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La sinistra che non c’è (3)

(24 Agosto 2008)

Settantamila cooperative, un milione di dipendenti, giro d’affari 100 miliardi di Euro, 3% del Prodotto interno lordo, viva dal 1886 la “Lega delle cooperative, nata per contrastare il modo capitalistico di produrre, e finita con la sua banca Unipol e il suo presidente Consorte a fare oscure scalate finanziarie all’ombra dei politicanti della CASTA.

Malgrado tutti gli sforzi che faccio per comprendere come sia stata possibile questa involuzione di valori e di prassi di un movimento di questo peso, non riesco a darmi altra risposta che esso è stato infiltrato da elementi che avevano la strategia di snaturarlo e distruggerne la potenzialità espansiva, nello stesso modo in cui nel PCI si affermò l’area “migliorista”, Napolitano in testa, che portò il partito alla dissoluzione.

Più di una volta ho sostenuto che il conflitto fra capitale e lavoro salariato è un eterno gioco in cui spesso vince il capitale, raramente vi è qualche conquista dei lavoratori, ma si tratta di due facce della stessa medaglia in cui capitalisti e lavoratori si trovano nella stessa barca, e ciò rende eterno il modo capitalistico di produrre.

L’unica possibilità (escludendo una rivoluzione violenta) di superare la logica capitalista, è proprio quella di sostituire il lavoro salariato, la schiavitù dei salariati (con la espropriazione permanente del loro cervello), con il modo di produzione cooperativo, che non è una idea astratta o intellettuale, ma un modo antagonista e alternativo di produrre e di vivere basato sulla capacità di collaborare tra le persone.

E oggi, per nuova e diffusa sensibilità, non si tratta solo di come produrre, ma di “cosa” produrre, perchè oggi si producono armi, prodotti nocivi alla salute, agricoltura industriale e inquinata, prodotti inutili, in ambienti nocivi e pericolosi, cose che è disgustoso e sbagliato produrre, e che rendono i salariati complici del distruttivo modello capitalistico di sviluppo.

Il movimento cooperativo, con la sua esperienza, con i suoi uffici amministrativi, le sue filiali bancarie, sarebbe già oggi in grado di promuovere e sostenere lo sviluppo di nuove imprese di cooperazione, soprattutto nel settore delle energie alternative, là dove si gioca la partita contro il nucleare, perché se si riuscisse a creare diffusamene sul territorio una grande rete di piccole imprese di produzione elettrica da fotovoltaico, buona parte della richiesta di energia elettrica sarebbe soddisfatta, e la giusta via per diminuire drasticamente la dipendenza dal petrolio sarebbe tracciata.
Creare lavoro in cooperazione, non un lavoro qualsiasi, ma per difendere ambiente e futuro, è doppiamente etico e stimolante per chi non vuole passare la vita facendo il servo, e solo una cosa del genere può essere considerata progressista, mentre è del tutto evidente la barbarie di uno “sviluppo” che sta portando il mondo al collasso ambientale e morale.

Più della metà del popolo italiano vive in condizioni lavorative di subordinazione, utilizzato come elemento non pensante di un ingranaggio, buttato via quando non serve più, precarizzato da leggi ignobili, ricattato da un esercito di immigrati pronti a lavorare al suo posto.

Per la condizione materiale e mentale di queste persone, la attuale società e organizzazione del lavoro, ma anche per la pseudo sinistra e i sindacati, non vi è futuro diverso da quello tracciato dalle leggi del capitale, e sembra così che la storia si sia fermata e il fatalismo e la rassegnazione debbano prevalere. Non è forse vero che il mondo è sempre stato diviso tra chi comanda e chi ubbidisce?

Parlare di “libertà” e “democrazia” quando la maggioranza delle persone sono schiave e per di più indottrinate da una minoranza che possiede tutti i mezzi di informazione è grottesco, ma la responsabilità storica è di una sinistra sparita che si è allontanata dalle masse, ha accettato la logica del capitalismo, suicidandosi, poiché oggi la destra al potere non ha alcun bisogno di questi personaggi, che non rappresentano nessuno, screditati sia come governanti che come oppositori.

Se non si mette in campo una nuova cultura che porti le persone a desiderare di produrre e vivere in modo intelligente, partecipato e sostenibile, la dittatura delle forze economiche dominanti, cioè della attuale destra, durerà in eterno.

24 agosto 2008

Paolo De Gregorio

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