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"L'operazione verità" di Castelli sulle morti sul lavoro: le famiglie delle vittime sono truffatrici

(7 Agosto 2008)

Brutti cattivi truffatori. Vedove meschine di operai caduti da impalcatura. Perfidi orfani di lavoratori schiacciati da una pressa. Da oggi, voi imbroglioni, disonesti superstiti di morti ammazzi dal lavoro, non avrete più vita facile. Parola di Roberto Castelli, sottosegretario alle Infrastrutture leghista. Quel cervello verde (forse perchè ammuffito?) del sottosegretario di questo governo Berlusconi, dice che i dati sui morti sul lavoro sarebbero manipolati, per fare ottenere risarcimenti assicurativi anche alle famiglie di quei lavoratori che perdono la vita sulla strada, per andare o tornare dal lavoro. Perciò Roberto Castelli è pronto a fare «un'operazione verità». Perchè «è il momento di smetterla di criminalizzare gli imprenditori italiani. Se infatti estrapoliamo gli incidenti che avvengono in agricoltura e in edilizia, vedremo - conclude Castelli - che in Italia la sicurezza delle aziende manifatturiere è ai migliori livelli europei».

Quindi, l'"operazione verità" di quel genio di Castelli, parte da una lettura dei dati a proprio uso e consumo, sottraendo dal conteggio dei morti ammazzati sul lavoro, quelli caduti in edilizia ed agricoltura, cioè i due settori produttivi a maggior rischio. Come dire che se dal conteggio dei voti presi alle ultime elezioni politiche sottraessimo quelli andati a questa destra leghista, populista e un po' fascista, ora saremmo un Paese un po' più serio, con governanti che assumono come prioritari gli interessi generali del Paese, anzichè quelli particolari di chi detiene già il potere economico e politico. Ma purtroppo l'impossibilità di sottrarre quei voti, la constatiamo ogni giorno nelle nostre vite. Così come le famiglie delle vittime del lavoro, sentono il dolore lacerante per le vite spezzate dei loro cari. Quelle vite spezzate dal lavoro sempre più stressante e da una produzione a cui i ritmi gli sono sempre insufficienti, non possono essere recuperate con una sottrazione.

E proprio quei ritmi disumani imposti alla produzione, la sempre maggiore flessibilità imposta, la riduzione dei costi come unica strada per incrementare i profitti delle imprese, ha portato a quella catena di sub-sub-sub-appalti, che di fatto ha permesso l'esternalizzazione del rischio. Una miriade di lavoratori di microimprese percorrono le strade, più volte al giorno, per consegnare i prodotti "just in time", anche a costo di lavorare nove, dieci, dodici ore al giorno. Il rischio si è spostato nei percorsi di mobilità, perchè anche i magazzini sono costi per le imprese.
E si è spostato anche nelle strade, pure perchè con l'arma della precarietà in mano padronale, sempre più i lavoratori si trovano costretti a percorrere il tragitto casa-lavoro, con la stanchezza accumulata in ore e ore di straordinari a ritmi insostenibili.

Sono quei ritmi di lavoro ad uccidere. Le strade sono diventate i luoghi dove si annidano i rischi di morte sul lavoro, ma non sono la causa di quelle morti, che rimangono legate ai modi di produzione, alle condizioni di lavoro ed alla cultura d'impresa dominante, che ricerca il profitto solo attraverso l'abbattimento dei costi sul lavoro e sulla sicurezza. Ecco perchè gli infortuni in itenere, devono essere considerati infortuni sui luoghi di lavoro a tutti gli effetti.

Semmai, sarebbe da fare un'analisi seria sul numero degli infotuni in itinere ed in genere nelle strade. Ma per fare un'analisi seria, occorrono appunto interlocutori altrettanto seri. L'ingegner Castelli non avrebbe i requisiti di base, per partecipare ad una discussione del genere.

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