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La Marzotto ha chiuso lo stabilimento di Manerbio

(14 Febbraio 2003)

I telai sono stati fermati venerdì scorso.
La Marzotto di Manerbio, dopo 70 anni di attività, ha chiuso e per sempre.
Tra i 260 lasciati a casa dalla Marzotto, ce ne sono diversi di licenziamenti di coppia.

Alle preoccupazioni e alla tristezza per la chiusura si aggiunge l'amarezza per l'accordo separato che ha suggellato la vicenda: la Filtea non l'ha firmato. Ieri Filtea e Cgil di Brescia hanno spiegato le ragioni del no all'accordo e annunciato un esposto denuncia contro la Marzotto per comportamento antinsindacale.

"Non abbiamo firmato perché l'accordo accetta la chiusura dello stabilimento di Manerbio e il licenziamento di 260 persone", dice la segretaria della Filtea Michela Spera.

Unica prospettiva per i lavoratori, un anno di cassa integrazione seguita da un anno in mobilità.
Che potrebbe ridursi a un anno di mobilità, se il Cipi non approverà la cigs per cessata attività.

Cose intollerabili, per un gruppo che ammette di non essere in crisi, illustra agli operatori di Borsa un cosiddetto piano industriale, ma non lo discute con i sindacati perché non è negoziabile. Marzotto è il più grande gruppo tessile italiano, l'unico a ciclo completo, ha diversi marchi (tra questi, Hugo Boss e Valentino), conta 11 mila dipendenti (4 mila dei quali in Italia) e 20 stabilimenti.

La spiegazione della chiusura il conte Pietro Marzotto l'ha data.
Rispondendo a una lettera dei lavoratori di Manerbio, ha scritto che all'estero il costo del lavoro è "da cinque a dieci volte inferiore".

Si apre un capitolo nuovo nella delocalizzazione che investirà tutto il settore tessile e porterà fuori anche le produzioni a valore aggiunto medio-alto.
Nell'accordo di gruppo del 2000 Marzotto assicurava che Manerbio sarebbe diventata la più importante tessitura laniera d'Europa.
Due anni dopo si chiude.

11 febbraio 2003

Centro di documentazione e lotta - Roma

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