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Dio come sono caduta in basso

Bertinotti, Vendola, Giordano, Migliore… Rossanda, Parlato, De Francesco, Zolo… La banda del buco…nell’acqua sporca

(30 Luglio 2008)

La prossima volta che vi si dice che in Italia c’è il bipartitismo, chiedete il riconteggio.
(Mickey Z di “Debate This”)

Hai l’intestino pigro, fai fatica a digerire i rospi, l’acidità ti brucia lo stomaco, ti tormentano i riflussi? Prendi il cachet Parlato, infilati la supposta Rossanda, tracanna un digestivo Polo, sciroppati un beverone Sgrena, prendi i fermenti De Francesco. Insomma, strafatto di “ manifesto”, vedrai che digerisci ogni cosa ed evacui solidissime certezze. Il “manifesto” imita sempre più da vicino le depravazioni mediatiche di regime e così riesce ancora una volta a essere più brutto di prima: sparita la cultura, per quanto astrusa e spocchiosa fosse, squadernati sconfinati articoli su due pagine che spaccano i titoli e le facce e richiedono un’apertura alare da gomiti negli occhi al passeggero a fianco, rubati a “Repubblica” i suntini per lettori pigri e al “Corriere” i funebri numeretti su fondo nero, ridotta a misura di cacchette di mosca la corrispondenza con i lettori, inutile se non quando rende omaggio ai facitori di questo ibrido pastrocchio giornalistico, aperto ogni numero con le insulsaggini disperatamente non spiritose dell’ex-coprologo Luttazzi…

Sarebbe il meno. A ogni ricorrenza di crisi, interna o esterna, del giornale di cui non si può fare a meno (e quelli se ne approfittano), la direzione pignucola un po’ , succhia qualcosa all’ingrato lettore colpevolizzandolo, invoca gli dei e cambia veste. Ti sembra di girare su una giostra: una volta sul cavalluccio, una volta in carrozzella, una volta nel girello. Poi arrivi sempre al punto di partenza. E anche la musica non cambia mai. E così le 12mila o 15mila copie restano quelle. Anche quando i potenziali lettori potrebbero essere i centomila che sfilano in corteo. Oggi, poi, che il gemello scemo “Liberazione” annaspa con Veltrendola verso la sponda salvifica dell’Altra Destra, che il sovrano-becchino affoga, speriamo per sempre, tra le lacrime, le ovazioni di ex-sudditi in preda a delirium tremens, quali praterie si aprirebbero al “quotidiano comunista” meno comunista nella storia delle aporie umane! Sciolto, dopo la nemesi elettorale e sociale e l’autodafé del congresso, dall’abbraccio mortale con la ciurmaglia anticomunista del cabalista gabbamondo Bertinotti, dell’ossimoro Vendola, nefasto privatizzatore della Puglia e della sua acqua (visto come entrambi i tossici rospi, schiacciati, ancora schizzassero veleno?), e del muselide nel formaggio Grassi Claudio (che, spiritoso, ha giurato di NON essere un traditore), “il manifesto” sbarella vistosamente alla ricerca di un baricentro. Intanto passa il tempo e scaccia lettori proseguendo imperterrito sulla strada lastricata dalle megatruffe del nemico di classe e dei popoli.

Le praterie del “manifesto”

Praterie incenerite e desertificate con accanimento degno dei suicidi di massa dei lemmi australiani, o di quei fanatici di Masada, una specie di Al Qaida ebrea (un’anticipazione?), che si favoleggia si fossero tuffati da quel picco per non soccombere al laico pluralismo romano. Cito a caso fatti e protagonisti di questa autodistruzione: ne ho qui una pila che, in due mesi, è arrivata dal pavimento alle ginocchia. Nell’insieme, un vero coretto parrocchiale di accompagnamento allo tsunami della mistificazione padronale e imperialista mondiale, un’iniezione di cemento nelle crepe che le sempre più manifeste balle di Stato aprono nella coscienza collettiva, un ipnotico che neutralizza la sveglia dataci dalle mazzate in arrivo dal guitto mannaro e dai suoi succedanei “di centro e sinistra” nel brodo primordiale del clericofascismo veltrinottizzato. Il tutto avvolto nella scintillante stagnola di un’educata dialettica civile, straripante del moderatismo delle lobby interne, pariolina, cattolica, ebrea, ongista. Confermano e rafforzano (da sinistra ed è questo il crimine) i falsi stereotipi, le megatruffe di chi ci si fotte, epperò tuonano contro gli smarrimenti-cedimenti delle già vezzeggiate “sinistre” e rilevano le cattiverie di chi si mangia vivi i lavoratori e i popoli. E’ il terreno di coltura dal quale fioriscono poi, liberatisi delle ambiguità d’origine, i Riotta, i Barenghi, le Annunziate, le Maiolo, i Mineo (pur sempre cari alla chioccia Rossanda)…

La lucida equità di Valentino Parlato

Emerge per pigra inconsapevolezza e fastidiosa supponenza l’immarcescibile capofila della gerontocrazia manifestina, Valentino Parlato. Al quale, se solo non voltasse lo sguardo sistematicamente dall’altra parte, basterebbe la risposta delle due foto in capo a questo pezzo. Una risposta da incenerire le sue miserie politico-morali. Ancora insiste nel redarguire lettori per lui imbecilli e ovviamente antisemiti poichè azzardano per Israele quei boicottaggi che liberarono i nativi sudafricani da un’apartheid che sta a quella dei nazisionisti come il napalm sta all’uranio impoverito. Si stizzisce Parlato perché un lettore ha dato del “Quisling” ad Abu Mazen, il burattino di USraele che dall’ira del suo popolo resistente si protegge con una guardia pretoriana comprata, armata e addestrata da massacratori Usa. E, tra un abbraccio con il boia Olmert e l’altro, incarcera e tortura gli avversari politici. I suoi protettori? Generali e spioni che si sono fatti le ossa eliminando l’Iraq e un milione e mezzo di suoi cittadini (più quelli tolti di mezzo dall’embargo e fanno tre milioni). Spande le sue vacillanti ali protettive sui sopravvissuti olocausteggianti dell’olocausto, Valentino Parlato, mentre il popolo di Gaza viene decimato come neanche Riccardo Cuor di Leone ad Acri (tutti indistintamente gli abitanti sterminati), mentre si arriva al centoventesimo gaziano morto del male che il blocco israeliano gli ha impedito di curare in Israele o fuori. Ha voglia il sopravvissuto Michele Giorgio a raccontare da Gerusalemme le ininterrotte efferatezze di un regime che dagli aguzzini del proprio popolo tutto ha appreso e tutto pratica, tranne la brevità di quell’esperimento. Ha voglia a riferire i dati di associazioni israeliane, fuori dalla criminalità collettiva, sui detenuti bambini tra i 10mila sequestrati palestinesi nelle carceri della tortura. Ha voglia che internet tracimi di giornalisti palestinesi, premiati in Europa, ma bastonati e abusati dai pitbull israeliani, di carcerati senza processso picchiati dai secondini e minacciati di stupro delle mogli, madri, figli, di ragazzi palestinesi videografati mentre, bendati e legati, i nazisionisti in divisa gli sparano sulle gambe, di coloni che pestano scolaretti palestinesi e sparano pesticidi in faccia a contadini crocifissi sui loro ultimi ulivi, di prigionieri-cavie per esperimenti medico-farmaceutici alla Mengele, dell’acqua delle piscine coloniche sottratta alla terra e alla sete di agonizzanti senza neanche più i diritti dei neri nell’Alabama del Ku Klux Klan di “Mississipi burning”. Ha voglia la quotidiana manifestazione di un sionismo terrorista, stadio ultimo dell’imperialismo, che, mimetizzato da vittima, punta all’egemonia economico-militare del mondo, praticato con il genocidio e il controllo sulla politica estera e sulla formazione del consenso degli Stati Uniti. Hai voglia ad avere sotto gli occhi il male assoluto, quello grazie al quale un categoria di persone appropriatesi di indiscutibili “diritti speciali” annienta i diritti umani di tutti gli altri. Hai voglia, vero Parlato, e per questo anche D’Eramo, Rossanda, la catto-islamofoba Sgrena che, pur di strappare il velo a una musulmana, ne nasconde tra lacrimose righe l’ininterrotto martirio ad opere delle armate cristiane, ispirate alla loro “guerra giusta” dal catechismo di Ratzinger. Hai voglia. C’è davvero da porsi la domanda, a salutare inorridimento di Parlato, se Israele abbia il diritto a esistere. Questo Israele, in questa forma. Se abbia il diritto a esistere finchè non torna a esistere la Palestina depredata, sequestrata, massacrata, negata. Se non abbia piuttosto il diritto a esistere una comunità ebraica, semita, che conviva in uguaglianza con la comunità araba, semita, in un unico Stato multiconfessionale e multiculturale (chè etnicamente non c’è differenza, salvo gli invasori ashkenaziti europei). Certo finchè, oltre che nella destra fascistizzante, i cannibali sionisti trovano puntelli in una sinistra che dalla prima mutua i due pesi e le due misure per i suoi distinguo sui diritti umani, il male assoluto ha agio a continuare ed espandersi.

Karadzic e il pugnale di Tommaso De Francesco

Non solo Parlato. Tommaso De Francesco, il “balcanico”, costituita una specie di “coppia maledetta” con Ennio Remondino e rafforzato dalle pere tossiche di Danilo Zolo (L’arresto di Karadzic è una grande e inattesa vittoria della giustizia internazionale – quella dell’Aja! – e la fine di un incubo) dopo aver vaneggiato per anni sul despota Milosevic come meglio i pifferai di Washington e Berlino non avrebbero potuto, dopo aver contrabbandato la pulizia etnica dei narcogangster di Pristina come contropulizia etnica, avvallando l’invenzione imperialista di una pulizia etnica serba, con la cattura di Radovan Karadzic ha reso agli inutilmente deprecati squartatori della Jugoslavia il servizio più grato. Mi trattengo se definisco i suoi euforici commenti alla vendita agli eurocrati, distruttori della Jugoslavia, di un Karadzic assolutamente incolpevole se non della difesa della sua gente aggredita, da parte del presidente e prosseneta serbo Boris Tadic, la peggiore mascalzonata uscita dalla penna di questo confusionario. “Buona notizia”, “soprattutto per le vittime”, “buona notizia balcanica”, “sospiro di sollievo”, “motivo di compiacimento”: così l’esperto balcanico, il fustigatore del furto del Kosovo, si inebria della porcata grazie alla quale “l’Europa non ha più argomenti per escludere la Serbia dall’agognato (da Tadic) nell’Unione Europea”. Poi TDF, perso ormai ogni residuo di bussola di classe, divaga su stereotipi e falsificazioni tanto a lui cari, quanto smascherati dai fatti e dalla storia: le guerre in Bosnia e nel Balcani erano “nazionaliste” e “fratricide”. Si sente l’eco di una menzogna più falsa dei Protocolli dei Savi di Sion: “la Grande Serbia”, causa della carneficina balcanica. Tutta colpa degli “ultranazionalisti”, altro termine copiato dalle fabbriche della guerra psicologica, tipo i fornitori del Pentagono Ruder & Finn, Hill & Knowles, Reporters Sans Frontieres. Quelli del Saddam macinatore di oppositori nei tritacarta e gassatore di curdi, dei neonati kuwaitiani strappati alle incubatrici dagli iracheni, dei campi di sterminio serbi, di Milosevic dittatore, di Osama nelle grotte di Bora Bora, del trapanacrani Moqtada Al Sadr leader della resistenza anti-Usa, dei monaci tibetani vindici di uno Shangrilà della nonviolenza, spiritualità, amore del prossimo, alla faccia di un feroce schiavismo praticato per secoli sull’intero popolo della regione. Manca solo Padre Pio, quello che si fabbricava le stigmate e sguinzagliava gli squadristi neri per conto degli agrari contro le sedi della sinistra. Però tantissimo santo per aver sottratto ai poveri e ai creduloni e trasferito al Vaticano più fondi di quanti Marcinkus ne abbia mai potuto accumulare con la mafia e la P2 dell’attuale guitto mannaro. Non gli passa per l’anticamera del cervello manifestizzato, a TdF, che per la cattura del presunto autore della presunta strage di Sebrenica (smentita da ogni documento serio) e per l’assoluzione di Naser Oric, che invece una strage vera, di 3500 donne, uomini e bambini serbi, la compì nei villaggi attorno a Sebrenica, come già nel caso di Slobodan Milosevic, la cricca rinnegata che governa la svendita della Serbia riceve i trenta denari dell’ingresso in un’Europa delle disuguaglianze, del razzismo, di un neoprotocapitalismo più feroce del primo, dell’abdicazione a ogni sovranità di popolo. Non si avvede, TdF, che la criminalizzazione perenne dei serbi (come dei “terroristi”arabi e musulmani in Palestina, Iraq, Afghanistan, Sudan, Somalia), simboleggiata dai “mostri” Karadzic e Mladic, e prima da Milosevic, fatto morire innocente provato in carcere,
è il pegno chiesto alla Serbia perché non avanzi crediti di riparazioni e di giustizia ai criminali che l’hanno distrutta. Non si ricorda, il festante e disinvolto De Francesco, che nel ’91 Karadzic e i croati di Tudjman e i musulmani di Izetbegovic (gli unici, con l’UCK, cui spetti il titolo di “ultranazionalisti”) si erano accordati per una pacifica tripartizione e convivenza nella Bosnia? Non rammenta che furono gli USA a intervenire sul caporione musulmano perché ritirasse la firma dall’accordo e iniziasse la guerra? Guerra civile, guerra fratricida, guerra di nazionalismi, guerra della Grande Serbia? O guerra della confraternita imperialista euro-atlantica, con i suoi ascari locali, per togliere di mezzo un modello altro di convivenza umana, un impedimento all’espansione verso est, un caposaldo delle costituzioni di pace.

Fisologicamente speculare alla satanizzazione di Karadzic è poi un’ulteriore prodigio d’inversione del vero, operato da TdF: l’esaltazione in morte, in sincronismo con gli organi dell’imperialismo, del trasformista polacco Bronislav Geremek, della banda cattosionista di Solidarnosc, passato da marxista, con al potere i marxisti, al pizzo vaticano con al potere il Vaticano, pagatogli per sgretolare il socialismo reale (bruttino, ma infinitamente migliore del capitalismo) e, subito, alla passione per il mercato deregolamentato all’americana quando al potere arrivarono i mercatisti Nato, sodomizzatori proprio dei famosi operai di Danzica in rivolta.

Le 20mila donne irachene uccise che Sgrena non vede

Andare avanti è un vero tormento perché si deve ogni giorno confrontare, al di là dei tabloid e delle televisioni scandalistici e malavitosi della Grande Informazione, con quel lascito del PCI che è il “manifesto” (salvandone, con partecipazione alle loro frustrazioni, i resistenti della gloriosa tradizione di Stefano Chiarini, come Manlio Dinucci, Michele di Giorgio, Roberto Zanini e pochi altri). La perfetta omologazione con l’assassinio della verità operata da una Sgrena che non perde occasione per sguazzare nelle balle del “terrorismo islamico” e del “mostro” Saddam Hussein e che nella sua fobia antislamica sorvola sulle 20mila donne e le migliaia di omosessuali, liberi e affrancati sotto Saddam, trucidati dalle milizie del “patriota” Moqtada per non attenersi ai dettami medievali della marionetta USA Khomeini; i miserabili trafiletti del giornale sull’Iraq che riprende la deformazione in un’inesistente Al Qaida di tutta la Resistenza nazionale irachena e condivide con le fonti collaborazioniste la riduzione a 90mila del comprovato milione e mezzo di vittime civili irachene; la spocchia astiosa con la quale il giornale ha diffamato la manifestazione di Piazza Navona contro l’emergenza fascismo, realizzata nel silenzio di una sinistra abbagliata dal proprio ombelico, per la quale manifestazione “impura”un sondaggio di Mannheimer ha scoperto il consenso del 30% degli italiani; la tanto scellerata quanto stupida accettazione della mistificazione di una guerra USraeliana contro l’Iran, utile a distogliere l’attenzione dai genocidi già in atto e a presentare al mondo un Iran antimperialista, favorendone invece il complice ruolo di compare capitalista e demolitore dell’unità nazionale laica araba e del suo ultimo avamposto , l’Iraq; l’altrettanto demenziale e collateralista diffamazione di paesi e governi anticolonialisti come lo Zimbabwe di Mugabe, saccheggiato dal boicottaggio internazionale e sabotato all’interno da una’opposizione venduta a Londra, o del Sudan di Bashir, del quale si inventano massacri darfuriani a copertura dei complotti imperialisti tesi a escludere la Cina dai rifornimenti petroliferi e a disintegrare un altro grande Stato multinazionale arabo; la patetica e nuovamente fiancheggiatrice esaltazione di un Tibet dei tiranni monaci e nobili, il cui secolare schiavismo feudale viene verniciato di pacifismo, spiritualità, democrazia; le scandalose cadute di lucidità e le insensatezze analitiche nel trasporto affettivo per la virago Hillary Clinton prima, e, poi, per la prima scelta dell’elite imperialsionista e guerrafondaia, Barack-Zio Tom-Obama; l’accanimento eurorazzista, dirittoumanista e democraticista, in perfetta sintonia con le centrali della destabilizzazione imperialista, contro paesi come la Somalia e l’Afghanistan, i cui esiti apocalittici vengono in prima istanza attribuiti (vedi un indecente Maurizio Veglio, 27/7/8, su quell’inserto “Fuoriluogo” che per gli spinelli si infervora e non ha mai speso una parola sulla gestione statunitense di tutto il commercio di stupefacenti del mondo) alla condizione di società “ultraframmentate e dilaniate da decenni di conflitti interni”, con a capo Al Qaida e le Corti Islamiche, e non alla strategia staticida del colonialismo occidentale; il davvero perfido avallo che si continua a dare, a dispetto di tutte le incontrovertibili controdeduzioni, a quella grottesca montatura che è la versione ufficiale dell’11/9, lasciapassare alla necrocrazia occidentale per la sua guerra infinita e l’uccisione del pianeta (Paolo Virillo che, in “Guerre impure”, dà del “Sendero Luminoso” alle FARC colombiane, appaiate a “gang, mafie locali, paramilitari” e ribadisce con Bush: “Con l’emergere di un nuovo terrorismo …siamo di fronte a un’enorme minaccia che incombe sulla democrazia di ogni paese, non soltanto sulla testa dei regimi dell’est, del sud, del nord di dove vi pare, ma anche sui paesi democratici, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti. Contro questo il Patriot Act è una dissuasione civile…”

Sorvoliamo sulla serie di rievocazioni degli anni ’68-fine’70, puro folclore autoreferenziale di insuperabile superficialità, se non distorsione, di quel grandioso fenomeno epocale a cui “il manifesto”, inguaribilmente pici-ista a dispetto dei suoi valzer con l’ondivago e pusillanime Ingrao, “venerando maestro” del nulla, ha fornito freni e ammortizzatori. Sorvoliamo anche sulle infantili cronache della sinistra residua, basate su estemporanee esternazioni di intervistati, tipo TG sui prezzi delle mele o sul disagio degli scioperi, del noto slavofobo albanese Astrit Dakli che, per una volta, ha lasciato a casa l’ampolla di veleno da cui si abbevera quando parla di russi e di Russia. Tralasciamo, con fatica, lo schianto antiambientalista e filo-malavita industriale di Rossana Rossanda quando esalta la grande opera salva-Venezia del Mose. Sono deleterie le aporie antinquinamento dell’industrialista Loris Campetti che invoca dalla Fiat la conversione dal carburante fossile all’auto elettrica, trascurando l’ineluttabile fine di qualsiasi mezzo a motore privato, andasse anche a flatulenze, per l’ormai insostenibile impronta ecologica che, non solo i gas serra, ma un parco macchina dalla terra alla Luna e ritorno esercita su un pianeta. E non vogliamo neppure infierire su Suor Adriana Zarri, transitata impunemente da “Avvenimenti” a una smisurata colonna di “parabole” nella pagina dove le corrispondenze dei lettori sono ormai ridotte a fondi di bottiglia, tanto contano per il selettore Parlato. La Zarri, cattolicona un po’ critica, si fa linguista per deprecare l’uso del verbo “contattare”, medita su quale paese mai dell’estremo (sic) Oriente vieti alle donne di guidare l’auto e arriccia il naso sull’uso di parole volgari (culo? Stronzo? Puttana? Cazzo?) nel linguaggio di bocche e penne. Ne sentivamo la mancanza nel “quotidiano comunista”. Come della vetriolica satira di Luttazzi tipo “Sydney, il papa converte un canguro” , o “D’Alema fonda Red, Marini fonda White e Rutelli fonda beige”, o anche Israele e Hezbollah si scambiano miliziani, soldati e ricettedi cucina”, o ancora Batman picchia la madre, Robin sodomizza la nonna… Ridete, ridete. Sono risate intelligenti.

I paginoni alla page

Chi, nel “manifesto” cura i paginoni c’è da esser certi che presto seguirà le orme dei battistrada Riotta, Sofri, Barenghi, Maiolo, Annunziata e di tanti altri maturati dalle ristrettezze ideologiche e finanziarie dell’origine al grande mondo dell’informazione di gran classe. Non si pone in un articolo anche il “New York Times”, la grande signora grigia, nel novero delle fonti autorevoli? Proprio lui, il quotidiano sionista che, più di qualsiasi altro organo e più di tutti facendo uso di falsari provati, ha aizzato l’Occidente anglofono alla carneficina irachena. C’è il paginone che esalta con gigantografia di gusto ghandiano quel megacialtrone del cosiddetto microcredito che è Mohammad Yunis, quello la cui banca Grameen aiuta i poveri a indebitarsi, a scomparire, o a entrare in un capitalismo che il microusuraio definisce “incompiuto” perché ancora scarso di numeri. Alla faccia di un Marx, dell’accumulazione di plusvalore connaturato a un capitalismo necessariamente dei pochissimi ai danni dei moltissimi. Alè, tutti capitalisti ed è arrivata la felicità.

Segue il paginone sui “ragazzi del papa” con foto del Matzinger in elevazione come una mongolfiera, attornato da danzatori aborigeni, euforizzati dal perdono chiesto dal pastore tedesco per i misfatti dei suoi lanzichenecchi in tunica nera e incuranti della patente di “guida morale del mondo” tributata ai proseguitori anglosassoni dell’opera. Congruamente, nel momento in cui la Bolivia di Evo Morales è assaltata dai rigurgiti della reazione e dalle brighe USA che mettono a rischio la speranza di riscatto di un popolo, esce il paginone che illustra con raccapriccio le infamie di una prigione a La Paz nella quale i detenuti – tutti delinquenti – si autogestiscono spazi e vita. Ma Evo che fa, non vede? La reazione ringrazia. Con lo stesso equilibrio informativo, c’è poi il paginone dedicato ai radicali di “Nessuno tocchi Caino”, cari al “manifesto” quanto i cattobuonisti col vizietto missionario di Lettera 22, che apprezzerebbero le bombe sull’Afghanistan, se solo ci fossero un po’ più Ong e “società civile”. Peccato che, mentre non si deve toccare Caino, ai radicali non gliene frega niente, anzi annuiscono, se si tocca qualche milione di donne, uomini, bambini iracheni, palestinesi o afghani. E vogliamo scordarci i profluvi di celebrazioni dell’Unione Europea che scorrono per le pagine del “manifesto”, lanciati da un Tommaso De Francesco entusiasta perché, consegnando al nemico Karadzic, Tadic caccerà il suo paese nella sciagurata Unione ipercapitalista e imperialista? Lo fiancheggia tale Slavoj Zizek, già scoperto a reggere il moccolo Nato e UE che deve alimentare l’incenerimento della Serbia, con le sue geremiadi sul rifiuto referendario irlandese, definito “scoppio oscuro e irrazionale”. C’è Orsola Casagrande, altrimenti meritevole per il sostegno ai curdi turchi, che ci raccomanda un tale Ahmet Altan, scrittore, per l’infervorata spinta data al suo popolo verso il carcere europeo, il che, concorda Casagrande, “porterebbe inevitabilmente la Turchia a uniformarsi ad alcune regole e leggi standard, sia sul piano politico e dei diritti, che su quello economico”. Sarà per questo che la corrispondente, che è anche irlandologa, non ci parla più di quegli scimuniti di irlandesi che hanno votato no al referendum su quella licenza di uccidere i lavoratori, i diritti e la giustizia sociale che è il Trattato di Lisbona. Chiudo con i paginoni raccapriccianti, indubbiamente suggeriti dal complesso militarindustriale Usa, nei quali dei disturbati psichici si entusiasmano per le bellezze grafiche, le soluzioni tematiche, le invenzioni tecnologiche su come ammazzare meglio e più, di certi nuovi videogames splatter, usciti dalle scuole della violenza assoluta. Scuole che, si sottace, sono indispensabili per la formazione di militari, contractors, forze dell’ordine, al confronto con il “terrorismo” di popoli e classi non docili all’estinzione.

Il nuovo soggetto rivoluzionario di Rossanda

Lasciamo perdere gli smisurati paginoni di Rossana Rossanda, la ragazza del secolo scorso che continua a rompere i coglioni perfino da Rue Rivoli.
Solitamente sono dei bignamini saccenti e apodittici sull’universo mondo che, di passaggio in contropassaggio, ci devono comunque convincere che la “veneranda maestra” è infallibile quanto il pomposone con la mitra. Non si può però non evidenziare l’ultima, per ora, giravolta della coerente rivoluzionaria ingraiana alla quale è dedicato la parafrasi laurantonelliana del titolo. Sotto l’apertura, già foriera di lietezza, “Prove d’opposizione”, il doppio femminile del segretario chic Bertinotti esordisce trionfale in primissima pagina (noblesse oblige): “Finalmente un segnale inequivocabile (sic) di opposizione!” I bolscevichi? I bolivariani? Fidel? I maoisti del Nepal? Mumia Abu Jamal? Leggete: “…è venuto dalle diverse fondazioni che hanno raccolto lunedì scorso a Roma una folla di giuristi, impegnati dalle raccomandazioni di Giuliano Amato (sic) ad affrontare il tema della deriva presidenzialista, più che la legge elettorale (sic)”). Come? Ma è ovvio, mettendo dei paletti, i famosi paletti: va bene più poteri al premier, ma, per carità, bilanciati da più poteri delle Camere; vogliono variare la Costituzione? E noi ci immoliamo rispondendo con la barriera dell’art. 138. Quanto allo spappolamento psicosociale dei partiti, ebbene basta dare regole interne precise e verificabili. Al referendum va data minore manovrabilità (?) e lo sbarramento, perdirindina, non deve superare il 3% . E così saranno costoro, i compagni di merende Amato e il giustiziere Nato D’Alema, il portatore d’acqua Bertinotti e tutte le altre camarille partitiche, vomitate dagli elettori e perciò risuscitatesi in fondazioni, assolutamente antidemocratiche, verticistiche e opache, a salvarci dalla “deriva berlusconiana”. E già, mica sono “un pezzo di ceto politico con i condizionamenti relativi, e neanche frammenti di società civile indifferenziata. Sono livelli di paese parlante, né puramente politici, né semplicemente corporativi, che interpellano istituzioni, partiti e movimenti. Ne può venire una vivificazione degli uni e degli altri”. Insomma, il vero proletariato, il soggetto rivoluzionario, stanno lì, nei salotti e tra i broccati delle fondazioni. Ma pensa, era l’uovo di Colombo, dalla classe operaia alle fondazioni, a D’Alema, Giuliano Amato e le loro banche. Poveri plebei, non avevate visto che sta là il sol dell’avvenir? E anche le brioches. C’è addirittura la benevolenza di Calderoli, affettuosamente ricordato da Rossanda per avere, l’esperto di porcate e xenofobia, detto solo “ni” alla grande rivoluzione delle fondazioni. “Fuori dalla tv appare fin riflessivo”. Ricuperato anche Calderoli!

Il PCI rimpianto da Zolo

Tutto questo spostamento progressivo del degrado, perfettamente in parallelo con quello delle sinistra italiana, trova un punto di riferimento politico e addirittura antropologico nell’editoriale del direttore Gabriele Polo (27/7/8). Ripiegandosi sulle radici sempre riaffioranti del collettivo guidato da Ingrao verso il sincretismo tra oligarchismo PCI e inesorabile deriva moderata, percorsa però con gli altezzosi distinguo del grillo parlante, Polo apre sentenziando “Il comunismo italiano non ha fatto nulla per meritarsi l’epilogo cui sembra costringersi in questo inizio di secolo. Non i crimini e le illibertà staliniane (quanto alle illibertà avremmo voluto vederlo al potere, dopo averne viste di trucide come partito), né le burocratiche oligarchie del grande Est”. Né le burocratiche oligarchie??? Andiamo avanti in questo Amarcord, quando si sbatte il cranio contro il presente, si tende a guardare e scivolare indietro. “Il PCI era riuscito a rinnovare se stesso , a condizionare la politica nostrana…. E aveva mantenuto aperto il rapporto con i movimenti… con una dialettica continua con le altre parti del movimento operaio, mai chiuso nel guscio istituzionale e in pulsioni settarie… virtù progressivamente sfumate, per poi essere gettate via dall’arrendersi alle ragioni dell’avversario…” Ma D’Alema, Fassino, Minniti, Napolitano, Bersani, Bassolino e tutta la confraternita della sinistra più antioperaia della storia, da quale cazzo di nido è uscita? Ma chi le ha depositato e covato quelle uova? Mutazione genetica per passaggio di meteorite? Caduta dal somaro sulla via di Damasco? E San Berlinguer, quello dell’ufficializzazione dell’ingresso, oltreché nella Nato e nello Stato borghese sancito da Togliatti, nella peggiore cosca di regime che la malavita politica italiana abbia prodotto dopo Mussolini? Parla di dialettica e apertura ai movimenti. Si riferisce a quel Pecchioli che, in anticamera al Viminale, compilava le liste dei proscritti del ’68-‘77 che, oltre a minacciare lo Stato in cui il PCI si era confortevolmente annidato, avevano osato rivelare al mondo di che corruzione ideologica e culturale grondasse la cupola di quel partito e di cosa si dovesse fare per cambiare davvero il mondo?

Il PCR, il congresso, i topi

Mancano le parole. E mancano anche per scrivere due righe sul congresso di luglio del PCR. Sono stati mandati in piccionaia, pur tra incongrui sentimentalismi di tipo familistico, i massacratori del partito e della prospettiva socialista in questo paese. E da lì hanno subito cominciato a scagazzare su quelli sotto. Sono stati cacciati un monarca vipparolo, cinico arrampicatore e decimatore, e tutta il suo codazzo di minus habentes. Gli ominicchi, i quaquaraquà, i giullari. E’ uscito fuori uno che, perlomeno, pare un galantuomo, a dispetto della cristianamente sofferta acquiescenza praticata sotto il mazzapicchio confindustriale Prodi. Il problema è che gli sta sotto l’ascella il muselide Claudio Grassi, specialista dell’opposizione finta, quello che avrebbe baciato l’altergender Vendola se i suoi non l’avessero strappato al lubrico connubio. Il muselide ama stare nel formaggio e di formaggio dalle parti di Ferrero (a parte il solito stipendio del funzionario politico che non sa fare una mazza) pare che per un bel po’ ce ne sarà pochino. Il neosegretario lo tenga d’occhio. Tenga anche d’occhio il fan di Woytila e privatizzatore delle Puglie, che parla da azzeccagarbugli, ma prepara l’armagheddon di un partito che non ne ha saputo apprezzare, né la poesia, né il veltrusconismo, né le oscene moltiplicazioni degli iscritti. Quello che però non capisco è quell’eccitato rapimento che si diffonde in rete tra i compagni per “l’imminente rientro in famiglia di tutti i comunisti”. Con chi? Con Vendola, Migliore, Giordano e tutta la schiera degli arraffatori? Con Katia Belillo? Guardate che cosa ci ha combinato chi ha prosperato sotto Togliatti e Berlinguer. Credete che vada meglio con chi ha prosperato sotto Bertinotti, Bertisconi, Cossuttotti, Fagiolotti, Veltrinotti e chi più ne ha più ne metta?

Mondocane fuorilinea
di FULVIO GRIMALDI

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