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Gaza, Baghdad, Beirut. Pseudosinistre offrono il cappio al boia nazisionista

E – lo sapevate? - l’olocausto di Gaza avviene da cinque anni in Iraq ogni giorno

(7 Marzo 2008)

Se raccontate una bugia sufficientemente grossa e continuate a ripeterla, la gente finirà col crederci. La bugia può essere mantenuta solo finchè lo Stato riesce a proteggere la gente dalle conseguenze politiche, economiche e militari della bugia. Diventa così di importanza vitale per lo Stato usare ogni suo potere per reprimere il dissenso, dato che la verità è il nemico mortale della menzogna e, di conseguenza, la verità è il massimo nemico dello Stato.
(Joseph Goebbels)
La manipolazione dei media è oggi più efficiente che nella Germania nazista, dal momento che ora siamo convinti di ottenere tutta l’informazione che vogliamo. Questo equivoco impedisce alla gente addirittura di cercare la verità.
(Mark Crispin Miller)
Non temete il nemico, poiché il nemico può solo prendervi la vita. Molto meglio che temiate i media, poiché quelli vi rubano l’onore. Quel potere orribile, l’opinione pubblica di una nazione, è creato da un’orda di ignoranti, compiaciuti sempliciotti che fallirono da zappatori o calzolai e si aggrapparono al giornalismo sulla via verso l’ospizio.
(Mark Twain)

Boicottare i cannibali

La definizione della Palestina come “terra senza popolo per un popolo senza terra”, finzione ebraico-sionista accreditata in tutto il mondo dalla fine del’800, inizio del piano predatorio, fino al giugno 1967, quando le fiamme al cielo e la cenere al vento dei villaggi e corpi palestinesi incendiati e dispersi si videro da un capo all’altro del pianeta, sta per essere finalmente trasformata in realtà. Esponenti dell’ultima delle giunte militari impegnate nel genocidio, hanno una tale certezza di impunità internazionale da aver espresso il proprio delirio sanguinario nei termini di “faremo un olocausto a Gaza” (voce del governo). E in una loro settimana lavorativa, pur di rimuovere quanto di una dirigenza non venduta e comprata insiste a difendere il diritto alla vita del popolo palestinese, i carnefici addestrati dal ricordo di Auschwitz e frementi di emulazione, hanno ammazzato centoventi esseri umani e ne hanno ferito, mutilato, neutralizzato altre centinaia. Come si conviene agli eredi di bagni di sangue storici, per primo quello del progenitore Erode, delle loro vittime metà sono civili, bambini e donne. Effetti collaterali! Allora sono effetti collaterali anche i colpiti dal kamikaze sull’autobus. Com’è che si fa tanto casino per questi e si glissa su quelli? Ignorando che il kamikaze colpisce comunque occupanti, complici oggettivi o soggettivi di un genocidio, gli F16, occupati e perseguitati. Effetti di un meccanismo collaudato sui civili palestinesi – Puntate! Mirate! Fuoco! - dal fondatore dello stragismo istituzionale israeliano, Ben Gurion, e praticato ininterrottamente, da allora fino all’estinzione di tutti coloro che opponevano pelle, ossa, ulivi e poesia al modulo “terra senza popolo”.

Le armi proibite dell’”Esercito più morale del mondo”

E vedendo le agghiaccianti foto della gente maciullata dagli ordigni dell’”esercito più morale del mondo”, mi sono riapparse le devastazioni nei corpi dei colpiti mostratemi dai medici libanesi dopo l’invasione israeliana. Devastazioni interne, organi trituratie quasi nessun segno esterno. Necrosi che vanificano ogni imputazione. Armi nuove, segrete, proibite,chimiche, ad energia. Armi che fanno finta di niente, ma che protraggono agonia e dolori inenarrabili. Abominazioni scaturite da laboratori USraeliani, dalle psicopatie di chi deve arrampicarsi su montagne di cadaveri, solcare imperturbato oceani di sofferenza, per allontanare una nemesi che i grumi di umanità sepolti in fondo al pozzo delle sue nequizie gli fanno tuttavia percepire inesorabile. Mai come oggi è politicamente, moralmente, umanamente, giustificato e necessario il boicottaggio di queste belve. E mica solo alla Fiera del Libro che ha rimpiazzato l’Egitto con lo Stato sionista come ospite d’onore e ha ostracizzato i palestinesi. E va qui segnalato l’appello per la costituzione di un Tribunale Internazionale sulla Palestina, sul terrorismo israeliano, nell’esempio di quello di Bertrand Russell sul Vietnam (sottoscrivete a PalTribunal@gmail.com).

Brulicano le larve tra le carogne del palazzo

Intanto, una classe politica irrimediabilmente e universalmente veltrusconizzata (sono lieto che la mia crasi “Veltrusconi” abbia incontrato tanto favore) e, dunque, in una fase terminale di decomposizione che soltanto il brulicare frenetico di larve fa sembrare viva e attiva, si volta dall’altra parte, per non vedere, ma anche per occultare il proprio compiacimento. E se la talpa non ha affatto ben scavato, ben scavato ha invece la lobby. Quella che non c’è, ma che si manifesta onnipotente e onnipresente. Quella composita e compatta USraeliana che, da un empireo sopra le nuvole, manovra le sue carogne di burattini dai variopinti cappelli in testa: PD, PDL, Sinistra l’Arcobaleno, Lega, UDC, Destra (gli unici che ammettono di esserlo)… Ologrammi dell’antipolitica che ci ammorbano di putrefazione sfilando incessantemente, come carillon impazziti, il Veltroblob (“la cosa più orribile che abbia mai visto”) in testa, nei telegiornali e nei cianciaspettacoli e rovesciandoci addosso borborigmi senza senso e senza verità. Sono riusciti nel colpo maestro esemplificato al meglio dagli Stati Uniti: controllare sia l’amico che il nemico fabbricandoli tutti e due e poi facendoli giocare alla lotta di classe, o alla guerra. Il primato assoluto di una strategia che risale ai primordi della Chiesa cattolica apostolica romana, con la simultanea identificazione con i potenti (gerarchia, Salesiani, Opus Dei) e la manipolazione dei deboli (Francescani, teologie della liberazione), lo ha raggiunto il complessino terroristico Bush-Rumsfeld-Wolfowitz-Cheney-Rice-Clinton & Co. quando, coglionando il mondo intero, hanno messo in campo il pupazzo islamico Al Qaida e gli hanno lanciato contro le “armate del Bene”. Da noi, ripetizione in sedicesimo, con la sceneggiata di quello che Grillo chiama psiconano contro l’omino di burro.

L’omino di burro, il Paese dei balocchi e i ciuchini

E intanto si era fatta notte e notte buia: quando a un tratto videro muoversi in lontananza un lumicino… e sentirono un suon di bubboli e uno squillo di trombetta…Finalmente il carro (targa PD) arrivò: e arrivò senza fare il minimo rumore, perché le sue ruote erano fasciate di stoppa e di cenci… Lo tiravano dodici pariglie di ciuchini… ma la cosa più singolare era questa: che quelle dodici pariglie, ossia quei ventiquattro ciuchini, invece di essere ferrati come tutte le altre bestie da tiro o da soma, avevano in piedi degli stivaletti da uomo di vacchetta bianca. E il conduttore del carro?... Figuratevi un omino più largo che lungo, tenero e untuoso come una palla di burro, con un visino di melarosa, una bocca che rideva sempre e una voce sottile e carezzevole, come quella d’un gatto che si raccomanda al buon cuore della padrona di casa. Tutti i ragazzi, appena lo vedevano, ne restavano innamorati e facevano a gara nel montare sul suo carro, per essere condotti da lui in quella vera cuccagna conosciuta nella carta geografica col seducente nome di “Paese dei Balocchi”. I ragazzetti erano ammonticchiati gli uni sugli altri, come tante acciughe nella salamoia. Stavano male, stavano pigiati, non potevano quasi respirare: ma nessuno diceva ohi! Nessuno si lamentava. La consolazione di sapere che fra poche ore sarebbero giunti in un paese, dove non c’erano né libri, né scuole, né maestri, li rendeva così contenti e rassegnati, che non sentivano né i disagi, né gli strapazzi, né la fame, né la sete, né il sonno…Ma l’omino non rise. Si accostò pieno di amorevolezza al ciuchino ribelle e, facendo finta di dargli un bacio, gli staccò con un morso la metà dell’orecchio destro. Scusate la lunga citazione, ma che forza profetica quel Collodi! Per me, in Italia, prima di lui non c’è che Dante.

Il buonismo da rettile di Fabio Fazio

Fabio Fazio, il buonista ontologico dalla testa di uovo sodo spellato, definito dall’acuto Celentano il peggiore di tutti, si sdilinqua, pur ponendosi protervo su una cattedra più alta di mezzo metro dei suoi ospiti, in smancerosi e incongrui panegirici per Abraham Jehoshua, della triade letteraria israeliana – lui, più Grossman e Oz - sguinzagliata dalla giunta di Tel Aviv ogni qual volta alle sue zanne intrise di sangue occorre un veloce risciacquo. E quando questo puntellatore di muri di contenzione, esaurita il suo fiele contro “l’intifada terrorista”, conclude scagliandosi contro la soluzione dell’unico Stato binazionale, anatema per chi da anni lavora alla reclusione dei palestinesi in inoffensivi e non contagiosi bantustan, il marchettaro del fine settimana si precipita a farlo santo subito: Questa è onestà intellettuale. E’ appena meno farisaico di quell’ Abu Mazen che, presidente golpista di un popolo pugnalato alle spalle, per spianare il necropercorso di F16 e carri Merkava sui sopravvissuti di Gaza, rinnova la già giudiziariamente smantellata bufala israeliana di un Al Qaida a Gaza. A Jehoshua e ai suoi compari di dissimulazione, andrebbe messo davanti il concittadino Jeff Halper, la cui vera “onestà intellettuale” viene chiusa dal “manifesto” tra nefandezze giornalistiche che, pure, non rappresentano che i tentacoli della piovra USraeliana. Quel Jeff Halper che, rifiutando l’infame simmetria tra vittime che si difendono da assassini e assassini in serie che si fanno passare per aggrediti, nel progetto “Due Stati per due popoli” individua e denuncia il complotto colonialista di Israele e della comunità internazionale, con la collaborazione di Abu Mazen. Il progetto di apartheidizzare i palestinesi in uno pseudo stato bantustan composto da Gaza e tre, quattro cantoni in Cisgiordania, senza continuità territoriale. E senza tutto il resto. E già, come farebbero i razzisti sionisti a infliggere l’apartheid a quei “cani”, “scimmie”, “ragni” di palestinesi (così li potete udire e leggere descritti nell’”Unico Stato Democratico del Medioriente”) quando ci fosse uno Stato democratico per entrambi i popoli? Oltretutto a rischio di sorpasso demografico palestinese (e semita)?

L’astuto imbonitore del consumismo pseudoculturale di Rai Tre, fosse un giornalista vero, avrebbe potuto far balenare all’interlocutore ebreo ciò che Veltroni in periodico viaggio di lavoro ad Auschwitz sicuramente percepisce e accuratamente tace: il parallelo agghiacciante tra quel campo di concentramento nazista e il consimile lager di Gaza. I tedeschi rastrellarono gli ebrei polacchi e li rinchiusero dietro a una barriera perimetrale in una minuscola zona di Varsavia.
I tedeschi privarono i reclusi del ghetto di cibo e beni essenziali. I tedeschi ridussero a 241 calorie al giorno la media alimentare degli ebrei. La media per i reclusi di Gaza è al 61% del necessario. I tedeschi tagliarono servizi indispensabili come acqua ed elettricità, sabotarono l’assistenza sanitaria, infine distrussero il ghetto radendo al suolo case ed infrastrutture. I reclusi del ghetto si ribellarono e furono dai nazisti schiacciati a suon di stragi. Segnalare le differenze tra Varsavia e Gaza. Ce n’è una: il mondo onorò e onora le vittime e i sopravvissuti di quella resistenza e di quel massacro; il mondo volta le spalle all’altra parte, quando non regge il cappio del boia avallandone la diffamazioni.

Quando TDF molla la contropulizia etnica di Milosevic e s’avventura a Gaza

E qui ci mette del suo anche il “buon Tommaso Di Francesco”, di formazione (e a volte deformazione) balcanica e di depistaggi mediorientali Ho già scritto della sussunzione da parte sua dell’inversione sionista-imperialista della vicenda Fatah-Hamas a Gaza, quando TDF stigmatizza “il golpe perpetrato da Hamas”. Da anni si sapeva che era vero il contrario, già la stampa egiziana aveva pubblicato i documenti scoperti da Hamas nell’arcoriana villa dello spione USraeliano Mohammed Dahlan, capo della sicurezza del quisling Abu Mazen, che provavano il progetto Usa della liquidazione fisica della dirigenza di Hamas, quella regolarmente eletta alla guida del governo palestinese e già decimata dai rapimenti israeliani. Già l’emittente “Al Jazira” aveva condotto un’inchiesta coronata dallo stesso esito. Ma TDF, con l’orecchio ai megafoni sionisti, tirava dritto. Poi è venuta la rivista “Vanity Fair”, frivola, mondana, ma non nuova a exploit giornalistici seri e in controtendenza, a pubblicare quei documenti che dimostravano come Hamas abbia solo prevenuto il golpe dei rinnegati. A questo punto anche Di Francesco deve cedere. Lo fa in prima pagina (6/3/08), divincolandosi un po’, ma compensando la ritirata con un profluvio di derisioni e dileggi a carico della pubblicazione statunitense. Capisco l’imbarazzo.

Pasolini e la stampa di sinistra che “aballa”

E’ una vera tragedia questa “sinistra”, questa “stampa di sinistra”, che avalla (aballa!) le peggio cose confermando l’omologazione del profeta Pasolini. Omologazione veltrusconiana tra vampiri e succhiati: tutti vampiri alla fine, di prima, seconda e terza classe. Morti viventi di morte. E così “il manifesto”, ove più grave è il torto, perché più alta la responsabilità. Nel pieno dello tsunami omicida israeliano a Gaza, l’opinionista di lusso Zvi Schuldiner, con credibilità attestata dalle sue compassionevoli frequentazioni dei bersagliati dai fuochi d’artificio di Hamas a Sderot, ci spara dalle pagine nobili del “manifesto” carichi di cerchiobottismo che, come è intrinseco all’atteggiamento, comportano un colpo al cerchio e dieci, risolutivi, alla botte. Cerchiobottismo che, senza più tema di correttive intemerate del compianto Stefano Chiarini, avvolge nella vasellina la mazza ferrata del crociato sionista. Le bombe-carta “Kassam” diventano “pioggia di missili”; la politica di Hamas, ricorrendo al diritto dell’occupato di difendersi con tutti i mezzi, sancito dall’ONU, oltreché dall’etica, è criminale e sbagliata; palestinesi e israeliani pagano prezzi durissimi, e non si precisa, a parte l’abissale squilibrio nei prezzi pagati, che i secondi se li meritano in quanto occupanti e oppressori, mentre ai primi sono indebitamente imposti. Alla pari, secondo Schuldiner, Hamas, con il suo popolo decimato e i suoi rappresentanti eletti rapiti e sotto chiave senza processo, e la leadership israeliana, impegnata da sessant’anni nel genocidio, ci stanno portando su una strada senza uscita, colma di sangue e dolore. Chè, vogliamo forse avere il cattivo gusto di misurare col bilancino morti e distruzioni, ma anche responsabilità, dell’una e dell’altra parte?

Cerchiobottismo: i primatisti del “manifesto”

Schuldiner ha anche la fortuna di poter ricorrere a una spalla. Con entusiasmo cita l’europarlamentare PRC Luisa Morgantini che, recandosi con lui nella martoriata Sderot, ha ben potuto ascoltare le voci di chi subisce l’attacco dei “missili” di Hamas, accreditata tra gli israeliani “buoni” per il fatto che non critica lo Stato di Israele (criticare uno Stato teocratico fondato sul dominio della razza eletta? Non sia mai!), ma la politica sbagliata dei suoi governi. “Sbagliata”? Una politica che ha per obiettivo precipuo di sbranare i popoli di questa terra, di annichilirne i resti e di porsi come modello di Stato alla Destra avanzante del Terzo Millennio, è solo un refuso? Non per nulla, Hugo Chavez, che insieme a Fidel la sa più lunga di tutti, e come tanti in America Latina ha potuto sperimentare il ruolo di sostegno e guida che Israele ha avuto e ha per i servizi di sicurezza e di repressione delle dittature e oligarchie del Continente, ha definito la Colombia del dittatore fantoccio degli Usa, Uribe, “l’Israele dell’America Latina”. Immancabile la dilagante presenza della Morgantini e affini nel “manifesto” dall’iniqua equivicinanza sulla carneficina colonialista di Gaza. Non solo nelle citazioni dell’occhiuto Schuldiner. C’è anche nella firma che la sua “Associazione per la pace”, insieme ad altri (Arci, Cgil, Donne in Nero, Fiom, Pax Christi, Ong varie, Un ponte per…) pone sotto una lettera aperta ai candidati delle elezioni politiche. Qui, alterando ancora una volta i fattori, si parla della penalizzazione di un milione e mezzo di persone, per le azioni e decisioni di una piccola minoranza. Se credete che come “piccola minoranza” questi promotori di fiori nei cannoni degli assediati intendano la ciurmaglia di tagliagole che governa la politica e l’esercito di Israele, avete sbagliato. Riprovate. Saremmo fuori bersaglio se interpretassimo quella “piccola minoranza” come un milione mezzo di disperati, incazzati, insanguinati, mutilati che, nella stragrande maggioranza, appoggiano chi ha il coraggio e la dignità di far valere il diritto alla vita, almeno morendo in piedi, reagendo all’aggressione. I bravi firmatari insistono: Condanniamo i lanci di razzi “Qassam” in Israele da parte di gruppi armati di Hamas ed altre forze estremiste. I razzi fanno vivere la popolazione di Sderot nella paura e creano un clima sempre più ostile ai palestinesi. Davvero alle generazioni di bambini frantumati dalle bombe e granate mirate di Tsahal, incarcerati, torturati, e ai loro genitori esperti di analogo trattamento, dovrebbero rompere il cuore le afflizioni degli abitanti di Sderot, di quelle brave persone che, rubata la loro terra, distrutto il loro villaggio, sradicato le loro coltivazioni, cacciato nei campi profughi i titolari, hanno fatto fiorire quella terra? E non sono correttamente estremisti di entrambe le parti sia coloro che arrivano con le bombe, la fame e la peste, avendo dietro le salmerie di tutto il mondo, sia quelli che, soli come tonni nella mattanza, non si rassegnano a subire tutto questo, limitandosi a invocare morgantinianamente il solito dialogo tra lupo e agnello tra i battimani dei bravi signori in tribuna? Peccato che Luisa e co., mentre invocano un cessate il fuoco, non si ricordino – come si ostina a non ricordarlo nessuno – che gli “estremisti” di Hamas quel cessate il fuoco l’hanno proposto invano già mezza dozzina di volte. Ora ci aspettiamo che la simpatica combriccola di pseudo-equivicini formuli un appello anche per l’Iraq, chiedendo agli “estremisti” della Resistenza di smetterla di far vivere nella paura i portatori guantanamisti di democrazia, come anche le loro marionette nella “Zona verde” e associate milizie tagliagole a mezzo servizio con l’Iran.

Ah, quegli estremisti di Hamas!

Potrei insistere con quel gioiello di giornalismo equilibrato che questo Schuldiner da prima pagina, pagina cui non accede l’unica voce decente e competente, dopo Chiarini, che il “manifesto” abbia in Medioriente, Michele Giorgio. Quello di Hamas, “fazione dura” (?), sarebbe avventurismo militare. Hamas ha aggravato la situazione”, Hamas forza militarmente la crisi, “sono i duri di Hamas che erano disposti a una nuova invasione israeliana… Palestinesi e israeliani sono oggi vittime del gioco di scacchi tra gli Stati Uniti, sempre più attivi con la loro politica del terrore (mica quella di Israele!), Israele e la fazione militare di Hamas… il gioco sporco di due leadership criminali… il lancio criminale dei razzi…Sangue e vendetta, vendetta e sangue. Sangue e vendetta? E già, mica occupazione e liberazione, mica genocidio e resistenza, cosa vi credevate? Con la “modernità” di Veltroni e “l’innovazione” di Bertinotti, con l’equidistanza-vicinanza di pacifisti a 360 utilissimi gradi e degli avvoltoi Ong, vogliamo ancora trascinarci dietro le bubbole del diritto internazionale, delle risoluzioni Onu, della sacrosanta legalità della lotta di liberazione, di quella algerina, africana, araba, irlandese, cubana, vietnamita…? Stiamo dalla parte giusta, stiamo con i “moderati” di entrambe le parti, dividiamo a metà torti e ragioni (un po’ più della metà versus molto meno della metà). Estremisti di entrambe le parti (ma soprattutto quei terroristi di resistenti), raus!

Quei martiri di Sderot

Per raddrizzare una bilancia pericolosamente pencolante sotto il peso abnorme del sangue palestinese, questo campionissimo della mistificazione manifestaiola si precipita a Sderot al momento in cui la macelleria israeliana a Gaza raggiunge il – momentaneo – culmine. Bella mossa. Come spararti una torcia in faccia mentre stai guardando bruciare Gaza. Permette al “manifesto” del Valentino Parlato, che marchia di “antisemiti” coloro che non vogliono onorare alla Fiera del Libro di Torino lo Stato serial killer di semiti, di porre sullo stesso piano e in analoga evidenza il massacro nazistoide a Gaza, raccontato dalla vox clamantis in deserto Michele Giorgio, e le ambasce dei colonizzatori e predatori di Sderot. Costoro sono alla mercè della pioggia criminale di missili, effetto della politica criminale dell’ala dura di Hamas. Schuldiner si aggiusta la foglia di fico dell’equidistante, invocando in chiusura un negoziato serio ed equo che, solo, potrebbe rompere il circolo di sangue… Peccato che questo criptosionista non si chieda chi abbia offerto cento volte il dialogo e la tregua, venendo sistematicamente respinto a forza di assassini e atrocità disumane. Chi lo abbia perseguito invano, perfino a costo della propria dignità e della sopravvivenza del suo popolo.

Giuliana Sgrena col cappio in mano

L’epitome della giornalista piagnona epperò dotata di scudiscio a sette code in difesa dei valori occidentali, glorificata per meriti di sequestro a dispetto dei suoi deragliamenti scritti, è Giuliana Sgrena, l’eroina del “manifesto”, rapita a Baghdad dopo aver intervistato le donne di Falluja sopravvissute allo sterminio al fosforo degli Usa (senza peraltro averci mai raccontato, prima dell’inchiesta di Sigfrido Ranucci su Rai News 24, le cose che quelle donne le avevano rivelato). Giuliana Sgrena è di quella categoria di inviati, prospicua nel “manifesto”, che versano calde lacrime sulle vittime della guerra, confortando al tempo stesso le ragioni propagandistiche che l’aggressione l’hanno voluta giustificare. Così sugli “integralisti islamici” di Algeria e di tutti i paesi, così su Al Qaida, così sul “terrorismo islamico”, così sulla “società civile” afghana che vorrebbe tanto l’occupazione occidentale, solo un po’ meno bombarola. Sgrena e i suoi colleghi nel giornale non ci hanno mai spiegato come mai il “quarto uomo” della macchina che portava Calipari, l’agente Sismi e Sgrena, di cui per tre giorni loro e l’unità di crisi affermavano l’esistenza, sia poi svaporato nel nulla, mai esistito.Un patto con gli Usa che cela un passaggio inconfessabile delle trattative di Calipari con i rapitori? Una dimenticanza? Un refuso?

Alì, il chimico?

Ma Giuliana Sgrena ha dato ancora una volta il meglio di sé in occasione dell’annuncio dell’imminente impiccagione a Baghdad di Ali Hassan Majid, detto anche da lei “Ali il chimico”, come prescritto dalle centrali di demonizzazione Cia. Il tribunale che lo ha condannato è uno scherzo giuridico osceno, istituito e governato dagli Usa, nel quale gli avvocati della difesa vengono ammazzati e i testimoni sfavorevoli alla sentenza predecisa picchiati e incarcerati. Ma Sgrena si limita a deplorare che il tribunale speciale iracheno non va molto per il sottile sui prigionieri eccellenti. Gentile. Non fosse per quello, e non si trattasse di mera vendetta, la sentenza potrebbe anche passare, vero? Per Sgrena, Ali Hassan Majid è, come da copione, un criminale, uno dei più feroci esponenti del regime di Saddam. Naturalmente Al Majid, in quanto comandante in capo delle truppe irachene nel 1988, durante l’offensiva “Anfal” contro i secessionisti curdi, quinta colonna del nemico iraniano, condusse a Halabja una feroce offensiva contro la popolazione kurda… che aveva provocato secondo una stima di Human Rights Watch, circa 100.000 vittime, se non 180.000… un bombardamento di gas mostarda e di gas nervino (sarin) provocò la morte di 5000 civili… Pari pari dal “New York Times”, massimo fautore mediatico dell’aggressione all’Iraq, proprio perché motivata - secondo Bush - dal fatto che Saddam gassò la propria gente. Peccato che l’emula del “più autorevole giornale di lingua inglese”, però dichiaratamente ed entusiasticamente filo-israeliano, non abbia riportato anche l’ampio articolo sullo stesso giornale il 31/1/2004, nel quale il massimo responsabile al tempo della Cia per il conflitto Iraq-Iran, Stephen Pelletiere, confortato da altri documenti Cia, dimostra come a Halabja non morirono 5000, ma qualche centinaio di abitanti e che morirono non per un bombardamento iracheno (è provato che in quella campagna non furono impiegati aerei), ma per uno scambio di mortaio tra iraniani e iracheni. Le granate contenevano gas nervino, poi spostato dal vento verso l’infelice Halabja. Di nuovo, peccato che i servizi segreti di tutti i paesi abbiano dimostrato che l’Iraq non possedeva gas nervino, ma solo antrace, e che il gas nervino invece era in possesso delle forze persiane e da loro ripetutamente utilizzato nella guerra. Per Pelletiere e tutti gli esperti non asserviti alle diffamazioni Cia, quel gas era stato sparato dagli iraniani. Come dissero tutte le fonti sul posto e anche il Dipartimento di Stato Usa al momento del fatto. Quanto al massimo propulsore della leggenda gas-Halabja, la Ong “Human Rights Watch”, presieduta dal filo-israeliano Roth e nota per un sistematico approccio tipo due pesi e due misure nei confronti dei nemici degli Usa, delle sue 100.000 e più vittime di “Anfal” non si è mai trovato traccia. E sì che si sono dati da fare per scovare le “fosse comuni di Saddam” (esperti com’erano di clamorosi flop per le “fosse comuni di Milosevic” in Kosovo).

Inevitabilmente, spargendo vittime lungo il suo corso deragliato, Sgrena attribuisce le esitazioni Usa sull’attribuzione ad “Ali il chimico” delle nefandezze chimiche, al solito dogma dell’occidente che ha rifornito il regime di Baghdad di armi chimiche, implicando la trita patacca del “Saddam uomo degli americani” che tanto è servita a sabotare il sacrosanto sostegno della sinistra mondiale al paese aggredito. Le famose armi Usa fornite all’alleato Saddam, le avete mai viste? In quale dei milioni di immagini delle guerra Iraq-Iran, della prima guerra del Golfo, del successivo conflitto tra governativi e secessionisti sciti e curdi, della guerra del 2003, avete visto anche solo un fucile di fabbricazione Usa? Sempre e solo armamenti sovietici vecchi di trent’anni, qualcosina di est-europeo, di italiano e di francese. Giuliana Sgrena sospenda un attimo il lacrimare sui bimbetti iracheni – quelli del tutto dimenticati dell’”una Gaza al giorno per cinque anni” – e ricordi come fosse proprio l’anatema di Bush, della Cia e del consanguineo “Human Rights Watch” contro “Saddam gassatore del proprio popolo”, a fornire il pretesto per la più criminale guerra di aggressione, occupazione e sterminio del nostro tempo. Poi le permettiamo una lacrima sul fatto che, ripetendo ad usura il concetto, anche lei abbia dato una mano a quel crimine. Esattamente come ora ha offerto il cappio al boia di “Alì il chimico”. Dimmi con chi vai…

Di fascisti e “narcoguerriglieri”

Non poteva mancare, nella scia del cerchiobottismo imperfetto di Sgrena, Di Francesco o Schuldiner (cerchiobottismo che salva il cerchio e sfascia la botte) chi, approfittando dell’assenza del valido latinoamericanista Matteuzzi, s’intrufola nel giornale come Guido Piccoli, o in rete come Gennaro Carotenuto, per schizzare fango sulle FARC colombiane, a supporto di chi ne demonizza la lotta di liberazione facendone “terroristi” e “narcoguerriglieri”. Agevolando così il ruolo che gli Usa hanno assegnato alla Colombia del narcofascista vero, Uribe, quale ascaro contro i paesi e governi che si sono affrancati dal dominio imperialista, Venezuela, Bolivia, Ecuador. Nel momento in cui l’operazione controrivoluzionaria e destabilizzatrice diventa lampante, con il massacro di Raul Reyes e altri 20 compagni delle FARC in territorio ecuadoriano, al fine di sabotare uno scambio di ostaggi che stava procurando il giusto riconoscimento alle FARC ed esaltava la mediazione di Chavez, cosa fanno il “colombista” Piccoli e il tuttologo Carotenuto? Paratosi il culo con qualche biasimo al farabutto degli Usa, Uribe, tornano ad avventarsi sulle FARC, come penosamente fatto quando, all’epoca del primo scambio, fecero proprie le calunnie di Uribe su una presunta truffa della guerriglia relativa al figlio di uno degli ostaggi. Smentiti e svergognati dagli avvenimenti, Piccoli e Carotenuto non si ravvedono, ma contrappongono alla grande e generalizzata barbarie di Uribe una, più limitata e sporadica, ma sempre ingiustificata, delle FARC! Riecheggiando poi l’insinuante dubbio dei benpensanti di complemento se questo protagonista armato sia forza belligerante d’origine politica, o banda di terroristi o di narcoterroristi. Piccoli non risponde esplicitamente, ed è già una mascalzonata e un insulto a quanto tutti gli onesti e competenti sanno. Ma, con perfidia, avvolge la sua risposta al cianuro (del resto già data molte volte) nel cellophane: E’ vero: le Farc assomigliano poco ai rivoluzionari cubani della Sierra Maestra, ai sandinisti del Nicaragua e, ancora meno, agli zapatisti messicani, avendo troppe volte usato gli stessi metodi del nemico, contribuendo a imbarbarire la guerra interna… Ma il sublime della professionalità giornalistica la raggiunge questo Carotenuto quando così suddivide il bilancio delle nefandezze in Colombia: 95% a Uribe, 5% alle Farc. Ovviamente questo luminare della statistica ha battuto palmo palmo i milioni di chilometri quadrati della Colombia, non lasciandosi sfuggire neanche la più piccola delle nefandezze di ambo le parti. Scientifico. Pulitzer non avrebbe saputo fare meglio. Sapendo quali sono i termini del conflitto cubano e latinoamericano, nel quale le FARC sono da quasi mezzo secolo un’avanguardia della liberazione, a leggere queste cose viene la nausea. Precisiamo, comunque, come sia una bella fortuna che la guerriglia colombiana non assomigli ai fasulloni messicani, governati da 14 anni da un despota onanista, modellato su Zorro, il quale non ha saputo far di meglio che sabotare la vittoria presidenziale del candidato della sinistra, Lopez Obrador. Quel candidato più o meno socialdemocratico, ma certamente un’ottima tortilla rispetto al rigurgito tossico dell’amerikano Caldiron, che, alla faccia del logoro vaniloquista mascherato del Chapas, avrebbe se non altro sottratto il Messico allo schiavista Usa.

Pane avariato e vino con lo spunto

Annunciando l’edizione speciale del giornale il lunedì durante la campagna elettorale, Valentino Parlato, un altro lacrimatore sulle sventure causate dai cattivi e, d’altro canto, sdegnato fustigatore degli “antisemiti” promotori di olocausti che boicottano la Fiera del Libro, invoca l’ennesimo soccorso dei suoi lettori. Lettori, peraltro, obnubilati dalla ripetizione di stereotipi perfidi e falsi. Dice che il giornale vuole essere presente in questa campagna elettorale, anche il lunedì, per dire pane al pane e vino al vino, per dire la verità… Viste le premesse, si va verso un altro festival di patacche imperialiste e, dunque, verso un altro salasso di vendite. Basta vedere come il giornale ora pencoli verso quella quintessenza dell’impostura e del cinismo capitalista che è Hillary Clinton. Orrida ma donna. E a proposito di elezioni, scartato l’ambiguo appello del solito Campo Antimperialista ad “astenersi”, cioè ad annullarsi nella palude indistinta dei menefreghisti, mai come stavolta risalta l’opportunità di intervenire, attivamente e in modo da potersi contare, con la scheda annullata. Rifiuto esplicito e riconoscibile della complicità oggettiva con quella galleria degli orrori che si dipana dalla Sinistra l’Arcobaleno fino allo squadrista Storace. Una galleria degli orrori al cui capezzale sinistro, alla faccia di tutto, sono subito accorsi la Veneranda Maestra di Rue de Rivoli, Rossana Rossanda (solita spocchia: niente è più derisorio delle punte di astensionismo che emergono qua e là, infantile “non gioco più” mentre rotola il mondo), e il suo scudiero Parlato che fantastica di voto utile per frenare il PDnel quale tanti sono compagni. Compagni tuoi, Valentino, soprattutto se insisti col mantra filo-nazisionista dell’”antisemitismo” e col far imbrattare il tuo giornale dalle diffamazioni elaborate nei laboratori della menzogna guerrocratica. Compagni di quel Bertinotti che, preso a pesci in faccia dal restauratore veltrusconiano di un protocapitalismo in salsa fascistoide, sulla cui lista svettano i gagliardetti di generali Nato, sbirri di rango, fanatici cattolici, radicali dei diritti civili e di Israele e licantropi dell’economia capitalista, promette che se saremo forti, il PD sarà costretto a guardare un po’ a sinistra. Giusto un po’, mica pretendiamo molto. Solo un po’, come con Prodi.

I Cobas, sempre loro

Dovremmo mandare a memoria le inserzioni dei Cobas. La cantano in maniera ineccepibile agli invotabili delle spedizioni coloniali, dell’apartheid sindacale, dei contratti nazionali evirati e triennalizzati, delle privatizzazioni, esternalizzazioni, aziendalizzazioni, a massacro degli utenti paganti e a iperprofitto di una classe dirigente tutta fatta da mafiosi, scaldini, furbetti del quartierino, degli sconti del fisco (cioè di tutti noi) su salari massacrati dalle imprese, degli otto ammazzati al giorno sul lavoro e da malattie professionali, della devastazione demenziale dell’ambiente e della civiltà con Grandi Opere predatorie, del ritorno al nucleare, dell’incenerimento diossinico, della spesa pubblica dirottata a scuole e cliniche private e via dall’istruzione e dalla salute. La devono cantare, costretti in un angolo a pagamento da un “manifesto” che gli nega visibilità per non irritare i firmatari degli accordi su welfare, legge Biagi, precariato, contratti metalmeccanici e missioni di guerra. Non un candidato, non una lista da votare, dicono i Cobas. Non un candidato, non una lista.

All’armi, all’armi! Siam veltruschini…

E mentre tutta la galleria degli orrori stende la sua tacita connivenza sullo tsunami di morte con cui i più cari e democratici dei nostri alleati investono mezzo mondo, davanti alle coste libano-palestinesi alza le sue batterie di missili l’incrociatore Usa “Cole”. Pronto a dirottare quell’uragano anche contro gli irriducibili di un Libano nel quale i “nostri ragazzi” col casco blù si stanno preparando a dare corso al mandato della “comunità internazionale”. Un mandato che farebbe l’invidia dei Graziani e dei Badoglio di Libia e Abissinia, pivellini in orbace di quanto ci apprestiamo a fare noi in casco blù, dal Libano all’Afghanistan, dal Sudan al mondo, sgambettando allegri al filo dei pupari. E se Prodi, saltando a piè pari macerie di ospedali e scuole, servizi pubblici da rottamare e sfascio industriale, ci ha fatto settima potenza militare mondiale, possiamo immaginarci cosa farà l’omino di burro, il Veltroblob. Tutto questo ci renderà pezzenti, ma incrementerà il PIL. Tutto questo si chiama “sviluppo”, strumento della Banca Mondiale e del FMI per indebitare e privare della sovranità i paesi deboli e poveri, “Sviluppo” che oggi è diventato “bipartisan”, condiviso perfino dalla sedicente dissidenza interna del bertinottume. Quella fintidenza di magniloquenti rivoluzionari e, al tempo stesso, firmaioli di guerra e portatori d’acqua del regime. Coloro che se ne intendono pensano e Claudio Grassi e Alberto Burgio, poltronari parlamentari ex-“Ernesto”. Sviluppo come strumento di lavoro per la costruzione di quel consenso dei subalterni che Antonio Gramsci definisce cruciale per qualsiasi progetto di egemonia (Ugo Mattei, in quegli spazi del”manifesto” per i quali ancora ci sottoponiamo alla gogna delle sue adulterazioni). Ricordiamoci anche che questo “sviluppo”, o “crescita”, mantra che incessantemente rotola nell’ ore rotundo di tutti, dal Capo dello Stato all’antagonista dello “sviluppo sostenibile”, si incarna nelle privatizzazioni e produce ovunque disastri sociali spietati e irrimediabili che, a loro volta, esigono apparati repressivi fascisti (es. Legge Acerbo= Porcellum), comportano la Genova del G8 e successiva sfilza ininterrotta di mazzate, le condanne delittuose di Firenze, Milano, Cosenza, il soffocamento di ogni anelito di rivolta e di ogni tentativo di emancipazione.

In origine fu la guerra. Dove casca l’asino dell’omino di burro.

Siccome al centro di tutto questo sta la guerra e la politica di riconquista coloniale del Mondo, con in prospettiva lo scontro Armagheddon tra Asia e Occidente, le cadute del “manifesto” e delle “sinistre radicali”, le mistificazioni, il passivo o attivo ripetere dei falsi stereotipi fabbricati per una lobotomizzazione a fini di dominio, sono da denunciare e combattere con precedenza assoluta. Sono avvolte nella nebbia della credibilità tradita, non verificata. E’ quella nebbia che va dissipata. Se la mia casa brucia, con chi me la prendo per primo, con l’incendiario, o con mio fratello (si fa per dire) che mi impedisce di spegnere? Sempre che non voglia ricorrere al sicuramente miracologenico cadavere riesumato di Padre Pio, che spegne ogni cosa, anche il lume della ragione. Battuta? Perché, quel Bertisconi, sodale e missionario dello sbiancacervelli Massimo Fagioli, una specie di guru alla Raineesh dalle dodici Rolls Royce bianche, è una battuta? E pensare che sfottevamo Craxi per i suoi nani e ballerine.


4/03/08

MONDOCANE FUORILINEA
di Fulvio Grimaldi

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