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Bell'Italia amate sponde

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(16 Maggio 2009) Enzo Apicella
L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha reiterato al ministro dell’Interno, Roberto Maroni, la richiesta di porre fine alla prassi del respingimento di migranti dalla Libia.

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(La tolleranza zero)

Bussolengo (VR): i resoconti delle denunce delle violenze subite all'interno della caserma dei carabinieri

(13 Settembre 2008)

La versione di Paolo Campos di 20 anni

Intorno le ore 15.00 del giorno 5 settembre 2008, in Bussolengo, appena giunto in auto presso il piazzale delle giostre, dove si trovavano i miei parenti con roulotte, vedevo i miei fratelli Campos Marco e Johnny e mia nipote di dieci anni, che stavano piangendo. Chiedevo cosa ero successo e mi veniva riferito che erano arrivati i Carabinieri che avevano picchiato i parenti e poi portati in caserma. Rimanevo impietrito da quanto era successo, e nel frattempo vedevo sopraggiungere quattro / cinque pattuglie di Carabinieri. Preso dalla paura dicevo a mia moglie di allontanarsi unitamente con i due figli, ambedue di otto mesi.
I Carabinieri appena arrivati, precisamente il Carabiniere che stava con il graduato (Maresciallo o Brigadiere), scendeva dall’auto e si avvicinava a me, che intanto io avevo salutato e chiesto cosa era successo, e mi colpiva con un pugno in viso. I militari presenti iniziavano ad ingiuriarmi dicendomi «bastardo… adesso ti ammazziamo… adesso dovete morire… figli di puttana…». Il graduato, di statura alta, mi buttava a terra, iniziando a colpirmi con calci alle costole, alle mani e ai piedi, dopodichè mi afferrava alla camicia e mi agganciava alla roulotte e munito di guanti mi prendeva a schiaffi.
Il graduato poi diceva ai suoi colleghi di prendermi dalle gambe e dalle mani e di gettarmi all’interno della roulotte, in modo che per quello che mi doveva fare non ci fossero testimoni. Venivo gettato sul letto e i colleghi del graduato iniziavano a colpirmi con calci, pugni e sberle. Il graduato poi, non contento, mi prendeva la gamba e me la torceva con l’intenzione di rompermela. Urlavo al militare di non rompermi la gamba che ero incensurato e che dovevo lavorare per mantenere la mia famiglia. Dicevo che non avevo fatto nulla che ero appena arrivato e di lasciarmi in pace e di non toccare né i miei figli né mia moglie. I militari armati di manganello iniziavano a rompere tutto quello che c’era all’interno della roulotte e mi colpivano alla testa con il manico della scopa.

Terminata la violenza venivo gettato fuori dalla roulotte. Vedevo altri Carabinieri che in tanto stavano distruggendo la mia auto, rompendo i sedili. Mi veniva ordinato di sdraiarmi a terra a pancia sotto di togliermi la maglia e le scarpe. Il graduato di statura alta iniziava a camminarmi sulle unghie dei piedi, colpendomi alle costole con calci. I militi mi rialzavano, mi ordinavano di mettermi la maglia e le scarpe. Mentre stavo salendo sulla macchina di servizio il Maresciallo mi colpiva con il manganello al braccio e alla gamba. Vedevo sopraggiungere una Golf quarta serie di colore grigio topo, da dove scendeva un Carabiniere in borghese con occhiali da vista montatura bianca, corporatura d’atleta, alto sui 190 cm circa, occhi chiari, ed insieme ad altri due Carabinieri in divisa saliva a bordo della roulotte di mio padre Campos Angelo, iniziando a rompere con manganelli e con calci tutto quello che c’era all’interno.
I militari, ridendo tra loro, dicevano che avevano completato il lavoro e che avevano distrutto le due roulotte. Il Carabiniere con gli occhiali si avvicinava alla macchina dove ero stato collocato e mi diceva: «brutto bastardo… adesso in caserma ti massacro di botte… devi morire bastardo….». In caserma, scendendo dall’auto, venivo accompagnato davanti alla porta d’ingresso. La porta veniva aperta da altri militari che dicevano «è arrivato un altro fratello… dai ragazzi che adesso è arrivato un altro fratello… dai che incominciamo… bastardo, figlio di puttana… devi morire…».
Dicevo che avevo male al cuore che soffrivo di emicrania. Un Carabiniere, chiamato dagli altri Paolo, alto sui 170 – 175, calvo, di peso sui 75 kg, mi rispondeva che il mal di testa me lo avrebbero fatto passare loro. Da costui venivo scaraventato a terra, e dal Carabiniere in borghese, con gli occhiali con la montatura bianca, venivo colpito con calci al torace e pugni in testa e sberle in faccia. Da costui venivo preso a gomitate alle cosce. Mi riparavo la faccia per paura che mi spaccassero i denti. Mi veniva detto di abbassare le mani ed ingiuriato «bastardo adesso ti ammazzo».
Venivo preso dal bavero della camicia ed alzato, preso a pugni in testa e percosso con una decina di sberle. Chiedevo dove era mia moglie ed i miei figli. Mi veniva risposto: «tua moglie è una gran puttana… i tuoi bimbi sono piccoli ma quando saranno di quattro / cinque anni saranno dei bastardi come te, che io picchierò già a quell’età…». Venivo poi portato in un altro ufficio dove era presente un altro militare di guardia, anch’egli con occhiali con montatura bianca. Venivo fatto sedere, ed ogni militare che entrava dalla porta di ingresso mi colpiva la faccia con sberle, con pugni in testa con calci alle costole ed alle gambe.
Il graduato con occhiali con montatura bianca ed occhi chiari, afferrava una pinzatrice, e messosi un guanto, mi afferrava la lingua, cercando di inchiodarmi i punti sulla lingua. Un altro Carabiniere gridava «lascia stare». Anche il Carabiniere di guardia infine, messosi i guanti mi colpiva con violenti ceffoni al viso. Prima di venire allontanato dalla caserma mi veniva chiesto dal Carabiniere in borghese con gli occhi chiari e con occhiali con montatura bianca se mi aveva picchiato e come mi ero fatto male al viso. Gli dicevo che non mi aveva picchiato e che mi ero fatto male da solo. Dopo avermi risposto che così gli piacevo, il Carabiniere mi diceva che sapeva dove abitavo e di stare attento di quello che avrei detto o riferito.
Venivo rilasciato, e quindi lamentando dolori per colpi ricevuti mi portavo al P. S. dell’Ospedale di Desenzano del Garda dove venivo visitato, sottoposto ad accertamenti clinici e quindi refertato con prognosi di giorni sette per policontusioni.
Aggiungo che mio fratello Marco Campos, nato a Castel San Pietro Terme il 22 gennaio 1997, residente a Brescia in via Cimabue n. 16, durante l’aggressione ai suoi genitori da parte dei Carabinieri, intervenendo verbalmente, dicendo ai militari di smettere di picchiare i genitori, veniva colpito da un graduato (Maresciallo) alto sui 195 cm circa, in divisa, che lo colpiva alla bocca. Mio fratello veniva poi accompagnato al P. S. del suddetto Ospedale dove veniva visitato e refertato con prognosi di giorni due per riferita lussazione canino sup ed inf non altre lesioni traumatiche visibili.
Sono in grado di riconoscere tutti i Carabinieri che mi hanno picchiato e causato violenze da altri famigliari ed ai veicoli.

La versione di Giorgio Campos di 17 anni

Intorno alle ore 14.00 del giorno 5 settembre 2008, in Bussolengo, mentre ritornavo alla roulotte in sosta nel piazzale delle giostre, dove si trovavano i miei parenti, vedevo gli stessi che venivamo picchiati da dei Carabinieri in divisa, un Maresciallo alto sui 180 cm circa, corporatura media, ed un Brigadiere alto sui 170 cm circa senza capelli, corporatura media.
Vedendo che mio padre Angelo Campos era percosso ferocemente dai Carabinieri lo prendevo dalle mani e lo trascinavo con me verso la strada. Nel frangente vedevamo passare una roulotte e chiedevamo aiuto agli occupanti. Dopo una decina di chilometri venivamo raggiunti da una pattuglia dei Carabinieri che ci fermavano e prendevano me e mio padre mettendoci le manette.
A me, a mio padre ed alla persona che ci aveva dato il passaggio veniva messa in bocca la canna della pistola da ambedue i militari. Venivamo raggiunti da altre due pattuglie dei Carabinieri, e noi tutti venivamo caricati nelle macchine. Venivamo portati in Caserma a Bussolengo. Venivamo buttati a terra con le manette ai polsi. Venivo colpito con manganellate, calci e pugni da cinque militari, tre in divisa e due in borghese. Venivo ingiuriato con sputi, apostrofato con «testa di cazzo… tua madre è una puttana…» e nel frattempo venivo continuamente picchiato.
Successivamente venivo accompagnato nelle celle sotterranee venendo ancora picchiato e messo in cella dove si trovava mio fratello. Dopo una decina di minuti di permanenza nella cella, tre militi hanno portato una bacinella piena di acqua ghiacciata e poi a turno ci prendevano la testa e l’immergevano nell’acqua per una decina di secondi. Il tutto è durato una decina di minuti. Finta la tortura mi hanno picchiato nuovamente.
Dopo una ventina di minuti altri due Carabinieri senza divisa, che se vedo riconosco, mi hanno portato in bagno, mi hanno fatto lavare la faccia, e dopo avermi spogliato completamente nudo, mentre uno mi picchiava, l’altro mi riprendeva al cellulare, dicendomi che la sera stessa lo avrebbe riguardato divertendosi. Mentre accadeva questo venivo fatto oggetto di sputi. Venivo riportato in cella dove c’era mio fratello Michele e lì venivo nuovamente percosso.

I Carabinieri si portavano nelle altre celle picchiano anche gli altri. Mentre compivano queste violenze i militari si compiacevano del loro operato dicendo di essere fieri del loro razzismo adottato nei confronti degli zingari. I due militari passavano ogni venti minuti, circa, davanti alle celle, talvolta mostrando i genitali ed altre volte imprecando e sputando. Un graduato diceva inoltre che la loro caserma era la più nominata per la cattiveria usata nei confronti degli zingari.
Durante la permanenza nella Caserma di Bussolengo, il Carabiniere senza capelli alto 170 cm, mi prendeva il portafoglio da dove estraeva la somma di sessanta euro, impossessandosene e dicendomi che con il denaro sarebbe andato a fare la spesa.
Dopo quattro – cinque ore di violenze io, mio fratello e mio padre venivamo trasferiti presso la Caserma di Peschiera del Garda, dove venivamo sottoposti a fotosegnalamento. Mentre venivamo sottoposti a questi rilievi venivamo ancora picchiati dai militari di quella caserma che saprei riconoscere.
Preciso che nel momento in cui mi sono state applicate le manette dal Carabiniere senza capelli alto 170 cm circa, dicendo allo stesso se mi allontanava la morsa, costui invece le serrava ancora di più. Preciso che ancor oggi sono evidenti le ferite ai polsi. Questo militare poi prendeva un pugnale e mi chiedeva quale parte volevo che mi tagliasse. Non rispondevo nulla abbassando il viso. Mi veniva passata la lama sotto il collo e leggermente punzecchiato al torace. Mentre venivo ancora percosso questi mi minacciava di non dire nulla appena fossi stato rilasciato.
Successivamente venivo rilasciato e quindi lamentando dolori per le ferite riportate, mi portavo al P. S. dell’Ospedale di Desenzano del Garda dove venivo visitato, sottoposto ad accertamenti clinici e quindi refertato con prognosi di tre giorni per algia spalla sx.

La versione di Cristian Hudorovich di 37 anni

Alle ore 13.00 circa del 5 settembre 2008, in Bussolengo, io con i famigliari e con altri parenti, sostavamo con roulotte presso il piazzale delle giostre. Dopo una ventina di minuti che eravamo in quel luogo sopraggiungeva una pattuglia della Polizia Municipale di Bussolengo che invitava tutti ad allontanarsi entro tre ore come previsto da ordinanza comunale. Veniva detto al personale della Polizia Municipale che sostavamo solo per pranzare e poi ci saremmo allontanati.
Io e tutti i parenti ci mettevamo a tavola per mangiare. In quel momento sopraggiungeva una pattuglia dei Carabinieri di Bussolengo che ci intimava di lasciare la zona immediatamente. Veniva detto ai militi che ci si fermava solo per pranzare e poi saremmo andati via. I militari, per risposta, ci dicevano che dovevamo «sparire» immediatamente. Si raccoglieva immediatamente i piatti e il mangiare e nel frattempo sentivo che i militari si erano spostati e si erano messi a discutere con mio cognato Angelo Campos.
Mio cognato diceva ai militari che stava mangiando, che lasciassero un po’ di tempo per finire di mangiare, e lo stesso, vedendo i militare con fare troppo aggressivo, diceva loro «che volete fare… volete picchiarci?...».

La moglie di Campos interveniva dicendo ai militari di fare ultimare il pranzo e di non comportarsi in tal maniera. Per tutta risposta uno dei militari, alto sui 180 – 190 cm circa, corporatura molto robusta, con capelli nei lisci corti, si avvicinava a mio cognato iniziando a prenderlo a ceffoni. L’altro militare alto sui 160 cm circa, con accento meridionale, corporatura normale, si avvicinava a mia cognata prendendola a ceffoni. Mentre mia cognata cercava di sottrarsi alle percosse il militare estraeva dalla fondina più volte la pistola puntandola verso mia cognata. Il militare cercava di ammanettare mia cognata perdendo le manette, rivenute più tardi dalla Polizia Municipale.
Intervenivano altre pattuglie dei Carabinieri ed i militari iniziavano a picchiare tutti i presenti, compresi i bambini di minore età. Chiamavo il 113 dal mio cellulare, parlando con l’operatore dicendo che io ed altri parenti eravamo aggrediti da Carabinieri che ci stavano picchiando. Venivo visto da uno dei Carabinieri, che mi strappava di mano il cellulare, buttando il telefono per terra, spaccandolo con una pedata, riprendendolo e buttandolo nella macchina di servizio, dandomi infine un pugno al viso ed uno ai fianchi, dicendomi di non telefonare ad alcune nemmeno alla Polizia che tanto non mi avrebbe creduto nessuno. Non so dare descrizione del milite in quanto vi erano diversi militari che operavano nella circostanza, ma saprei individuarlo.
Alcuni militari ingiuriavano i presenti dicendo «siete schifosi zingari… bastardi… dovete morire…», «tua moglie è una puttana…». Mi veniva detto di rimanere sull’attenti con la testa bassa e di dire «sono un figlio di puttana». Mentre la mia convivente veniva portata presso il comando della Polizia Municipale, io e mio nipote Campos Michele venivamo portati presso la Stazione die Carabinieri di Bussolengo, dove all’interno del cortile della caserma venivamo ancora picchiati.
All’interno dei locali, Campos Michele ammanettato veniva adagiato a terra e colpito dai militari più volte con manganelli, pugni e calci. Successivamente venivo rilasciato, e lamentando dolori per i colpi ricevuti, io ed i miei famigliari ci portavamo presso il P. S. dell’Ospedale di Desenzano del Garda. Io venivo visitato, sottoposto ad accertamenti clinici e refertato come si evince dal rapporto.

La versione di Anna Georgeowistch di 40 anni

Durante la patita aggressione, nel frangente mi trovavo con i miei figli rispettivamente mia figlia di anni dieci e mio figlio di tre anni e mezzo. Mentre i miei famigliari e parenti venivano aggrediti dai Carabinieri, dicevo a quest’ultimi di finirla.
Interveniva un militare in borghese, un maresciallo, la cui qualifica avevo sentito perché altri militari lo chiamavano appunto maresciallo che mi faceva salire sulla roulotte, iniziando ad ingiuriarmi, proferendo «sei una puttana… ti uccido… non gridare…», contemporaneamente colpendomi con pugni al capo e ceffoni al viso. Mentre urlavo al Maresciallo che non avevo fatto nulla, un altro Carabiniere che accompagnava il graduato mi urlava «sei una puttana… non devi parlare… stai zitta…».
Mia figlia, sotto shock per la violenza che stava assistendo, piangeva ed urlava. Lo stesso militare mi diceva «fai star zitta quella puttana altrimenti te la ammazzo…». Poi lo stesso militare si portava dove stazionava mio nipote Marco Campos di anni undici iniziando a picchiarlo. Il Maresciallo diceva poi ai Vigili presenti: «prendete quella troia e portatela in caserma…».In caserma dei Vigili il Maresciallo mi faceva uscire dalla macchina tirandomi per i capelli, trascinandomi fino all’interno dei locali. All’interno dei locali altri Carabinieri mi ordinavano di dire «sono una puttana…». Nel pavimento vi era del sangue che aveva perso mia cognata Sonia Campos. Un Carabiniere stava per pulire questo sangue ma veniva fermato da un suo collega il quale gli diceva: «non pulire quel sangue di una sporca zingara, ma faglielo pulire direttamente a loro». Mi facevano mettere in ginocchio per pulire la chiazza di sangue di mia cognata. Dopo una ventina di minuti venivo rilasciata e successivamente mi portavo al P. S. dell’Ospedale di Desenzano del Garda e venivo visitata e refertata con prognosi di giorni due.

La versione di Michele Campos di 15 anni

Alle ore 14.00 circa del 05 settembre 2008, in Bussolengo in piazzale delle giostre, dove mi trovavo con i miei, famigliari e parenti intento a pranzare, vedevo sopraggiungere due pattuglie dei Carabinieri, i quali, scesi dalle macchine, e indossati i guanti, iniziavano a picchiare i miei famigliari ed i miei parenti. Un Carabiniere senza capelli gli cascava a terra la pistola, la riprendeva e gli cascava nuovamente. Io, mio zio Hudorovic Cristian, mentre venivamo caricati nelle macchine, venivamo ingiuriati con parole «merde… stronzi… siete morti… teste di cazzo…», e percossi. Mio zio cercava di avvisare il 113 ma un Carabiniere gli strappava il cellulare di mano e l’apparecchio veniva distrutto. Mentre venivamo accompagnati in caserma, venivamo insultati «pezzi di merda… stronzi…». Arrivati in caserma, venivo portato in una stanza e lì picchiato da cinque militari, colpito con manganellate alla schiena.
Venivo portato nelle celle sotterranee e percosso. Venivo buttato sul letto della cella e colpito nuovamente con manganelli alla schiena e calci ai fianchi. Ogni cinque minuti i militari ritornavano picchiandomi e dicendomi «sei morto…».
Poco dopo venivo raggiunto da mio fratello e i militari ci hanno picchiato ed ingiuriato nuovamente. I militari prendevano una bacinella bianca con acqua ghiacciata ed infilavano la mia testa nell’acqua. I militari mi hanno persino sputato in bocca.
Venivo accompagnato in bagno per lavarmi la faccia, riaccompagnato in cella dove subivo un’altra dose di percosse, e mi veniva puntata la pistola in faccia.
Ogni dieci / quindici minuti i militari tornavano picchiandoci nuovamente ed offendendoci, dicendoci che nessuno ci avrebbe tirato fuori da quel posto.
Dopo due / tre ore io con i miei famigliari venivo trasferito alla Caserma di Peschiera del Garda per il fotosegnalamento. Nella stanza del fotosegnalamento colui che mi rilevava le impronte mi passava il pennello con l’inchiostro in faccia. Il Carabiniere senza capelli estraeva un pugnale passandomelo sotto la gola e sul braccio. Poi, dopo averlo rimesso in tasca, ha ricominciato a picchiarmi con calci e pugni. Mi portava in bagno colpendomi poi ai fianchi con pugni, mentre un altro Carabiniere mi riprendeva con il cellulare, invitandomi di non dire a nessuno cosa era successo e che i segni che portavo sulla schiena non era stato lui.
Anche a me il Carabiniere senza capelli alto 170 cm, mi prendeva il portafoglio da dove estraeva la somma di sessanta euro dicendomi che con il denaro sarebbe andato a fare la spesa; e lo stesso lo ha fatto con i miei fratelli Paolo e Giorgio.
Successivamente venivo rilasciato e lamentando dolori per i colpi ricevuti mi portavo al P. S. dell’Ospedale di Desenzano dove venivo visitato, sottoposto ad accertamenti radiologici e quindi refertato con prognosi di giorni otto.

da: http://sucardrom.blogspot.com/

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