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(Lotte operaie nella crisi)

Solidarietà alle lotte dei lavoratori Innsel e delle cooperative della logistica del varesotto

(28 Luglio 2008)

Vogliamo dare evidenza nell’ambito delle nostre forze a due episodi di lotta di classe che avvengono nel cuore industriale del capitalismo italiano e vedono impegnati i lavoratori delle cooperative [1] della logistica — Dhl e Tnt — del varesotto (Corteolona, Origgio) e quelli della Innsel Presse di Milano [2].

I primi sono impegnati in una dura vertenza che chiede il ritiro dei licenziamenti verso alcuni loro compagni che si erano esposti reclamando condizioni di lavoro e salario più dignitose; i secondi sono alle prese da quasi due mesi con l’occupazione e l’autogestione della loro fabbrica contro la chiusura ed il licenziamento relativo programmato da padron Genta.

A Corteolona (Va) vi sono migliaia di lavoratori di tutte le etnie suddivisi in svariate cooperative — 2 dei licenziati sono immigrati — assenza quasi totale di leggi e regole e sindacati confederali impotenti se non complici. La risposta operaia si articola organizzandosi in un cobas e, soprattutto, chiamando alla lotta i lavoratori di tutte le cooperative del territorio e militanti politici di vari gruppi con picchetti che bloccano il movimento delle merci e, dunque, i profitti, che è poi l’unica lingua che i padroni capiscono.

Dato positivo è che si riesce a rompere le barriere etniche tra i lavoratori e si cerca di coinvolgere altre realtà locali (comitato antirazzista ecc.).

Paradossalmente — ma non per noi — è proprio “l’organizzazione sindacale” che in un secondo momento frena pompierescamente l’agitazione operaia facendo cessare il picchettaggio nonostante i lavoratori intendessero andare avanti (falso senso di responsabilità: si smobilita una lotta quando i rapporti di forza stanno declinando a nostro sfavore ed il morale operaio si affloscia, mentre al contrario — così facendo — si determina tale stato di cose). Senza oltretutto ottenere neppure che le trattative successive siano svolte alla presenza dei lavoratori.

Alla Innse di Milano la lotta generosa degli operai trova sulla sua strada due ostacoli classici del capitalismo; il profitto, che determina la spinta alla delocalizzazioni, e la rendita dei terreni che anche in presenza di impianti “profittevoli” — secondo il linguaggio bottegaio di lorsignori — fa sì che si guadagna di più a chiudere una fabbrica per venderne il terreno su ci sorge alla speculazione edilizia.

Salutiamo con calore questi episodi, benché finora — e purtroppo — siano solo piccoli e sporadici squarci dell’insopportabile cappa di pace sociale e sorda oppressione imposta dai padroni.

Sarebbe tuttavia una grave ingenuità da parte dei lavoratori — e ancor peggio da parte dei militanti dei gruppi che in quelle lotte sono presenti — pensare che “l’autogestire” o l’occupare siano la soluzione all’infinito; è un’esperienza che la nostra classe ha già fatto più volte nella sua storia anche recente (es. Zanon, in Argentina) e con esiti negativi anche quando era assai più forte e concentrata di ora. L’occupazione può essere un mezzo di lotta importante per sottolineare la propria incompatibilità come esseri umani con l’attuale modo di produrre, mai un fine in sè. È pura utopia pensare di poter autogestire il capitalismo, magari secondo i propri genuini principi: è lui che detta le sue regole a noi lavoratori, che non abbiamo da difendere un solo bullone della loro (?) fabbrica, perché così si scade sul terreno del più squalificato riformismo, cosa che dovrebbe risultare offensiva per chi ritiene di militare nel campo rivoluzionario. Queste lotte casomai devono servire per selezionare i militanti e riannodare gli indispensabili legami di classe sul territorio. Per l’oggi e per il domani.

In tempi di crisi del capitalismo come gli attuali, con i padroni che ne vogliono far pagare le conseguenze ai lavoratori, non basta un “semplice” organo di trattativa quale è il sindacato (di base o di classe) — essendo i confederali, oltre che cogestori della forza-lavoro con la borghesia, oramai un puro centro servizi dedito al mercato delle tessere e delle clientele quale unico mezzo di influenza — servono altresì strumenti effettivi di lotta come “comitati/assemblea di lavoratori in lotta” ecc. quali principali protagonisti ed organizzatori delle lotte e delle sue modalità di conduzione e chiusura.

Episodi come quelli sopra, e i mille altri che non conosciamo, perché non superano le artificiali barriere organizzative e mediatiche, mostrano una volta più che la natura dittatoriale del capitalismo non muta di una virgola solo perché così sostengono coloro che se ne assumono la responsabilità “di governo”.

Conseguentemente, il nostro ruolo di rivoluzionari è quello di propagandare nella e con la lotta la necessità della militanza organizzata delle avanguardie comuniste, come strumento indispensabile per la conquista del potere da parte del proletariato (occupato o meno), per emancipare se stesso e tutta l’umanità oppressa dalle catene del capitalismo.

Note

[1] Interessante intervento di un operaio sul lavoro nelle cooperative: http://it.youtube.com/watch?v=ehv7OMfkBqw&feature=related.

[2] Pur non ignorando le profonde differenze ideologiche e teoriche che da sempre ci separano dall’organizzazione in questione, per coloro che volessero contribuire alla cassa di resistenza da essi iniziata in favore di questi lavoratori, diamo di seguito le coordinate:
bollettino postale: c/c 22264204 intestato a Ass. Cult. Robotnik Onlus
bonifico: IBAN IT 51O 0760101600000022264204 — Casuale Lotta operai Innse

BATTAGLIA COMUNISTA

Fonte

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