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Scuola Diaz, picchiatori senza mandanti

(14 Novembre 2008)

Quel sistema di pesi e misure diversi al quale molta politica d’Italia appartiene, anzi ne è indiscussa protagonista, partorisce l’ennesimo mostro che divide il corpo malato in cervello e centri nevralgici sani e putrefatte escrescenze. Come fu per il Garage Olimpo di Bolzaneto anche per l’altra macelleria della Scuola Diaz, attuate a Genova nel luglio 2001 dalla Polizia di Stato, le responsabilità ricadono su alcuni fanatici picchiatori. Quelli che usavano i “tonfa” certo, per spaccare teste, mascelle, arti superiori e inferiori facendo versare litri di sangue a un centinaio di giovani manifestanti, ma secondo la sentenza del Tribunale ligure senza alcuna pianificazione dei vertici delle forze dell’ordine e del governo dell’epoca. Perciò, com’era accaduto nel luglio scorso, nessuna condanna ai De Gennaro, Luperi, Gratteri anzi promozioni e oblìo per i misfatti che riguarderebbero solo il manipolo degli invasati in divisa. Invece questa sentenza fa paura, come uno studente in viaggio per la manifestazione di stamane a Roma faceva notare telefonando al ‘Filodiretto’ di Radiotre nel primo mattino. Il giovane ha ragione perché il clima reintrodotto dall’attuale Esecutivo che è simile, se non peggiore, a quello di sette anni fa spinge proprio verso un uso sempre più pressante dell’apparato poliziesco nei confronti di ogni diversità dal proprio codificato sentire. Si tratti di studenti, lavoratori Alitalia o futuri scioperanti.

Il passaggio dal controllo alla repressione violenta può essere un conseguenza immediata, scatenato da fattori inquinanti che storici maestri di provocazione e repressione come Cossiga suggeriscono didascalicamente. Ai suoi tempi erano poliziotti con maglietta a strisce e P38, a Genova furono i black bloc e picchiatori di Celere, Finanza e Guardie carcerarie, col movimento dell’Onda per ora s’è solo provato il parapiglia dei mazzieri fascisti ma se la protesta non dovesse placarsi i “consigli” del Presidente emerito sono lì pronti a trovare terreno fertile nella smania di Stato di polizia che caratterizza il berlusconismo della terza ora. E’ dunque a Palazzo Chigi (o Grazioli) che si decide la linea di condotta dei servitori dello Stato che, se scelgono la terzietà hanno come il prefetto Mosca a Roma un’esistenza da farfalla. Il nuovo Palazzo detta regole non di servizio verso la nazione e la collettività ma servili ai progetti politici che, come nei periodi bui della Prima Repubblica, pensano a qualsiasi mezzo, anche e soprattutto illecito, per perpetuare il comando. La fregola d’una polizia manesca e manganellatrice (mai il nome del suo capo fu più rivelatore) che regola a quel modo i conti con la società civile - sia fatta di extracomunitari, rom, giovani “neoribelli” che reclamano diritto alla studio, lavoratori che chiedono un futuro - è una realtà dell’attuale politica del Palazzo.

Essa è rafforzata dall’ideologia sicuritaria e repressiva cavalcata non solo a destra ma da tutto il centro e da un pezzo della sinistra. Non è un caso che il leader dell’Udc e all’epoca Presidente della Camera Casini abbia commentato favorevolmente la sentenza di ieri con una posizione simile al sottosegretario Mantovano, per loro i Pm hanno tentato di criminalizzare i vertici delle forze dell’ordine. Né possiamo dimenticare che l’attuale punta dell’opposizione al governo Berlusconi, la dipietrista Italia dei Valori, si era opposta né più né meno come il centrodestra all’istituzione d’una commissione parlamentare d’inchiesta sui misfatti polizieschi del G8 genovese. L’attacco allo stato di diritto valido ed eguale per tutti ha dunque diversi interpreti e il pericolo che la democrazia corre passa anche per i ‘giri di walzer’ cui una sedicente opposizione ci ha abituati. Oltre naturalmente per simili sentenze che portano all’amaro fatalismo di Haidi Giuliani “Ho imparato in questi sette anni a essere pessimista, le sentenze di Genova lo confermano” e al grido di dolore d’una rappresentante dei No-global tedeschi massacrati nella scuola dell’orrore “Con questa sentenza ci sarà impunità nell’azione della polizia”. E con l’aria non meraviglierebbero riedizioni della Legge Reale, fu uno dei grimaldelli per azzerare l’opposizione trent’anni or sono.

14 novembre 2008

Enrico Campofreda

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