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(23 Febbraio 2010) Enzo Apicella
Il logo della campagna di tesseramento del prc 2010 è una scarpa col tacco a spillo

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Congresso Prc. Una svolta a sinistra?

(2 Agosto 2008)

Del VII congresso di Rifondazione Comunista tutto si potrà dire tranne che sia stato noioso. Al conclave di Chianciano Nichi Vendola entra papa ed esce cardinale e la boriosa presunzione di vittoria del gruppo dirigente bertinottiano di fronte alla tenuta del patto tra le minoranze cede il passo a una reazione isterica e scomposta: Sansonetti sale sul palco, dopo un duro intervento di Nicotra contro Liberazione, e lo invita a venire fuori; Alfonso Gianni aggredisce Imma Barbarossa e deve essere allontanato da alcuni delegati. Vendola se ne esce con una velenosa dichiarazione di voto contro la candidatura di Ferrero centrata sul “plebeismo” delle minoranze. Di fronte allo spauracchio di perdere il controllo un pezzo di burocrazia di partito reagisce inferocita, dimenticando non solo la non violenza e la critica del potere, ma anche che “plebe” è il termine con cui le élites indicano il popolo, cioè la nostra gente, versione nostrana di quel termine racaille, con cui Sarkozy si rivolge al sottoproletariato delle banlieues parigine. Vediamo dunque cos'è successo cercando di capire quali scenari si aprono per il maggiore partito della sinistra italiana.

Bertinotti e Vendola si sono presentati a Chianciano pensando che fosse sufficiente giocare sulle contraddizioni interne alle due principali minoranze, tra Grassi e Ferrero, tra Giannini e il resto della terza mozione, per erodere l'esiguo vantaggio dello schieramento anti-costituente della sinistra. Il fatto che non ci siano riusciti non è semplicemente il prodotto sotterraneo di trattative diplomatiche sotterranee: è soprattutto la conseguenza di una pressione costante e incontenibile proveniente dalla base contro qualsiasi concessione ai teorici del superamento. Nel momento in cui sembrava avvicinarsi l'accordo tra la mozione 2 ed Essere Comunisti le notizie di una vera e propria rivolta della base di Grassi hanno cominciato ad affluire insistentemente nelle aule congressuali. Questo è il vero fatto nuovo di questo congresso: l'emergere di una pulsione di sinistra e di un richiamo all'identità, ai valori, alle parole della sinistra di classe che ha spinto pezzi dei gruppi dirigenti a sinistra, anche aldilà delle loro intenzioni, pena la definitiva perdita di contatto con la propria base. Vendola e Migliore hanno accusato Ferrero di voler cavalcare l'onda della radicalizzazione, della reazione ad anni di nuovismi socialprogressisti, di assecondarla invece di contrastarla. A noi interessa prima di tutto che quell'onda si sia manifestata e la ragione del nostro appoggio a Ferrero nasce esattamente nella sua decisione di assecondarla piuttosto che di reprimerla. Del resto Vendola e Migliore ci hanno insegnato per anni che non bisognava fare il processo alle intenzioni ma guardare ai fatti. Dunque non si vede perché ciò che è valso ieri per Clemente Mastella non debba valere domani per Paolo Ferrero. Fatta questa premessa passo ai fatti e cerco di individuare alcuni possibili scenari.

1. Una nuova maggioranza di sinistra. Le minoranze del partito hanno dato vita a una nuova maggioranza politica sulla base di un ordine del giorno finale, che pur attraverso una mediazione tra le differenti posizioni espresse nelle rispettive mozioni, pone le condizioni per una svolta a sinistra in merito ad alcuni punti: la linea politica di Venezia viene superata; la costituente di sinistra viene accantonata in modo definitivo; il Prc si propone come forza di opposizione autonoma e alternativa al Partito Democratico, abbandona ogni ipotesi di rilancio di un nuovo centrosinistra e si predispone a trarne le conseguenze anche sul piano delle giunte locali; vengono rimessi al centro il tema del radicamento sociale, a partire dal sindacato e dai posti di lavoro, del conflitto di classe e della democrazia all'interno del Partito. Il tema dell'autonomia di classe, uscito dalla porta di Venezia in qualche modo rientra a forza dalla finestra di Chianciano, spinto dai processi di polarizzazione sociale.

2. Due partiti in uno. L'atteggiamento assunto dal gruppo dirigente della seconda mozione approfondisce la spaccatura politica manifestatasi nel corso del congresso portandola alle estreme conseguenze. Vendola ha ritirato la propria candidatura e dopo aver decretato la fine di Rifondazione Comunista “per come noi l'abbiamo conosciuta” annuncia la costituzione di quella che nel gergo tecnico si definisce una frazione pubblica, “Rifondazione per la sinistra”, con proprie strutture e organismi di informazione, che chiede ai suoi militanti di portare dentro Rifondazione nuovi supporter di Vendola e prepara una iniziativa pubblica a ottobre per rilanciare la costituente di sinistra. Tutta la stampa nazionale, imparzialmente schierata con Vendola e Bertinotti, interpreta questo annuncio come la nascita di un secondo partito dentro il Prc. Un partito che è destinato probabilmente a separarsi dalla casa madre nel giro di qualche mese. Ma che potrebbe anche approfittare di una crisi precoce della nuova maggioranza per riprendere il controllo del Prc. Un partito che gode del tifo incondizionato dei media e dei gruppi dirigenti del Pd.

3. Luci e ombre della maggioranza. La nuova maggioranza è caratterizzata da una intrinseca debolezza e tuttavia proprio la traiettoria centrifuga presa da Vendola e la radicalizzazione che attraversa la base del Partito la sospingono verso sinistra. Nel momento in cui gli arcobalenisti prendono una posizione intermedia tra Pd e Prc è evidente che o Rifondazione si sposta a sinistra o è destinata a esserne l'inutile fotocopia e a perdere la sua “quota di mercato”. D'altra parte quella stessa maggioranza è soggetta ad alcuni freni. Al suo interno sono presenti non soltanto componenti moderate (Grassi) ma anche un partito degli assessori che vedrebbe i propri interessi minacciati da un'eccessiva radicalizzazione. Già si stanno manifestando i primi segnali di cedimento rispetto alla campagna mediatica che oggi tende a presentare Cianciano come una svolta marxista rivoluzionaria del Prc. Il giorno dopo la sua elezione Ferrero è andato in televisione rilasciando dichiarazioni che tendevano a diluire i contenuti del documento finale in formule tranquillizzanti, in particolare sul tema delle giunte.

4. La radicalizzazione della base. La radicalizzazione che si esprime nella base del Prc è determinata dalla somma di fattori soggettivi e oggettivi: da una parte si manifesta – talvolta anche con qualche eccesso di ideologismo – una reazione allo smantellamento di contenuti e simboli della tradizione anticapitalista e di classe; dall'altra si manifestano nella base di Rifondazione, che è un pezzo di popolo o – come direbbe Vendola – di plebe, gli stessi umori e le stesse contraddizioni che sono presenti nei ceti popolari su cui oggi si scaricano le conseguenze della crisi capitalistica internazionale (vedi l’inflazione che impoverisce il potere d’acquisto dei salari per sostenere la speculazione finanziaria sul petrolio e sui generi alimentari). Man mano che dai vertici delle mozioni 1 e 2 si scende verso la base le differenze si amplificano ovvero mentre i gruppi dirigenti e le stesse posizioni politiche espresse nelle mozioni da Vendola e Ferrero rappresentano per certi versi differenti articolazioni di una stessa proposta, i sostenitori di Ferrero hanno utilizzato il voto alla mozione 1 – costretti in parte in una logica di voto utile – intepretandola ben aldilà delle intenzioni di chi l’aveva redatta. Possiamo dire quindi che la base di Rifondazione oggi si colloca a sinistra della stessa nuova maggioranza che guiderà il Partito. La possibilità di tradurre le posizioni assunte dal congresso in una reale svolta a sinistra sono legate all’influenza che i processi di polarizzazione sociale eserciteranno sul corpo del partito e attraverso questo sul suo gruppo dirigente. In questo senso l’intervento sociale del Prc svolgerà una funzione essenziale.

5. L’unità della sinistra anticapitalista. Dentro questo fenomeno di radicalizzazione si manifesta anche una forte spinta all’unità con le componenti più radicali della sinistra comunista e anticapitalista. Il lunghissimo applauso tributato dai delegati a Marco Ferrando e Franco Turigliatto quando Ramon Mantovani ha dichiarato la sua nostalgia per un partito in cui c’era posto anche per loro è eloquente. La manifestazione di ottobre insieme alle forze dell’opposizione e le stesse elezioni europee possono essere un passaggio importante per dare corpo a questa aspirazione. In effetti nella sinistra italiana si sta verificando una somma di processi di scomposizione e ricomposizione di cui lo stesso nostro congresso costituisce un effetto. In questi anni – come capita in tutti i sistemi maggioritari e bipolari – i vari soggetti – partiti, correnti, mozioni congressuali, movimenti – sono diventati variegati contenitori in cui convivono posizioni differenti e talvolta contraddittorie. La crisi determinata da questo sviluppo disordinato oggi sta producendo un fenomeno di scomposizione e ricomposizione questa volta su una base politica omogenea o almeno più omogenea. Le forze che, all’interno dei vari partiti lavorano per la costituente di sinistra, si demarcano rispetto alle componenti più di sinistra e si coordinano tra loro. Quella schierate su posizioni radicali fanno altrettanto. Un processo di ricomposizione di un partito anticapitalista dei lavoratori e dei movimenti di lotta potrebbe essere vicino.
6. Controcorrente e la terza mozione. Il bilancio politico del congresso dal punto di vista di Controcorrente mi sembra positivo. Credo sia stata giusta la scelta di dare vita a una ricomposizione delle aree critiche all’interno del Prc, pur prendendo atto delle differenze e dei problemi che ne sarebbero conseguiti. Abbiamo raccolto forze che si sono rivelate decisive ai fini del risultato, facendo sponda al contempo alle pulsioni più di sinistra presenti all’interno della prima mozione. Siamo partiti come un gruppetto semisconosciuto di superstiti ex ferrandiani; oggi siamo una componente politica riconosciuta nel Partito, abbiamo esteso i nostri contatti, intrecciato nuove relazioni, ampliato la nostra area d’influenza, confermato il nostro radicamento in alcune regioni importanti del paese e la capacità di intervento dei nostri quadri. Per quanto riguarda più in generale la terza mozione congressuale è chiaro che le tensioni emerse durante lo svolgimento del congresso, in particolare all’interno dell’area de L’Ernesto devono essere fatte oggetto di un’attenta analisi. Così come si è riusciti a fare una sintesi soddisfacente per tutte le aree presenti all’interno della terza mozione nella stesura del documento congressuale, allo stesso modo sarà necessario trovare un punto di equilibrio nella gestione ben più difficile della fase postcongressuale, pena il venir meno delle ragioni che ci hanno portato alla costituzione di un’aggregazione unitaria.
7. Che fare? Vanno verificate le conseguenze del congresso sulla prospettiva. Intanto cercando di capire le reali intenzioni dei bertinottiani. La mia impressione è che lo stupore suscitato da una sconfitta assolutamente imprevista ne abbia attenuato la lucidità. Hanno fatto un passo verso la scissione ma allo stesso tempo invitano all’occupazione del Prc attraverso una campagna di tesseramento. Inoltre va verificato l’impatto del congresso non solo sugli iscritti, ma anche all’esterno. Il problema è capire se il Prc può tornare a essere un punto di riferimento per i lavoratori, i ceti popolari e i movimenti di lotta. In terzo luogo bisogna intervenire affinché la svolta a sinistra passi dalle parole dell’ordine del giorno conclusivo ai fatti e per fare questo – come dicevo prima – è necessario lavorare sul rapporto tra Partito e conflitto sociale. La manifestazione dell’opposizione annunciata per ottobre potrebbe essere la prima buona occasione.

Marco Veruggio
Portavoce nazionale Controcorrente Sinistra Prc

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