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Cofferati e l’anticofferatismo

(10 Ottobre 2008)

Il ritiro di Cofferati è un avvenimento che di fatto smuove tutto l’arco politico-sociale cittadino. Non ci interessano le motivazioni per cui il sindaco non si ricandida, anzi se queste avvengono per squisiti motivi personali, non possiamo che giudicare questo come un atto positivo che va in controtendenza rispetto al micidiale teatrino della politica. Un ritiro, e questo deve essere chiaro a tutti, che non deriva da una campagna di sfiducia nella città, purtroppo aggiungiamo noi, ma da meccanismi che in questo caso non ci riguardano.

Cofferati, in questi anni, ha rappresentato una delle varianti di governo della politica del PD. Se Veltroni come sindaco di Roma era per una politica inclusiva, intesa a recuperare le contraddizioni e normalizzarle, Cofferati ha rappresentato il neo-bonapartismo, insistendo sulla dimensione di esclusione. Ovviamente sia la prima variante che la seconda erano tutte interne a logiche di mantenimento e di rafforzamento dei ceti sociali benestanti e attente a favorire le dinamiche dei poteri forti. Si è giocata una partita nazionale su quelle due ipotesi. La crisi di consenso di Veltroni rende ancor più importanti le posizioni di Cofferati rispetto al modello politico nazionale.

Cofferati, pur governando una città di media grandezza, è riuscito a rappresentare una alternativa al dilagare della “nuova destra del nord”(1), creando un modello nazionale, ripreso dalle stesse giunte di centro-destra.

Tutto questo ponendosi in molte occasioni anche in frizione con determinate forze storiche legate alla sinistra come la CGIL. La dimensione del sindaco sceriffo era, e non solo sul lato simbolico, una risposta al montare del problema sicurezza, che sebbene indotto per innescare una “sempre verde” battaglia tra le fasce popolari, rimane un naturale strumento delle fasce dominanti per governare i processi di crisi e le modificazioni del territorio. Mentre nelle maggiori città italiane questo è stato conseguito dalla destra, a Bologna abbiamo avuto un sindaco che ha aperto alla sperimentazione di un modello di sinistra securitario (che ha fatto scuola tra i principali sindaci di centro sinistra, ma che ha riscosso consensi anche a destra). La giunta Cofferati non può essere assimilata a quelle precedenti, in quanto si è posta prioritariamente il piano della gestione della città, cioè ridisegnando gli spazi di potere ecomici e urbani, assecondando il clima di neo-federlismo, che tra poco investirà tutto l’arco amministrativo istituzionale italiano.

Quindi Cofferati non è solo il sindaco di Bologna, ma rappresenta un modello più generale. Modello che ha avuto anche una sua sperimentazione sul terreno prettamente politico delle alleanze. Il Cinese è riuscito di fatto a svuotare i partiti di sinistra creando un vero e proprio “partito del sindaco”, basti pensare ai diversi smottamenti che si sono susseguiti dentro i verdi, il pdci e il prc. Facilitato da una politica suicida di questi stessi soggetti che prima lo hanno eletto a salvatore della patria per poi degradarlo a male assoluto, hanno dimostrato ancora una volta di essere incapaci di offrire una politica indipendente rispetto ai blocchi sociali dominanti. Lo stesso legame con il PD locale ha subito in questi anni diverse frizioni dovute alla politica neo-bonapartista del sindaco, che scavalcava le vecchie gerarchie di potere del sistema partito-cooperative-sindacato emiliano, offrendo una via diversa pensata per una società emiliana in forte trasformazione e cambiamento. Ovviamente stiamo parlando di processi, sarebbe illogico guardare la realtà in modo schematico e individuiamo nella gestione Cofferati una tendenza generale in atto. Basti pensare alla fase di estrema personalizzazione della politica, conseguenza di un minor potere delle fasce lavoratrici sulla società, che stiamo vivendo e che Cofferati incarna da “sinistra”.

Con la sua uscita crea inoltre un “gioco di sottrazione” ossia rende di fatto sterili quelle opposizioni che avevano fatto dell’anticofferatismo il loro credo. E’ scontato che vi sia da parte di diversi settori di sinistra in città una gioia improvvisa, in quanto si crede che questo riapra un dialogo e una collaborazione con un PD più ragionevole. E’ triste dover constatare ciò in quanto non si percepisce come il vecchio sistema sia definitivamente in via di declino e la novità di Cofferati non ritornerà indietro, si trasformerà e sicuramente procederà in avanti.

Il balletto a cui assisteremo tra le forze di centro sinistra sarà dentro questo equivoco di fondo. Non accorgersi che non sarà mai come prima, che guardare al vecchio non paga, potrà forse permettergli di sopravvivere, ma sarà solo un rimandare la fine. Non siamo mai stati a favore dell’accanimento terapeutico, ma per una liberatoria eutanasia.

Piuttosto bisognerebbe domandarsi perchè il modello Cofferati in realtà è percepito in modo positivo dalla stragrande maggioranza della città, modello che risponde al clima che si respira oggi nel paese, stretto tra processi di crisi e una isterica paura che sfociano in dimensioni comunitariste e di terrore verso il diverso, visto come un usurpatore della propria cittadella.

Di fronte alle modificazioni urbane e produttive della città, la sinistra ancora una volta guarda indietro, cullandosi nella nostalgia del “buon vecchio mondo antico” non assumendosi le sfide del presente. Sfide che ci portano a ragionare sui nuovi flussi migratori, sulla nuova composizione di classe, su una precarietà sociale che diventa paradigma principale di intere fasce sociali sia sul terreno lavorativo che territoriale, il tutto accompagnato da crepe sempre più vistose dell’attuale sistema produttivo-finanziario. Di fronte a queste sfide, che impongo un maggior livello di analisi, inchiesta, progetto e fantasia organizzativa è inutile riproporre discussioni in merito alle politiche delle alleanze tra strutture, per lo più percepite come forze politiche residuali in città, ma è necessario puntare su ciò che oggi può davvero interagire con il territorio e con i lavoratori a Bologna, dando nuova linfa a un modello che metta al centro l’interesse e l’utilità di classe, qui intesa come unità, indipendenza e organizzazione, rispetto a una serie di postulati etici fuori dalla realtà e legati al mondo dei filosofi.

Anche se Cofferati se ne va, il modello rimane, e le sue soluzioni pure. Ci auguriamo che la sinistra si liberi da quel meccanismo micidiale dell’essere anti, che fa si che si debba vivere l’azione politica sempre in rinculo ad un'altra, mai quindi con una propria capacità di offrire un piano e un progetto di indipendenza. Noi dal nostro osservatorio continueremo a cercare di ampliare il dibattito mettendo al centro l’analisi e l’inchiesta come metodo per sviluppare un marxismo del XXI secolo e per favorire tutte quelle realtà che si porranno direttamente il problema dell’organizzazione diretta di classe, il solo terreno oggi dove direttamente la sinistra può ricostruirsi una vera internità e legittimità di classe.

(1) Si intende ovviamente non i cascami neo-fascisti, ma le tensioni comunitarie, liberiste, razziste che attraversano i principali partiti nel nord italia, che trovano l’epicentro nel PdL e la Lega ma hanno un larghissimo seguito anche dentro il centro sinistra

Diego Negri
Associazione Politica e Classe-Bologna

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