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Addio compagne

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(23 Febbraio 2010) Enzo Apicella
Il logo della campagna di tesseramento del prc 2010 è una scarpa col tacco a spillo

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    Congresso Prc, report da Bologna

    (9 Luglio 2008)

    Il 4-5-6 luglio si è svolto il congresso provinciale del Prc di Bologna, una federazione che negli ultimi anni è stata considerata un’anomalia positiva rispetto alla grande parte delle federazioni Prc d’Italia. L’esito politico di questo VII° congresso provinciale è stata la rielezione del gruppo dirigente uscente, credo quindi abbia un senso politico socializzare quanto successo, e il perchè. Tanto più dopo l’esito disastroso dell’Arcobaleno e visto il bisogno - oggi - di ridare una prospettiva politica alle comuniste e ai comunisti.

    In breve:

    1) Al penultimo congresso provinciale il documento congressuale presentato dall’area dell’Ernesto ebbe il 41% di consensi tra gli iscritti, il documento presentato da Bertinotti (accordo di governo + Sinistra Europea) il 46%. Si pose fin da subito il tema di una gestione unitaria della federazione. Il risultato fu che la mozione Bertinotti si spaccò in due, sulla politica: da una parte le pulsioni governiste e moderate, dall’altra chi aveva votato l’entrata nel governo Prodi pur venendo dal movimento. Il risultato fu una segreteria con l’Ernesto e la parte dell’allora area bertinottiana che non voleva morire governista. E’ stato questo il gruppo dirigente che ha gestito la federazione negli ultimi tre anni, il gruppo dirigente che ha gestito il problema Cofferati;

    2) con l’elezione di Cofferati a Sindaco, e con la nostra entrata nella sua giunta, si posero subito i problemi che abbiamo poi avuto nazionalmente con il governo Prodi: da un lato la nostra pretesa di rappresentare deboli e sfruttati, dall’altro la nostra presenza in governi che ai deboli e agli sfrutti danno ceffoni in faccia. A Bologna la scelta è stata netta e chiara: no al cofferatismo, anche se questo ha significato perdere qualche assessore o presidente di quartiere, o qualche prebenda nell’oscuro sotto-governo delle città. Anche a Roma la scelta è stata netta e chiara: si sta nel governo Prodi, senza se e senza ma. A Bologna nella segreteria provinciale c’era l’Ernesto, per scelta politica e sulla base della non applicazione della linea nazionale. A Roma nella segreteria nazionale c’era Ferrero - poi ministro - e Giordano, ora vendoliano.

    3) Quando il Prc di Bologna scelse di uscire dalla maggioranza di Cofferati l’intera segreteria nazionale ci chiese di demordere, richiesta allora condivisa dai principali esponenti delle attuali prime due mozione (Ferrero e Vendola). Naturalmente il cpf di Bologna - sovrano - scelse di uscire dalla maggioranza, consapevole che l’alternativa era la scomparsa del partito, come poi è successo con il governo Prodi e la sua naturale conseguenza, la sinistra arcobaleno.

    La riconferma del gruppo dirigente bolognese non è stata scontata, e in alcuni tratti apertamente osteggiata dai principali esponenti nazionali della mozione Ferrero. Vale la pena citare il caso del circolo Migranti, un circolo nato nel 2007 e che ha rigonfiato il tesseramento in modo abnorme, 113 nuove tessere 2008 fatte in poche settimane e dopo il voto di aprile, portando più di 90 persone sconosciute a votare la mozione Vendola, tutti con quota tessera da 10 euro, come se il tesseramento al partito fosse una catena di montaggio. Una cosa mai successa e mai vista a Bologna, non in queste dimensioni, segno evidente che la malattia del Prc è profonda ed estesa, non solo da Roma in giù. La cosa che più ha stupito i compagni di Bologna - non tutti in verità - è stato l’atteggiamento della mozione Ferrero nazionale: mentre la commissione congressuale di Bologna annullava i nuovi iscritti a quel circolo - iscrizioni fatte in palese violazione dello statuto - la commissione congressuale nazionale faceva il contrario, ammetteva al voto quasi tutti questi iscritti dell’ultima ora. Il risultato è stato un rigonfiamento artificioso della mozione Vendola a Bologna (24%). Domanda: perchè la mozione Ferrero nazionale annulla (giustamente) tanti congressi in cui decine di persone mai viste e conosciute votano la mozione di Vendola mentre su Bologna ha sostenuto il cammellagio del circolo migranti?
    La risposta è abbastanza semplice, confermata tra l’altro dal congresso provinciale: il gruppo dirigente di Bologna è visto come un problema, poichè non è disposto a farsi corteggiare da Cofferati, dal PD e nemmeno dal miraggio di assessorati a buon mercato, ed è poco compatibile con chi vuole costruire la sinistra unitaria e plurale dal basso e con tempi più lunghi.

    Nell’ultima giornata si sono rieletti gli organismi dirigenti, sulla base del risultato congressuale (i risultati sono consultabili sul sito www.prcbologna.it).

    E’ stato rieletta anche la segreteria provinciale - in ordine il tesoriere, il segretario e la segreteria - sulla base di alcuni documenti politici, che riporto integralmente.

    Mi preme evidenziare alcuni punti del documento politico finale.

    In merito alla presenza nelle giunte locali si legge che “...Per noi questo vuol dire riconoscere il venir meno delle condizioni che hanno reso possibile, negli anni scorsi, una politica di coalizione a sinistra...”.

    In merito alla costruzione della sinistra unitaria e plurale dal basso si legge che “...In tale contesto, riaffermiamo la piena autonomia politica del Prc e l’indisponibilità a cedere quote di sovranità a indistinti contenitori civici o di sinistra, anche sul piano elettorale...”.

    In merito alla ricandidatura di Sergio Cofferati si legge che “...a fronte della ricandidatura dal Pd di Sergio Cofferati o di un candidato su cui il Pd intendesse ritagliare un programma di stampo cofferatiano, il nostro partito ribadisce che sarebbe indisponibile a costruire un’alleanza elettorale con le forze moderate e sosterrà una o un candidata/o alternativo...”.

    Significativa ed emblematica è stata la rielezione del gruppo dirigente provinciale. La mozione Ferrero è al proprio interno politicamente eterogenea, schematizzando è composta dalla componente Dp (Ferrero), dalla componente di Essere Comunisti (Grassi) e da una componente più di movimento (Mantovani). Una parte di Essere comunisti e Ferrero hanno provato fino alla fine a rimandare la rielezione del gruppo dirigente locale, coerentemente con l’atteggiamento assunto nazionalmente sulla vicenda eticamente sgradevole del circolo migranti di Bologna.
    Alla fine il segretario uscente è stato riconfermato con 55 si, 29 no e 1 astenuto, il tesoriere uscente con 52 si, 30 no e 3 astenuti e la nuova segreteria con 55 si, 27 no e 1 astenuto.

    Che bilancio si può trarre dal congresso Prc di Bologna?

    Innanzitutto che l’anomalia bolognese esiste ancora. In secondo luogo che l’entrata dell’Ernesto in segreteria è stata possibile per la prevalenza nella mozione Ferrero di Bologna della parte che viene dal movimento, abbastanza allergica a pulsioni governiste. Un contesto diverso e opposto - purtroppo - al livello nazionale, dove invece prevalgono nella mozione Ferrero le componenti che a Bologna hanno cercato fino all’ultimo di rimandare la rielezione del gruppo dirigente uscente. Visto da Bologna il problema è - e rimane - quello di ridare una prospettiva politica a tutte le comuniste e comunisti che ancora militano nel Prc, senza illusioni su ipotetiche segreterie nazionali unitarie con chi ci ha portato nel disastro del 13 e 14 aprile e con la consapevolezza che oggi più di ieri c’è bisogno in Italia di un partito comunista rifondato, che metta al bando governismi ed eclettismi, e che sappia essere una casa comune per tutte le comuniste e i comunisti che non si rassegnano a fare la stampella politica al Pd o la stampella sindacale alla Cgil concertativa, e non sono disponibili a scambiare la falce e il martello con pomodori o altre stravaganti proposte. Del resto le notizie che arrivano dai congressi di circolo parlano di un partito che non c’è quasi più, spaccato in cinque mozioni e con più tesserati di elettori, tutte cose che la grande parte dei pochi militanti rimasti lascerebbe volentieri in mezzo alle macerie del 13-14 aprile.

    Stefano Franchi (coord. Ernesto di Bologna e membro della nuova segreteria Prc di Bologna)

    ALCUNI ODG APPROVATI

    Documento politico sulla situazione locale approvato al congresso provinciale del Prc di Bologna (approvato)

    Il Prc bolognese considera imprescindibile - sul terreno dell’azione delle amministrazioni locali – l’investimento politico sulle questioni sociali: quanto e come si destinerà a Stato sociale (scuola pubblica e sanità), giovani, lavoro, cultura.
    È stata questa la base della nostra partecipazione alla costruzione della coalizione per le amministrative nel 2004; è stata questa la base per la critica al cofferatismo e della scelta di uscire dalla maggioranza di Palazzo D’Accursio; è questa la base della nostra proposta programmatica per il 2009.
    A partire da ciò, guardiamo a quanto successo nei governi locali negli ultimi quattro anni.

    Il Partito Democratico bolognese si è costituito sui binari politici tracciati da Sergio Cofferati. Non sono solo le politiche securitarie a caratterizzare la principale forza politica del nostro territorio ma anche una decisiva svolta a destra nella rappresentanza sociale e nei programmi delle amministrazioni locali.
    Le politiche securitarie e l’impronta sempre più marcatamente sciovinista sono l’aspetto populista volto a cercare un sostegno popolare che altrimenti verrebbe meno.
    Accanto alle politiche di accoglienza disincentivante sui migranti e i giovani si ha una ripresa della cementificazione speculativa e mentre si alimenta la paura del diverso si tagliano i servizi sociali, si privatizzano i residui capisaldi dell’intervento pubblico, si umilia la scuola pubblica mentre si investe in costose infrastrutture a beneficio essenzialmente delle imprese appaltatrici.

    I punti di sofferenza riguardano quindi urbanistica, casa, mobilità, scuola, servizi sociali e accoglienza, mentre della partecipazione non c’è più l’ombra.
    Per noi questo vuol dire riconoscere il venir meno delle condizioni che hanno reso possibile, negli anni scorsi, una politica di coalizione a sinistra..
    Oggi, sulla base della linea politica espressa dal Pd e concretizzatasi anche nella pratica amministrativa di questo mandato, ci riteniamo alternativi non solo alla destra tradizionale ma anche al progetto politico del PD, sia che venga assunta la linea oltranzista del bipartitismo sia che venga assunta una più flessibile e opportunistica versione di accordi limitati a quei soggetti che, a sinistra, si rendessero disponibili ad un rapporto di subordinazione.
    E’ evidente il tentativo del PD di erigersi una sponda alla sua sinistra di alleati disponibili, facendosi forza dell’esito disastroso delle ultime elezioni e dello sbando che questo ha portato nella sinistra.
    A pagare sarebbero comunque quelle parti della società che hanno bisogno di politiche sociali di sinistra e anche quei progressisti che richiedono comunque buone politiche amministrative non subordinate agli interessi economici costituiti. Per questo il contrasto alle politiche dure o flessibili non può essere un puro arroccamento del nostro partito ma deve operare per costruire alleanze politiche e sociali quanti più ampie possibili.
    Ogni possibile accordo locale deve non solo trovare giustificazione nella qualità del programma concordato, ma deve misurarsi con il quadro generale e con la necessità di garantire una credibile azione alternativa.
    Trovare un ampio consenso alla nostra proposta non vuol dire rifugiarsi dietro la chimera delle liste civiche poiché una rappresentanza minoritaria non rappresenterebbe una sponda significativa al contrasto che noi vogliamo fare a un deciso scivolamento a destra nelle amministrazioni locali del nostro territorio. Una alleanza di alternativa a sinistra deve vedere un insieme di soggetti che possano prefigurare una alternativa robusta e nella quale il nostro partito si misuri pienamente entro scelte fortemente unitarie e rispettose del pluralismo.
    In tale contesto, riaffermiamo la piena autonomia politica del Prc e l’indisponibilità a cedere quote di sovranità a indistinti contenitori civici o di sinistra, anche sul piano elettorale..
    Anche sotto l’aspetto della partecipazione alle campagne elettorali, il Prc considera irrinunciabile la chiara leggibilità dei principi che costituiscono la sua proposta politica.
    Questo significa che per il 2009 il Prc costruirà proprie liste, caratterizzate dalla presenza di propri candidati e del proprio simbolo.
    A fronte della ricandidatura dal Pd di Sergio Cofferati o di un candidato su cui il Pd intendesse ritagliare un programma di stampo cofferatiano, il nostro partito ribadisce che sarebbe indisponibile a costruire un’alleanza elettorale con le forze moderate e sosterrà una o un candidata/o alternativo.
    Il Prc si impegna a costruire una proposta programmatica sulla quale ricercare una ampia base di consenso con tutte le forze politiche e sociali della sinistra d’alternativa e tra i cittadini e definire una proposta di azione amministrativa e di mobilitazione per i prossimi anni.
    È necessario, a Bologna come in tutta la provincia e - guardando al 2010 - in Regione Emilia-Romagna, stendere una base programmatica articolata sui vari territori e sui diversi livelli istituzionali avviando con i nostri interlocutori e potenziali alleati un confronto di merito che costituisca una base programmatica comune. Riteniamo essenziale stabilire alcuni punti programmatici irrinunciabili, per delineare le coordinate all’interno delle quali ciascuna realtà locale dovrebbe aprire tavoli di confronto.
    Allo scopo, il congresso del partito, posto che le modalità del confronto devono essere basate sulla partecipazione e non sulla mediazione tra ceti politici, propone che si dia vita ad una commissione ad hoc che lavori, insieme alle realtà associative, di conflitto e di movimento, all’individuazione delle priorità programmatiche.
    Questa è la nostra linea di unità della sinistra nella denuncia delle ingiustizie e dei bisogni, nella lotta, nell’azione di governo del territorio.

    Congresso Prc di Bologna, 5 luglio 2008

    Odg Congresso di Federazione: ALLE PROSSIME ELEZIONI CON LA FALCE E MARTELLO (approvato)


    Uno degli errori commessi alle scorse elezioni politiche è non aver consultato la nostra base su come, con chi, con quale simbolo andare nella competizione elettorale.
    Non possiamo ripetere questo errore, continuando a praticare una logica verticistica. C’è bisogno di far discutere il corpo del partito, gli iscritti, su come andare alle prossime imminenti elezioni amministrative ed europee che si terranno nella prossima primavera.
    Non si può ripetere la presentazione della Sinistra Arcobaleno dopo la catastrofe elettorale del 13 e 14 aprile. Il simbolo e il profilo culturale e programmatico della Sinistra Arcobaleno sono definitivamente superati.
    Per le elezioni amministrative, sono le singole federazioni a dover decidere come presentarsi alle elezioni, con quali simboli, liste elettorali e alleanze, pur in un quadro nazionale in cui è auspicabile costruire – attraverso la più vasta partecipazione dal basso, pratiche sociali e contenuti condivisi – le più ampie coalizioni di simboli e liste di sinistra, uniti da programmi e candidati alternativi a quelli del Pd, coalizioni nelle quali non potrà mancare il simbolo e la lista del Prc.
    Per le elezioni europee, anche in previsione dei possibili sbarramenti elettorali, facendo salva l’esistenza di Rifondazione Comunista, è necessario costruire la più ampia coalizione unitaria della sinistra comunista ed anticapitalista sulla base di un programma comune alternativo alla Costituzione europea e alla impostazione neoliberista e neoimperialista della Ue, facendo tutto il possibile per presentare una unica falce e martello assieme alle forze politiche e sociali disponibili.

    Odg al Congresso di Federazione PER UN NUOVO 20 OTTOBRE (approvato)

    Le elezioni del 13 e 14 aprile hanno determinato una situazione drammatica. Diventa sempre più pressante l’assalto del padronato e del governo al contratto nazionale di lavoro, con la complicità del Pd e nella subalternità della maggioranza del gruppo dirigente Cgil. Contemporaneamente crescono guerre fra poveri, razzismo e provvedimenti securitari contro i migranti. Diviene sempre più forte anche l’attacco alla 194 e ai diritti civili. Infine cresce il coinvolgimento dell’Italia nella guerra permanente dell’imperialismo, dall’Afghanistan al Libano, dalle nuove minacce di guerra all’Iran al riarmo nucleare della Nato nel cuore dell’Europa.
    In questa situazione è responsabilità di tutto il partito, al di là delle mozioni che si sono confrontate nel congresso, impegnarsi per dare una prima risposta di massa sin dai primi giorni dopo la pausa estiva, al fine di rimobilitare le forze sparse della sinistra di alternativa, di rilanciare i movimenti di lotta, di ricostruire la più forte opposizione sociale. Una opposizione dai contenuti radicalmente alternativi a tutte le politiche neoliberiste e di guerra, antidemocratiche e razziste, sia che provengano dal centro-destra che dal centro-sinistra. Una opposizione limpida, coerente, di lunga lena, che non abbia alcuna ombra di sbocchi politici in nuove alleanze con il Pd, ma che abbia il fine unico di ricostruire l’opposizione sociale di massa e di rilanciare il movimento dei lavoratori.
    A questo fine, ci impegniamo tutte e tutti a promuovere in autunno una grande manifestazione nazionale come quella del 20 ottobre, che possa vedere, oltre all’importante presenza organizzata, come l’anno scorso, dei due principali partiti comunisti, della Fiom e di altri movimenti, anche la partecipazione di altre forze comuniste, di sinistra anticapitalistica e di classe, movimenti antagonisti, sindacati di base che il 20 ottobre non manifestarono con noi a causa delle divergenze sul governo Prodi.

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