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per Vittorio Arrigoni

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(15 Aprile 2011) Enzo Apicella
Rapito e ucciso a Gaza Vittorio Arrigoni, militante dell'International Solidarity Movement

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    (Imperialismo e guerra)

    Gaza è aperta, per un giorno - Abbiamo voluto rompere l'assedio

    (27 Agosto 2008)

    A momenti si ribaltava la nave: abbiamo saltato e danzato di gioia, quando abbiamo sentito alla radio israeliana l'annuncio del governo: avevano deciso di lasciarci andare, la marina militare di Israele non avrebbe impedito il nostro passaggio. Ora siamo a 7 miglia dalla costa, ormai in vista di Gaza, coi nostri vascelli Liberty e Free Gaza. Non è stata impresa facile: eravamo salpati da Cipro contro ogni avaria, sabotaggio, minacce di morte e conseguenti defezioni dei capitani, contro condizioni marittime avverse. Ora sembra proprio che ce l'abbiamo fatta: abbiamo dimostrato che la storia viene fatta dalla gente comune, e che la pace è possibile. A Gaza ci attendono i rappresentati di una decina di Ong che ci hanno invitato. Oltre a questi, sappiamo che decine di migliaia di palestinesi sono pronti a festeggiare l'approdo delle prime barche internazionali sulle coste di questo territorio dal 1967. Navigando su acque internazionali, ed essendo invitati dai palestinesi, non abbiamo ritenuto doveroso informare Israele. Il nostro obiettivo è rompere l'assedio israeliano di Gaza, dimostrando tutta la nostra solidarietà alla popolazione palestinese. Importando a Gaza, insieme a qualche genere di prima necessità, anche noi stessi: insegnanti, medici, operatori umanitari e attivisti per i diritti umani. Desideriamo andare ad aiutare nelle scuole, negli ospedali, sulle ambulanze. Sebbene cittadini di 18 nazionalità diverse, ci sentiamo tutti appartenere a un medesimo emisfero del mondo, che ripudia la violenza che offende e opprime, quel totalitarismo mascherato da leggitima difesa che reclude in una prigione a cielo aperto un milione e mezzo di persone, come oggi è ridotta la popolazione di Gaza. Siamo stanchi dell'inerzia della comunità internazionale, è ora che qualcuno si muova per cercare di frenare questo lento genocidio di innocenti. Cercando di rompere l'assedio, vogliamo restituire ai palestinesi una parte della loro libertà negata. Israele non ha alcun diritto di ostacolarci, di impedire a persone pacifiche di raggiungere Gaza navigando in acque internazionali e palestinesi, soprattutto dal momento che Israele ha dichiarato che non c'è più occupazione in Gaza. Portiamo con noi delle reti: sbarcati, per prima cosa porteremo al largo a pescare con noi i pescatori palestinesi, oggi ridotti a bersagli galleggianti per i cecchini sulle navi da guerra israeliane. Sulla via del ritorno verso Cipro, vogliamo portare con noi tutti quei malati che necessitano di cure mediche urgenti e immediate. Avvistando le coste di Gaza, ci siamo avvicinati alla più grande prigione che sia mai stata edificata - dove i secondini, l'esercito israeliano che ne presidia i confini, impongono la fame come punizione collettiva ai civili, commettendo crimine contro l'umanità. Una occupazione che, come dice Jeff Halper, ebreo israeliano imbarcato con noi, rappresenta un atteggiamento all'opposto della vera essenza della religione, cultura e morale ebraica. Ad alcuni di noi capita che trilli il telefono. Numero occultato, e sono minacce di morte. «Ciao O., hai deciso come vuoi morire oggi?». Non solo i palestinesi imbarcati con noi, ma anche la famiglia di Luaren Booth, cognata di Tony Blair, è stata pesantemente minacciata. Per fugare ogni dubbio, abbiamo chiesto alle autorità portuali cipriote di ispezionare minuziosamente le nostre barche, per scongiurare possibili sabotaggi, e dimostrare che non trasportiamo armi o merce di contrabbando.

    Vittorio Arrigoni
    attivista italiano imbarcato sulle due navi della missione Free Gaza

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