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Addio compagne

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(Memoria e progetto)

Roma: Appello a tutti i comunisti

(8 Settembre 2008)

il documento allegato è un appello promosso da alcuni compagni che, in epoche diverse, hanno militato nel PRC, per uscirne a seguito delle "svolte" governiste e opportuniste susseguitesi negli anni. Dopo l'esito imprevisto del VII Congresso, si ritiene che si siano prodotte le condizioni per riaprire anche in quella direzione una dialettica indirizzata al processo costituente di una forza politica comunista, alternativa al bipolarismo borghese e antidemocratico in cui sia il PD che il PDL intendono ingabbiare il dibattito e la rappresentanza politica. I promotori dell'appello si impegnano ad organizzare quanto prima un'assemblea a Roma.

In questi anni molti di noi hanno seguito il percorso della fuoriuscita dal PRC, a causa, soprattutto, dello snaturamento che questo partito ha subito ad opera di un gruppo dirigente che è andato via via assumendo posizioni sempre più lontane dalle ragioni e dagli obiettivi dei comunisti. Un gruppo dirigente, inoltre, che, forte anche di una maggioranza interna piuttosto consistente, applicava modalità di gestione del partito verticistiche e sostanzialmente antidemocratiche.

Il segno marcatamente “governista” e la progressiva affermazione di tematiche fondamentalmente interclassiste e subordinate alle esigenze del capitale nelle linee programmatiche che questo stesso gruppo dirigente ha imposto in questi anni, ha prodotto una diffusa demotivazione di tanti compagni, che già incontravano difficoltà materiali, anche di carattere personale, nel realizzare la propria militanza.

Questo insieme di militanti, ai quali ci sentiamo di appartenere, ha comunque cercato di proseguire l’esperienza politica attraverso altre forme, in altri partiti e movimenti comunisti, nelle associazioni, nei sindacati.

Ci rivolgiamo verso tutti questi rivoli in cui il movimento comunista si è diviso, a tutti coloro che in questi anni hanno ricercato uno sbocco possibile ed un rinnovamento della loro militanza, uno strumento concreto di realizzazione della lotta politica. Lo scopo principale che hanno di fronte tutti questi “spezzoni” e che costituisce anche la ragione principale di questo appello, è l’ Unità dei Comunisti.

Dopo la sconfitta elettorale dello scorso aprile, si sono aperti innumerevoli processi “costituenti” e di “ricostruzione” del movimento comunista, all’interno e fuori dai partiti, nessuno dei quali, però, almeno ci pare ha la possibilità di concretizzare da solo un progetto realizzabile in tempi non secolari. La fase che si apre dopo il congresso di Rifondazione Comunista ci appare come quella più congrua e dalle basi più solide per riaprire finalmente una prospettiva seria di lavoro.

Permangono, comprensibilmente, le perplessità, in gran parte dettate dal fatto che il gruppo dirigente che si è imposto è stato comunque partecipe del negativo processo di trasformazione del partito di cui parlavamo poco sopra; permangono i dubbi suggeriti dalla constatazione che molte delle personalità che sono ora alla guida del partito hanno ricoperto ruoli istituzionali importanti e che attualmente ancora molti esponenti fanno parte del sottobosco di potere negli enti locali in virtù delle ormai obsolete alleanze “unioniste”, pre-Partito Democratico.

Ma occorre basarsi sui contenuti, che in questa fase vanno ritenuti fortemente innovativi, dei documenti programmatici con cui queste componenti si sono imposte alla guida del partito. Ci sembra che esistano le fondamenta per iniziare a ricostruire una strumento politico organizzato per ricominciare ad essere presenti sul territorio, nei posti di lavoro, nelle scuole, in tutte le realtà sociali, con le modalità che ispirarono la nascita del movimento per la rifondazione comunista.

La centralità della battaglia sul reddito, della lotta contro la precarietà, della lotta per il rispetto dei diritti del lavoro, contro tutte le forme di razzismo e sessismo che si stanno imponendo nei modelli culturali imperanti, del rigetto di qualsiasi alleanza politica con il PD, a seguito della constatazione dell’impossibilità di conciliare le politiche di questa “destra tecnocratica” con un programma comunista, del rifiuto della concertazione e del rilancio della conflittualità come parametro costante della lotta sindacale, sostenute da uno sforzo per ricostruire l’identità comunista del partito, la sua costante presenza e rappresentatività nelle realtà sociali e territoriali, sono finalmente riaffermate con una certa forza e chiarezza nell’ordine del giorno con cui si è concluso il congresso.

Queste fondamenta, però, debbono essere consolidate, ispessite, allargate.

Vi sono parecchi ostacoli che si frappongono e che permangono rispetto a questo cambiamento di rotta, ostacoli posti in primo luogo dalle componenti bertinottiane e continuiste, che vorrebbero, sotto un artificioso processo di costituente di “sinistra”, costruire le premesse di una nuova alleanza con il PD; ma un rischio potenzialmente maggiore è dato proprio dalle conseguenze di quello snaturamento che si è applicato in questi anni, che ha costruito una rete di privilegi e compromessi nel potere locale e nel sottogoverno, di cui beneficiano anche quelle componenti che ora si propongono il cambiamento e che potrebbero innescare delle forti resistenze al processo di trasformazione, per impedire il dissolvimento di queste sacche di piccolo potere e dei vantaggi personali che ne conseguono. I proponimenti congressuali, di fronte a questi impedimenti ed intralci, potrebbero restare lettera morta e non avere una traduzione reale, anche in conseguenza della debolezza numerica delle componenti che hanno vinto il congresso.

Queste valutazioni ci inducono a credere che sia possibile e doveroso fare un tentativo di dialettizzarci con questa fase di possibile trasformazione del partito, sia dal punto di vista organizzativo che dal punto di vista politico, per riedificare ciò che si è perso in questi anni, in termini ideali e materiali.

Questo tentativo, però, ha bisogno dello sforzo e del contributo di tutti coloro che si richiamano all’ideale comunista, del loro lavoro, della loro passione, esercitati nella consapevolezza di essere sostenuti da un minimo di struttura organizzativa, capace di coniugare le potenzialità di lotta con la democraticità del suo funzionamento e la libertà d’azione e di parola di cui sentiamo la mancanza da troppo tempo.

Il lavoro da fare sarà sicuramente anche quello di contrastare le manovre che saranno attuate per fermare o ritardare il rinnovamento in corso, facendo al contrario in modo che i processi di “chiarificazione” delle diversità di posizione siano sempre più evidenti, che possano anche giungere alle estreme conseguenze, tra chi intende liquidare l’autonomia e l’indipendenza politica dei comunisti e chi quell’autonomia e indipendenza intende, invece, ricostruire e riaffermare. Occasioni per ottenere questo chiarimento saranno sicuramente le decisioni che dovranno essere assunte rispetto alla opportunità di mantenere le alleanze nei governi locali e nei confronti delle prossime scadenze elettorali.

Proprio rispetto a queste ultime, che si presentano ancora una volta con il possibile ricatto dello “sbarramento”, dovrà evitarsi di riproporre aggregazioni spurie, pateracchi verticistici di recente memoria. Anche qui l’Unità dei Comunisti, aldilà delle attuali appartenenze e collocazioni, deve rappresentare la misura con cui ci si presenta alle scadenze elettorali: liste comuniste unitarie per l’Europa, per la regione, per la provincia, per il comune, liste caratterizzate dalla adesione imprescindibile ed omogenea ai simboli, alla storia, agli ideali di trasformazione sociale, anticapitalisti, antiliberisti che sono propri dei comunisti. Liste aperte ai movimenti di lotta, ai lavoratori ed alle lavoratrici, più che ai sempiterni e immarcescibili “dirigenti”, oltre che – naturalmente – caratterizzate dalla piena autonomia, politica e programmatica, dal PD e da ogni altra forza subalterna al bipolarismo e alla logica dell’alternanza.

Un altro terreno di lavoro che dovrà essere affrontato è quello sindacale: mentre la CGIL effettua le sue inevitabili scelte, cioè quelle di affiancarsi alla politica della destra tecnocratica, il PRC, se vuole davvero portare a termine coerentemente il cambiamento di rotta (e non limitarsi ad una correzione parziale e puramente cosmetica), deve pronunciarsi in maniera chiara ed inequivocabile rispetto alla necessità di ricollocazione unitaria di tutte le forze sindacali anticoncertative, sia interne (FIOM-Rete 28 aprile) che esterne (sindacalismo di base) ai sindacati confederali, per far sì che si apra finalmente una stagione in cui queste forze possano svilupparsi e costituire un interlocutore valido sia del partito dei comunisti, sia soprattutto, dal punto di vista sociale, dei lavoratori di tutte le categorie, che, non dimentichiamocelo, stanno già sopportando le pesanti conseguenze della recessione economica.

È necessaria, in questo senso, la costruzione di una forte azione comune tra tutte le forze politiche e sindacali anticoncertative e va evitata qualsiasi dispersione di energia che possa conseguire dalla separatezza, che appare in questo momento segnatamente ipocrita, tra iniziativa politica ed iniziativa sindacale (si pensi alla possibile e deleteria concomitanza, in autunno, tra convocazione dello sciopero generale il 17 ottobre e manifestazione unitaria dei comunisti preventivata per i giorni immediatamente successivi).

Contestualmente, va rilanciata la mobilitazione del movimento No War, contro le basi N.AT.O. e U.S.A., per la drastica riduzione delle spese militari, per il ritiro delle truppe italiane da tutti i fronti di guerra, dall’Afghanistan al Kosovo, dal Libano all’Iraq; una nuova stagione di mobilitazione pacifista, internazionalista ed antimperialista, a fianco dei popoli in lotta per la propria autodeterminazione, a cominciare dal popolo palestinese e dalla sua resistenza contro l’occupazione militare e coloniale sionista.

La proposta finale è, quindi quella di aprire sin da ora un confronto serrato, con i presupposti che abbiamo tentato di chiarire, per avvalersi al meglio di questa fase e per dare forza e stabilità al progetto di evoluzione positiva che il Partito della Rifondazione Comunista sta tentando di darsi, per riproporre quanto prima sulla scena politica di questo paese la presenza di una forza comunista ben caratterizzata, autorevole, influente ed incisiva. Un progetto di evoluzione, dunque un processo costituente dal basso, che si alimenti del coinvolgimento, della partecipazione e del protagonismo dei compagni e delle compagne. Un processo costituente misurato sulle necessità dell’oggi e del domani, strettamente intrecciato con la realtà sociale e di classe, tanto lontano dalla riproposizione ideologica di estenuanti rituali di educazione metastorica delle masse, quanto in sintonia con i bisogni di liberazione ed autodeterminazione che innervano i movimenti di questo primo scorcio del XXI secolo.

Roma, settembre 2008

Primi firmatari:

Giuseppe Badulati – Giovanni Ciccone - Ettore Davoli – Paolo Di Vito – Paolo Gentile - Letizia Mancusi – Germano Monti – Lorenzo Praticò – Serafino Quaresima - Maurizio Rossi

Per aderire e partecipare: comunistiforever@libero.it

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