguenza l'altare sacrificale) della sinistra italiana?

Questo per limitarci alle banalità, perché se si va più a fondo con l'analisi ritengo debbono essere ripresi alcuni punti che già si è avuto l'occasione di sollevare, in tempi non sospetti, e non certo “a babbo morto” come accade adesso:

Rifondazione Comunista ha il massimo di responsabilità di questa disfatta elettorale: il massimo di responsabilità perché il suo gruppo dirigente ha sbagliato clamorosamente l'analisi della fase (beninteso tutto il suo gruppo dirigente: anche quelli che, dissentendo sono andati a fare il ministro o il capogruppo al senato e adesso propongono una “ripartenza” del partito con i movimenti);

Rifondazione Comunista ha, nel tempo, tre pesanti livelli di responsabilità nel disfacimento della sinistra italiana, molto più pesanti ed importanti della scelta di partecipare al governo Prodi ( conseguenza naturale): ha aderito, fin dal 1996 con la scelta della “desistenza” al modello maggioritario – presidenziale che ha fatto smarrire il senso dell'autonomia teorica e culturale; ha usato il dibattito sulla “non violenza” non per costruire diversi approdi teorici, ma strumentalmente soltanto per contrabbandare una nuova collocazione all'interno del sistema politico italiano; ha costruito un rapporto del tutto illusorio con i movimenti, fin dall'epoca del G8, all'interno del quale il partito non ha svolto alcuna funzione di direzione politica. Lo abbiamo già scritto e lo ripetiamo con forza: un partito finisce (muore) nel momento in cui si confonde nel magma indistinto di un Forum che va dalla rete di Lilliput ai “disobbedienti” del Nord Est;

Conseguenze di tutto ciò: prima di tutto e fondamentale l'adesione del partito al concetto di “governabilità” come esaustivo dell'agire politico. Così si è scelto di andare a presidiare fortilizi istituzionali, dando il la alla costruzione di un partito degli “assessori” pronti a difendere tutto e il contrario di tutto all'interno delle amministrazioni locali (per poi scoprire che, nonostante la presenza di Rifondazione nella giunta la speculazione edilizia prosegue); con segretari regionali che lavorano per l'alleanza di centrosinistra inserendo loro stessi nel “listino” del presidente o segretari provinciali che vanno alla trattativa per la formazione delle giunte e ne escono assessori. Tutti esempi ben documentati, ovviamente. La realtà del partito nelle situazioni locali , così come si è determinata nel corso di questi ultimi anni, è risultata emblematica dell'abbandono di qualsiasi riflessione di merito: si è costruito un ceto politico votato alla propria carriera e questi sono stati i risultati. Nulla di più e nulla di meno.

Quanto al “regime leggero” l'ex-presidente della Camera dovrebbe ben sapere che l'ultima tornata elettorale serviva soltanto per affidare il sistema politico ormai esausto ad una sorta di protettorato personale (spiace autocitarci, ma molti mesi avanti avevamo scritto: Berlusconi Lord Protettore). Ogni sorpresa oggi, da parte di così eminenti ed introdotti personaggi, appare davvero del tutto strumentale.

Perché ho scritto queste cose, quasi di getto e magari con un “surplus” di indignazione: è necessario si sappia che qualsiasi operazione di rinnovamento nella sinistra italiana passa attraverso un radicale rinnovamento nei ranghi.

Non mi si dica che si tratta di un risultato elettorale: si tratta di un “crollo” sociale e politico che potrebbe rivelarsi anche irreversibile. Una “cancellazione storica”. Spiace che la gloriosa testata del “Manifesto” si sia prestata a dar voce ad una operazione trasformistica così rilevante e mi è parso il caso di sollevare il tema con il massimo della forza possibile.

Savona, li 13 Giugno 2008

Franco Astengo

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