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Fermiamo fascismo e militarizzazione

Appello per una campagna di informazione e mobilitazione nelle scuole e nella società

(31 Ottobre 2008)

B. Brecht "Quando è l'ora di marciare molti non sanno che il nemico marcia alla loro testa.

Il capo del governo continua a dipingere coloro che manifestano contro la riforma Gelmini come pericolosi estremisti e facinorosi.
Siamo dunque un Paese da mandare in galera, visti i milioni di giovani e meno giovani nelle piazze a opporsi ai tagli all’istruzione e all’occupazione nella scuola, università, ricerca e anche nei servizi a domanda individuale gestiti dai Comuni!
E’ in corso un tentativo di criminalizzazione del movimento degli studenti e del dissenso.
E’ la stessa logica del decreto del ministro di polizia Maroni sulla cosiddetta “sicurezza”, che considera centri sociali e occupazioni di case come espressioni di degrado urbano, che i sindaci di destra di Roma e Milano sono i capifila nel rimuovere.
Non è da meno La Russa, ministro della difesa, che ha affiancato i soldati alle forze di polizia nelle ronde di Stato, come se le nostre città fossero diventate luoghi da pattugliare da parte di truppe d’occupazione. Tant’è vero che il compito viene affidato alle truppe che si sono “addestrate” in guerra (in Iraq e in Afghanistan).

Così, di esaltazione in esaltazione, La Russa e Gelmini si sono trovati d’accordo per sguinzagliare in questi giorni, in 200 licei, generali e loro aiutanti, a magnificare il 4 novembre 1918, cioè la “grande vittoria“ della monarchia italiana sulle monarchie tedesca e austriaca.
In attesa di arrivare all’8 e 9 novembre, quando 21 città italiane saranno trasformate in una specie di piazze d’armi, con alza-bandiera e ammaina-bandiera, parate e sfilate militari, concerti di bande e fanfare, lancio di paracadutisti, simulazioni di assalti militari.

Il 4 novembre del 1918 ebbe fine la prima guerra mondiale, che aveva visto i soldati italiani inviati 3 anni prima ad ammazzare e a farsi ammazzare, perché la “patria” dei generali e dei potentati economici avesse più spazio in cui dominare e fare i propri affari, allargandosi ai territori di confine con l’impero austro-ungarico (altri generali e potentati economici), abitati da popolazioni di lingua e costumi diversi tra loro.

Contro la guerra e contro i responsabili della sua barbarie, in tutta Europa e in particolare in Italia la protesta popolare fu enorme e le manifestazioni di piazza imponenti. Ve ne sono ancora ricordi commoventi in decine di canzoni giunte fino a noi, nate spontaneamente dai settori sociali più colpiti, dai loro poeti e dai loro musicisti. Ma non ci fu niente da fare.
Tempo addietro l’Italia aveva sferrato anche guerre coloniali di sterminio contro intere regioni africane.

Tra il 1915 e il 1918 la guerra ammazzò 650mila italiani; ancora più numerosi furono i feriti; decine di migliaia rimasero invalidi permanenti; migliaia di soldati (che avevano disobbedito agli ufficiali o che avevano tentato di lasciare il fronte per fuggire dalle infamie dei loro ordini) furono fucilati come traditori della “patria”; furono terribili le sofferenze delle popolazioni, la miseria e la fame, la disoccupazione di massa.
Ma per il sistema di potere economico e politico italiano fu una grande vittoria: avevano reso più “grande” la loro Italia! Così, ci riprovarono vent’anni dopo e fecero 40 milioni di morti nel mondo.

Non c’era da aspettarsi nient’altro da un ministro che, poco più di un mese fa, davanti al Capo dello Stato, non esitò a ribadire la sua “fede” fascista, rivendicando l’ “amor di patria” per le milizie armate della cosiddetta Repubblica di Salò, cioè l’ultimo governo fascista, quello che nel Centro-Nord dell’Italia, dall’autunno 1943 alla primavera 1945 restò schierato coi nazisti, contro i partigiani, le popolazioni civili, i soldati italiani che avevano deciso di restare in armi per combattere il fascismo e il nazismo.
Un ministro che fa parlare della prima guerra mondiale i generali al posto degli insegnanti di storia.

Come ai tempi del fascismo, questo ministro intende portare nelle scuole, oltre che nel resto della società, la propaganda e la “cultura” militarista, finalizzandole alla diffusione di una mentalità disponibile a odiare e perseguitare il “diverso”, a trasformarlo in nemico, a vedere nemici dappertutto. Una mentalità disponibile a farsi reclutare e arruolare negli eserciti, già preparati per la “difesa della patria”, in realtà per portare la guerra d’aggressione nel mondo, come in Iraq e in Afghanistan.

E’ tempo di reagire! Per questo proponiamo che nei luoghi di lavoro, nella scuola, nell’università e nelle città ci si impegni perché da ora all’8-9 novembre si sviluppi una capillare opera di informazione e di mobilitazione affinché sia respinta una lettura militarista e fascista della storia del Novecento per ripristinare la verità storica sul passato e soprattutto agire nel presente contro teorie e pratiche xenofobe, militariste e fasciste

Ciccio Auletta Rebeldia
Ascanio Bernardeschi consigliere provinciale PRC Pisa
Salvatore Bonavoglia, RSU Scuola Normale Superiore;
Federico Giusti, RSU Comune di Pisa;
Marcello Pantani, Osservatorio sul fascismo Pisa
Antonio Piro, RSU Provincia Pisa
Stefano Spinelli Prc Toscana

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