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Lo scontro con la magistratura

(2 Luglio 2008)

La fase di avvio della legislatura, eletta il 13 e 14 Aprile 2008, appare contrassegnata, ancora una volta, dallo scontro tra la maggioranza di centro – destra e la magistratura, attorno al nodo delle pendenze giudiziarie del premier che accusa di essere vittima di una vera e propria persecuzione giudiziaria al punto tale da impedirgli, a suo giudizio, l’esercizio del governo legittimamente assegnatogli dal voto popolare.

Si tratta di una riedizione di uno scontro antico che , intrecciato al tema del conflitto d’interessi, contraddistingue la vicenda politica italiana da 15 anni a questa parte.

Uno scontro antico che, come vedremo meglio in seguito, rappresenta una sorta di vero e proprio “alibi” per gli altri presunti protagonisti dello scenario politico del nostro paese: sempre pronti a nascondersi dietro al referendum “Berlusconi sì” versus “Berlusconi no”.

Non dobbiamo, per, adagiarci sul “già visto” e sull’indifferenza: la qualità dello scontro, in questo caso, è diversa dal passato e merita di essere analizzata e approfondita, per trarne conclusioni politiche che possono ben essere giudicate come importanti.

Prima di tutto va valutata la posta in palio: l’esito elettorale e le dinamiche in atto nel sistema politico hanno assegnato all’attuale Presidente del Consiglio un ruolo che, per certi versi, può essere giudicato anomalo al riguardo dello stesso impianto costituzionale, che pure – è bene ricordarlo – continua ad essere in vigore.

Un Presidente del Consiglio che, come abbiamo già avuto modo di affermare, assume quasi le vesti di “Lord Protettore” di un sistema esausto, che ha finito con l’affidarsi ad una sorta di potere personale.

Una forma di potere personale molto più accentuata di quella che abbiamo già avuto occasione di osservare, nel recente passato di crescita del fenomeno di “personalizzazione della politica”.

Per questo motivo il tentativo che si sta sviluppando, sia sotto l’aspetto (gravissimo) della sospensione dei processi, sia sotto l’aspetto dell’immunità per le alte cariche (fenomeno quasi unico in Europa e nel mondo occidentale,a differenza di quanto si vuol far credere, ed in più totalmente anomalo nella versione italiana, se si legge attentamente il testo del cosiddetto lodo Schifani), è quello di far prevalere una presunta “legittimità” sul concetto di “legalità”: se si arrivasse a ciò, allora, non si ravvederebbe soltanto un profilo di incostituzionalità al riguardo dell’art.3 della carta costituzionale, ma se ne getterebbe via l’intero impianto, l’equilibrio che vi è disegnato tra i poteri e l’esercizio delle legittime garanzie per tutti i cittadini.

La Presidenza della Repubblica non può far altro che limitarsi a fungere da “notaio”: tanto più che l'ultima elezione alla massima carica dello Stato si è realizzata in un clima propedeutico ad una presunta intesa “bipartisan” per le riforme. Intesa poi vista all'opera nella clamorosa apertura di credito formulata da Veltroni nell'occasione della formazione del PD.

Un errore clamoroso che ha aperto la strada a quel definitivo esaurimento del sistema politico, cui già si faceva cenno ( o, forse, lo ha semplicemente suffragato).

Il secondo punto da analizzare con attenzione riguarda , invece, la realtà fattuale dello scontro con la Magistratura(insomma, qual'è la partita che si gioca sul serio): uno scontro che ha assunto la forma di un tentativo di vera e propria “eliminazione”, un termine che usiamo volutamente anche fornendo l’impressione di una qualche esagerazione.

La Magistratura ha rappresentato, almeno dal 1983, il solo “contropotere” in grado di agire sull’incapacità di autoriforma del sistema politico.

Ciò è avvenuto nel progressivo indebolirsi del sistema politico stesso, risultato progressivamente incapace di corrispondere al proprio ruolo: la grave crisi dei partiti, quali soggetti intermedi di raccordo tra la politica e la società ha accelerato questo processo, che può ben essere definito di vero e proprio degrado.

Il “potere costituito” ha tentato più volte di superare questo scoglio, limitando le potenzialità della Magistratura attraverso meccanismi quali quelli della divisione delle carriere e dell’assoggettamento del PM al potere politico ( da ricordare, sotto questo aspetto, quanto contenuto nel documento sulla “Rinascita Nazionale” redatto dalla P2 di Licio Gelli nel 1975, ed il referendum del 1987).

Oggi, sul terreno della sospensione dei processi, ci troviamo probabilmente all’atto finale.

L’esito di questo scontro non varrà semplicemente al riguardo dei “casi” personali del Premier: avrà una valenza dirimente. Se non temessi di usare toni troppo esasperati verrebbe da dire che il risultato che si avrà nei prossimi giorni varrà, per il centrodestra italiano, quanto contò per il fascismo la conclusione “politica” della fase aperta con il delitto Matteotti.

Nella sostanza l’apertura di un nuovo capitolo nella storia del Paese.

Intorno a questi elementi, speriamo, ruoterà la riflessione della sinistra e di tutti i democratici, senza sottovalutazioni di convenienza.

Savona ,li 1 Luglio 2008

Franco Astengo

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