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Ancora tra politica e magistratura

(16 Luglio 2008)

L'iniziativa della magistratura abruzzese che sta facendo molto scalpore in questi giorni, non porterà probabilmente alla scoperta di una nuova “Tangentopoli” ma rappresenterà, più verosimilmente, un ulteriore passaggio nello scontro tra mondo politico e magistratura che già sta vivendo, da qualche settimana, momenti molto caldi a livello di controversi provvedimenti legislativi ( lodo “Alfano”, immunità per le alte cariche, decreto “salva – processi).

Questa iniziativa dei giudici abruzzesi ridefinirà, probabilmente, i livelli dello scontro, avvalorando la tesi di chi sostiene che si tratta di una sfida diretta per l'egemonia nel nostro Paese: da un lato il mondo politico arroccato sulle difese delle proprie prerogative ( ricordiamo la definizione di successo: “casta”) e dall'altra l'unico soggetto che è stato in grado, in molte occasioni della nostra storia (pensiamo alla vicenda della Banca Romana, in finale d'800) di intervenire sul quadro politico, movimentandolo se non rivoluzionandolo.

Dimostrazione, nel persistere di questo scontro, di una democrazia malata, contrassegnata dal passaggio ideale di consegne del quartetto Crispi – Mussolini – Craxi – Berlusconi.

Siamo ad un punto delicato di questo scontro e le chiamate di correo mutano, nella sostanza, il quadro che si era delineato qualche settimana fa: non si tratta soltanto dei privati interessi del Presidente del Consiglio in carica.

Dopo il blitz abruzzese si levano voci che chiedono all'opposizione (segnatamente al PD) di unirsi alla crociata contro la “magistratura militante”, per modificare profondamente l'assetto dell'amministrazione della giustizia in Italia, liquidandone definitivamente le possibilità di “sconfinamento”.

L'obiettivo è chiaro, ed è quello che ci è già capitato di richiamare come comune al documento di “Rinascita Nazionale” della P2 del 1975 e del referendum proposto da Craxi nel 1987 sulla separazione delle carriere, di asservire al potere politico la magistratura inquirente.

Pare però, almeno stando alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio proprio a commento delle vicende abruzzesi, che non ci si intenda fermare a questo punto: serve andare più avanti, financo all'elezione diretta dei procuratori, sul modello statunitense.

Immaginatevi, soltanto per un attimo, cosa si verificherebbe nella situazione italiana, quale tipo di pressioni si eserciterebbero in tante parti del Paese, amministrate a mezzadria con poteri “esterni” alla logica democratica.

Inoltre il “vulnus” all'articolo 104 della Costituzione che prevede l'indipendenza della magistratura sarebbe notevole e farebbero un passo indietro le stesse condizioni di “tripartizione” dei poteri, che – appunto – la nostra Costituzione stabilisce, nella linea classica dell'illuminismo sintetizzata da Montesquieu nel suo celebre “Esprit des lois”.

Non saremo certo noi a sottovalutare il ruolo meramente repressivo, quasi da potere classista, che la magistratura esercita in determinate situazioni di conflitto sociale (sono anche i giorni del “lodo Bolzaneto” e siamo cresciuti con i “mostri” dal manto d'ermellino descritti sapientemente da Luigi Pintor), ma l'idea di una ulteriore semplificazione nell'assetto dei poteri, di ulteriore scivolamento della bilancia verso l'idea del governo intesa quale annullamento del confronto politico e dell'idea di centralità delle istituzioni rappresentative (perché di questo si tratterebbe) ci fa capire, subito, da che parte stare.

L'idea schimttiana della legittimità che viene direttamente dal capo al popolo ( anche in questo caso si arretra: all'unzione dei sovrani assoluti) e che sovrasta la legalità “terza” non ci pare accettabile, e ci pare anche una idea da non coltivare all'interno di una sinistra moderna che non intende abdicare da una tradizione di crescita nella capacità di affrontare i problemi dell'assetto dello Stato che pure, nel corso dei decenni, si è affermata (sono pericolosi certi nostalgici dei “fronti popolari”, capaci di pensare a “grosskoalition” per riforme che affermino, appunto, una “autonomia del politico” rivolta proprio nella direzione dell'affermazione di un potere sull'altro, al di fuori da una logica di equilibrio- d'altro canto abbiamo già visto tanti neofiti perdere l'equilibrio- . Pericolosi come quegli improvvisatori di Serie B che si sono inventati inesistenti dialoghi all'interno di un bipolarismo all'italiana, che non c'è mai stato nella realtà politica del Paese).

Comprendere subito che lo scontro è di questa natura e non tanto e solo sul terreno (pure importante) della moralità pubblica è fondamentale perché la sinistra (quella che c'è e quella che dovrà essere) impari a difendere sempre le linee essenziali dello stato di diritto.

Savona, li 15 Luglio 2008

Franco Astengo

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