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Il grande evasore

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(21 Dicembre 2011) Enzo Apicella

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Fuori dalla trappola/ergastolo dei fondi “pensione”

(1 Luglio 2008)

E’ vero: le bugie hanno le gambe corte. E’ proprio questo il caso dei fondi “pensione”.
Vi ricordate quando padroni, governo e sindacalisti proclamavano ai quattro venti che l’unica possibilità che avevano i lavoratori di salvare la propria pensione era quella di aderire, versandovi il proprio TFR, alla previdenza privata?
Adesso però pare che nessuno voglia assumersi la responsabilità del tracollo cui stanno andando incontro i Fondi “pensione” (chiusi o aperti non fa grande differenza).
“Il Corriere della Sera” di lunedì 16 giugno 2008 (inserto Corriere economia, pagine 2 e 3) titola: “L’inflazione spinge il TFR e manda i fondi al tappeto”, nel sottotitolo si legge che dal maggio 2007 al maggio 2008 mediamente i Fondi di categoria hanno perso l’1,9%, mentre il TFR si è apprezzato del 3,6% netto (qualche esempio: linea bilanciata dei metalmeccanici Cometa –5%; linea bilanciata azionaria dei chimici Fonchim –8,3%; linea bilanciata degli autoferrotranvieri Priamo –2,1%; linea bilanciata azionaria delle telecomunicazioni Telemaco: -9,6%).
Ricordiamo che la legge che regolamenta i fondi pensione è stata varata dal governo Berlusconi nel 2005, suo massimo sponsor era stato l’allora ministro del lavoro, il leghista Maroni (quindi Bossi, durante la campagna elettorale, quando cianciava di difendere il TFR dei lavoratori, dichiarava consapevolmente il falso); la legge sarebbe dovuta entrare in vigore a gennaio 2008, ma il governo Prodi l’ha anticipata al 2007; solo così, (come riconosce il presidente della Covip, società di vigilanza sui fondi pensione, Luigi Scimìa), un po’ di lavoratori ha abboccato all’amo e si è iscritto ai Fondi pensione, altrimenti, dopo la crisi finanziaria scoppiata dall’estate scorsa, nessuno sarebbe cascato in trappola.
Tutti, centrodestra e centrosinistra, Cgil-Cisl-Uil e Confindustria, banche e assicurazioni, hanno cercato di abbindolare lavoratori e lavoratrici; la truffa è aggravata dal fatto che, una volta iscritto ad un fondo pensione, il lavoratore non può più uscirne; ma questo era un particolare che a padroni, finanzieri, governi e sindacati di stato non interessava.
Adesso scoprono che, nonostante l’ossessivo tam tam pubblicitario orchestrato l’anno scorso (in buona parte con soldi pubblici) a favore dei fondi, si sono realizzate soltanto poco più di 700.000 nuove iscrizioni, per un totale complessivo di poco più del 20% di lavoratori iscritti, un fallimento rispetto all’obiettivo sbandierato dal governo di raggiungere il 40% di adesione ai fondi fra tutti i lavoratori dipendenti, e che il numero più basso di adesioni si riscontra proprio tra quei giovani per i quali i fondi erano indispensabili.
Perciò, a partire dal ministro del lavoro Sacconi, dal presidente della Covip, Scimìa e da qualche sindacalista della Cgil cominciano a sostenere che è meglio eliminare il divieto di uscita dai fondi pensione, così magari più lavoratori si iscriveranno ai fondi.
Proprio democratici! Peccato che lo siano a posteriori, dopo aver combinato il guaio.
Ma noi li prendiamo in parola ed invitiamo tutti/e i/le lavoratori/trici che malauguratamente siano cascati/e nella trappola/ergastolo dei fondi pensione a fare pressione sui propri sindacalisti di riferimento (non è un caso che le adesioni ai fondi siano più numerose lì dove sono maggiormente presenti Cgil-Cil-Uil) e pretendere la cancellazione della clausola dell’irreversibilità e quindi la possibilità immediata di uscire dai fondi pensione.
Il TFR non va giocato alla roulette russa dei fondi pensione, se c’è qualche lavoratore che vuole provare il piacere del rischio, lo faccia per conto suo, chi invece, come Cgil-Cisl-Uil, si è trasformato in biscazziere e piazzista di fondi, è meglio che lasci perdere.

CONFEDERAZIONE COBAS

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