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Psicocomunista

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    Concluso il Congresso del PdCI a Salsomaggiore, Diliberto resta segretario e “guarda” verso Rifondazione

    (7 Agosto 2008)

    Quello di Salsomaggiore è stato un congresso i cui esiti si conoscevano ampiamente ancor prima dell’inizio dei lavori, che hanno portato alla riconferma all’unanimità di Oliviero Diliberto come segretario dei Comunisti Italiani.

    Il V° Congresso del PdCI è stato il primo nella storia del partito a presentare una mozione contrapposta a quella del segretario uscente; un fatto nuovo per una formazione politica che in 10 anni di storia ha affrontato i propri congressi sempre con un documento unico, fatto ancor più significativo se si pensa che i documenti congressuali sarebbero potuti essere addirittura tre se Marco Rizzo, esponente dell’area più “identitaria” del partito, non avesse rinunciato all’ultimo a presentare un propria mozione, decidendo invece di convergere, almeno formalmente, su quello della maggioranza intitolato “Ricostruire la sinistra, comunisti e comuniste cominciamo da noi”.

    E’ la proposta di riunificazione avanzata a Rifondazione Comunista il vero dato politico che emerge dal congresso. Non che ci fosse bisogno di questa “tre giorni” di dibattito per sapere che Diliberto spera di riuscire a presentare una lista unica con la falce e martello già per le prossime elezioni europee; ma questa volta lo fa rivolgendosi apertamente a tutta Rifondazione, non più a qualche sua minoranza interna accondiscendente, incassando però una certa freddezza da parte del neo segretario Paolo Ferrero che, pur escludendo la disponibilità del suo partito ad avviare “fusioni a freddo”, rilancia sulla necessità di intraprendere un percorso comune di opposizione sociale al governo Berlusconi.

    Il processo unitario di tutto quello che è a sinistra del PD è morto con la debacle elettorale della Sinistra Arcobaleno; questa è l’opinione della stragrande maggioranza del partito, ma non della minoranza capeggiata da Katia Belillo che, con la mozione intitolata “Una necessità per il paese: unire la sinistra”, denuncia la degenerazione identitaria e settaria che sta attraversando il partito, annunciando la decisione sua e dei delegati a lei vicina (tra cui l’europarlamentare Umberto Guidoni) di non entrare in nessun organo diriettivo.

    Quella dell’ex ministro per le pari opportunità è una posizione che sembra più che altro il preludio ad una fuoriuscita (quantificabile intorno al 7-8% del partito) verso l’area costituente della sinistra, che di lì a poco inaugurerà l’ex governatore della Puglia Nichi Vendola.

    Come dicevamo, ha rinunciato a venire allo scoperto l’altra minoranza del partito, quella di “sinistra” capeggiata dall’ex cossuttiano Marco Rizzo, che da mesi gira per l’Italia invocando l’avvio di una “costituente comunista” chiaramente alternativa al Partito Democratico, che miri a riaggregare tutte le realtà politiche e le soggettività comuniste sparse per la penisola nel tentativo di avviare un processo costituente di un nuovo Partito Comunista, che guardi quindi oltre e non solamente alla semplice “fusione” tra PdCI e PRC.

    La decisione dell’area più “intransigente” di non pesarsi dentro il partito, forse per paura di arrivare ad uno scontro frontale e ad una conseguente lacerazione col segretario Diliberto, sembra non aver sortito gli effetti “pacificatori” sperati:

    L’esclusione di noti dirigenti “rizziani” dai comitati federali di Bologna e Napoli, nonché le parole sul principio del “Centralismo Democratico” pronunciate dello stesso Diliberto nel suo intervento congressuale, non lasciano margini d’interpretazione sul fatto che d’ora in avanti non verrà più concessa alcuna agibilità politica a “correnti” più o meno dichiarate.

    Chi cercava in questa sede risposte concrete alla crisi storica della sinistra rimarrà forse deluso; Il dibattito congressuale non riesce a spingersi oltre ad una generica autocritica sulla recente esperienza di governo, si sottolinea l’attualità della dottrina marxista di fronte alla fase di crisi attuale dell’economia globale, individuando come solo lato propositivo l’invito (che in verità al momento non sembra riscuotere molto successo) di unità con Rifondazione.

    Forse è poco vista la gravità della situazione; ma le risposte sul destino della sinistra “radicale” italiana sembrano essere destinate ad arrivare, più che dai lavori congressuali dei vari partiti e partitini, dalla capacità di interpretare il nuovo ruolo di opposizione sociale che sarà chiamata ad affrontare, da forza ormai extraparlamentare, nel prossimo autunno, che si preannuncia quanto mai “caldo” e carico di tensioni sociali.

    Adriano Manna

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