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(La tolleranza zero)

Fuoco ai palazzi, pace alle capanne

(26 Giugno 2008)

Gli assalti e gli incendi contro i campi rom, le aggressioni agli stranieri immigrati, i pestaggi squadristi contro gli oppositori politici, sono la dimostrazione che un’ondata di xenofobia, razzismo e squadrismo sta attraversando il paese da nord al sud, a cui si aggiungono le deportazioni e le misure preannunciate dal governo col pretesto di rispondere alla domanda di sicurezza di una parte della cittadinanza.

L’imperialismo - o globalizzazione, come viene chiamato oggi – incrementa a dismisura i flussi migratori e porta a enormi differenze salariali acuendo le contraddizioni.

Dalle borgate periferiche delle grandi città ai centri cittadini, dai piccoli ai grandi paesi, nei quartieri proletari fino a ieri “rossi” si assiste a “ronde padane”, agli assalti squadristi contro gli stranieri che “rubano il lavoro”, i diversi, gli omosessuali, sotto l’occhio benevolo e spesso tollerante dello stato e di questo governo di centrodestra. Gli stessi partiti della sinistra italiana che hanno fatto da battistrada al governo Berlusconi (ex PCI ora PD e la Sinistra arcobaleno, Rifondazione-Verdi-PdC’I,) insieme ai sindacati concertativi CGIL-CISL-UIL-UGL, da sempre nazionalisti, in tutti questi anni hanno sostenuto fra i lavoratori concezioni imperialiste giustificando tutte le guerre (Iraq, Jugoslavia, Afganistan ecc.) e promuovendo una politica di sostegno dei propri capitalisti, in contrasto con l’internazionalismo proletario, alimentando in tal modo la concorrenza e le divisioni fra lavoratori sia italiani che immigrati, a tutto vantaggio dei capitalisti stessi.

Generalmente il razzismo viene giustificato come reazione a minacce reali o presunte o a comportamenti devianti ma noi, operai e lavoratori coscienti, non possiamo mai sottovalutare questi comportamenti anche se interessano - insieme a borghesi, piccoli borghesi e sottoproletariato - anche settori di proletari arretrati.

L’opposizione agli interessi dei grandi capitalisti, affaristi, speculatori sostenuti dal governo viene criminalizzata come dimostrano la questione rifiuti a Napoli, la No Tav in Valsusa, il No Dal Molin a Vicenza e tante altre realtà di lotta popolare e proletaria e la concertazione sindacale frutto di un periodo precedente viene sostituita col conflitto. La violenza reazionaria, per ora” illegale”, dei fascisti si affianca sempre più a quella “legalizzata” delle forze repressive borghesi di carabinieri, polizia ed esercito e le violenze squadriste - come a Verona o a Roma - sono declassate dai governanti al rango di “ragazzate”.

Da sempre gli uomini vivono in società e dal loro modo di produrre la loro vita materiale dipendono le forme di relazione fra individui, gruppi, nazioni. I conflitti che si manifestano su tutti i terreni pratici, ideologici, politici e religiosi non sono altro che forme illusorie nelle quali vengono condotte le lotte reali fra le diverse classi.

Gli operai, come singoli individui, formano una classe solo quando devono condurre una lotta contro un’altra classe, ma nel contempo si ritrovano l’uno contro l’altro come nemici nella concorrenza.

In ogni epoca le idee dominanti sono state le idee delle classi dominanti e anche le idee rivoluzionarie presuppongono l’esistenza di una classe rivoluzionaria. Noi sappiamo che lo stato non è altro che la forma in cui gli individui di una classe dominante fanno valere i loro interessi. Il sistema del libero mercato, e ancor più l’imperialismo, ha fatto dipendere dalle nazioni ricche tutti i paesi e ogni individuo dipende da questo per soddisfare i suoi bisogni; in generale il capitale ha creato ovunque gli stessi rapporti fra le classi della società.

Mentre la borghesia di ciascuna nazione conserva interessi nazionali particolari, l’industria ha creato una classe che ha il medesimo interesse in tutte le nazioni e questo rende insopportabile per il lavoratore cosciente non soltanto il rapporto col capitale, ma lo stesso lavoro salariato, che rende gli operai schiavi del capitale.

Il nazionalismo è la bandiera attorno a cui oggi la borghesia imperialista italiana cerca di unificare le diverse frazioni delle classi borghesi, della media e piccola borghesia, ma anche strati di proletari e sottoproletari, nella difesa dell’economia nazionale, agitando fra gli “schiavi” salariati l’illusoria parola d’ordine del “essere padroni a casa nostra” mentre concedendo basi USA e NATO vendono pezzi d’Italia allo “straniero”

La crisi economica mondiale, le conseguenze della crisi finanziarie USA sull’Europa e sull’Italia, col rischio di riduzione dei profitti, spingono i capitalisti ad essere più “cattivi” ed è in questo senso che si spiegano le campagne sull’abolizione dei contratti nazionali, sulla produttività, a cui subordinare i salari e le condizioni di vita di cui Confindustria e governo si fanno paladini. Lo sviluppo ineguale e il diverso modo in cui l’industria si sviluppa nei vari paesi costringono i lavoratori esclusi o ai margini del mondo del lavoro a vivere in condizioni sotto il livello di sussistenza, alimentando ulteriormente la concorrenza.

Il nemico non sono i proletari stranieri che lottano per un tozzo di pane. Il nemico è sì in casa nostra ma è il capitale; è il padrone che ci sfrutta tutti senza distinzione di nazionalità, etnia, religione o sesso.

La rivoluzione è dunque necessaria non soltanto perché la classe dominante non può essere abbattuta in altro modo, ma anche perché la classe operaia e proletaria solo in una rivoluzione può riuscire a levarsi di dosso tutto il sudiciume che la società borghese gli ha rovesciato addosso, liberando se stessa e tutta l’umanità dalle catene dello sfruttamento.

La crisi avvicina il giorno dello scontro definitivo, rivoluzione o barbarie sono le uniche alternative. Appena gli operai rivoluzionari si costituiranno in partito politico indipendente unificando tutto il proletariato e gli sfruttati, i padroni di tutto il mondo cominceranno a tremare.

Al lavoro compagni, prepariamo le condizioni per seguire l’esempio degli operai parigini della Comune di Parigi che davano fuoco ai palazzi e pace alle capanne.

Pubblicato sul n. 4 della rivista “Nuova Unità” del giugno 2008

Michele Michelino

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