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Dossier informativo per la difesa del Vallone di San Rocco

Un sito di stoccaggio nel polmone verde della zona nord.

(15 Novembre 2008)

Il Vallone di San Rocco[1] interessa le zone di Miano, Chiaiano e San Carlo all'Arena, e' un impluvio naturale che si sviluppa per circa 6 Km dalla collina al centro storico.

Uno dei maggiori polmoni verdi della città che è stato martoriato da oltre 20 anni di scarichi abusivi sia nella parte verde sia nell'alveo del torrente San Rocco che vi scorre all'interno. Protetto dal decreto legislativo numero 42 del 2004 che lo definisce come area di grande pregio paesaggistico, il Vallone di San Rocco è tra le zone indicate dall'amministrazione comunale per istallare una delle 10 isole ecologiche nella città. Secondo il disegno dell'Assessore alla Mobilità e Nettezza Urbana del Comune di Napoli, Gennaro Mola, la Città di Napoli, in ottemperanza al piano di rifiuti regionale, che come ben si conosce è fondato sulla logica dell'incenerimento, ovvero lo schema immondizia - stoccaggio - ecoballe ed incenerimento; uno schema ed una logica che rifiuta, nei fatti e nella sostanza, la raccolta differenziata (la nostra regione è priva di infrastrutture per il riciclaggio) e che risulta altamente dannosa per la salute umana visto che gli inceneritori, come quelli che sorgeranno ad Acerra ed a Santa Maria la Fossa, emetteranno nell'aria diossina e polveri sottili pm10.

Le 10 isole ecologiche, una per ogni municipalità del Comune di Napoli, prevedono al loro interno oltre ad un deposito mezzi anche lo spazio per stoccare i rifiuti, dividerli e poi inviarli ai CDR per la formazione delle ecoballe. Appare evidente che, vista la continua emergenza rifiuti in Campania ed in particolar modo a Napoli, i siti di stoccaggio delle isole ecologiche si trasformeranno in vere e proprie discariche e ciò anche in considerazione del continuo sequestro degli impianti CDR campani da parte della magistratura a causa della non conformità delle ecoballe alle normative sulla tutela ambientale e sullo smaltimento dei rifiuti.

Insomma delle vere e proprie discariche nei quartieri. Per la III Municipalità, Stella - San Carlo all'Arena, l'amministrazione comunale ha individuato nell'area del Vallone di San Rocco il sito di installazione. Una violenza continua ad un ecosistema assolutamente unico nella cinta metropolitana della città, il quale deve essere riqualificato e restituito alla cittadinanza invece di restare uno sversatoio di rifiuti ed una fogna a cielo aperto. Nei fatti il disegno dell'amministrazione comunale è in assoluta controtendenza rispetto agli avvenimenti degli ultimi anni che hanno visto, anche dopo una sentenza della Corte di Giustizia Europea del 1999, una debole ma progressiva riqualificazione dell'area, come dimostra l'imminente, si spera, apertura del nuovo parco di Via Nicolardi.

Siamo di fronte ad una palese contraddizione. L'amministrazione comunale da un lato prova ad agevolare la riqualificazione ambientale della zona e dall'altra la indica come sito di stoccaggio dei rifiuti. Tutto questo mentre già allo stato attuale, e da diversi anni, le condizioni ambientali e idrogeologiche del Vallone di San Rocco sono in uno stato di assoluta gravità che mette a gravissimo rischio la salute dei cittadini che vi abitano intorno e contribuisce al degrado della qualità della vita in tutta la zona nord collinare della città.

La lunga storia dello sversamento nel Vallone di San Rocco

Utilizzato come area di manovre militari durante la prima guerra mondiale, il Vallone di San Rocco, con le sue oltre 40 cave di tufo[2], diviene nella seconda guerra mondiale un enorme rifugio anti-bombardamento per tutta la popolazione dei Colli Aminei, di Chiaiano e di Miano.

La memoria storica di un luogo "amico" dei cittadini e, predisposto con la sua fitta vegetazione e le sue cave alla protezione della vita, tramonta con gli anni '80. Da allora il Vallone di San Rocco diventa un luogo prediletto per lo smaltimento abusivo di rifiuti di ogni tipo che vengono progressivamente interrati sotto la folta vegetazione. Parallelamente si verifica che gli scarichi delle acque nere (sporche) e delle acque bianche (piovane) finiscono, indistintamente e per anni e anni, nell'alveo del torrente San Rocco che dal 2° Policlinico, attraversando tutto il Vallone, arrivando fino a Via Masoni (località Ponti Rossi).

E' la sentenza della Corte di Giustizia Europea[3] (causa C-365/97 del 9.11.1999) che chiarisce precisamente la storia dello smaltimento dei rifiuti nel Vallone di San Rocco. La sentenza giunge dopo un ricorso da parte della Commissione Europea contro il governo italiano in violazione della Direttiva europea 75/442 e della sua modifica avvenuta con la direttiva europea 91/156.

Nella motivazione della sentenza al punto 111 della Corte di Giustizia Europea si legge : " Di conseguenza, occorre constatare che la Repubblica italiana, non avendo adottato le misure necessarie per assicurare che i rifiuti scaricati nel corso d'acqua che attraversa il vallone San Rocco fossero eliminati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente e non avendo adottato le misure necessarie affinché i rifiuti raccolti in una discarica abusiva fossero consegnati ad un raccoglitore privato o pubblico o ad un'impresa di smaltimento, è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 4, primo comma, e 8, primo trattino, della direttiva 75/442 modificata.

La Corte di Giustizia Europea condanna l'Italia al pagamento delle spese: "..La Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica italiana alle spese e, poiché quest'ultima è rimasta sostanzialmente soccombente, va condannata alle spese.

Ma nelle motivazioni della sentenza viene fuori il lavoro della Commissione Europea che delinea uno scenario inquietante nel Vallone di San Rocco.

La direttiva 75/442 della Comunità Europea mira infatti ad armonizzare le normative nazionali in materia di smaltimento dei rifiuti ed in particolare ad assicurare la protezione della salute umana e dell'ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell'ammasso e del deposito dei rifiuti. A tale direttiva modificata con la 91/156 tutti gli stati membri avevano l'obbligo di conformarsi entro il 1 aprile del 1993. Il 26 giugno del 1990 la Commissione Europea ha inviato una diffida alla Repubblica Italiana nella quale veniva contestata la violazione degli obblighi della direttiva 75/442. La risposta del Ministero dell'Ambiente si ritrova al punto 12 della sentenza dove si legge:

12 Con lettera 28 gennaio 1992 il Ministero dell'Ambiente italiano ha fornito alla Commissione le informazioni seguenti:

- è emerso che, nel vallone San Rocco, sono stati sistematicamente scaricati materiali biologici e chimici provenienti dal 2_ Policlinico, con grave pericolo per la popolazione residente in taluni quartieri;

- nello stesso vallone è stato registrato un grave dissesto idrogeologico dovuto alla presenza di cave tufacee;

- una tra le cave di tufo è stata destinata, in passato, a discarica abusiva;

- tale cava, dopo essere stata sottoposta a sequestro l'8 maggio 1990, è stata riutilizzata come discarica nel maggio 1991. Per tale riutilizzazione è ancora in atto un procedimento penale a carico del concessionario.

La commissione europea prende atto il 21 aprile 1997 di una comunicazione del ministero dell'Ambiente nel quale venivano "..segnalate una serie di iniziative volte a ripristinare la situazione ambientale nel vallone di San Rocco."

Si precisava tra l'altro che:

- la cava situata nella parte iniziale del vallone, ripetutamente adibita a discarica abusiva, era stata nuovamente sottoposta a sequestro nel settembre 1996;

- le acque reflue provenienti dal 2_ Policlinico risultavano ormai definitivamente convogliate nella fogna comunale;

- le autorità locali avevano emesso sei provvedimenti di chiusura a carico di altrettanti scarichi civili;

- il servizio fognature del Comune di Napoli aveva ultimato numerosi interventi per la distruzione dei rifiuti, la pulizia e la sorveglianza continua dell'alveo;

Peccato che gli accertamenti della Commissione successivamente svolti dichiaravano tra l'altro:

"..Lo stato di inquinamento infatti sembrerebbe addirittura peggiorato a seguito di una nuova immissione di acque nere;.."

Dunque il Vallone di San Rocco è stato tra i punti più inquinati della città con discariche abusive immerse nella vegetazione ed acque di scarico del polo ospedaliero del II Policlinico contenenti rifiuti biologici pericolosi che sono finiti nell'alveo del torrente San Rocco.

Appare evidente che dagli anni '80 fino all'ultimo sequestro del 1996 il Vallone di San Rocco si è trasformato da meraviglioso contenitore incontaminato a bomba ecologica a causa delle enormi responsabilità di tutte le Istituzioni come ampiamente testimonia la condanna della corte di giustizia europea del 1999.

Dall'articolata sentenza della Corte di Giustizia Europea si evince anche che i controlli effettuati dal NOE (Nucleo Operativo Ecologico) dei Carabinieri hanno confermato che "le sostanze biologiche e chimiche versate nel corso d'acqua del Vallone di San Rocco presentavano effettivamente un pericolo per la salute e [.] comportavano un danno per l'ambiente. Il Noe dei Carabinieri certifica inoltre che ".scarichi di acque piovane nonchè scarichi provenienti da ospedali, da una clinica e da altri insediamenti, non identificabili a causa della inacessibilità della zona dell'alveo di San Rocco, confluivano nel corso d'acqua che attraversa il Vallone San Rocco."

Questa ultima affermazione è corroborata da un indagine condotta dal Comune di Napoli, richiamata nell'interrogazione parlamentare n°4-24266 del 20 febbraio 1991.

Tutti fatti che nel procedimento il governo italiano non contesta.

Inoltre lo Stato italiano non ha provveduto a smaltire i rifiuti accumulati dalla discarica abusiva sequestrata a più riprese tra il 1991 ed il 1996.

Si evince dall'incartamento che la Repubblica italiana il 2 gennaio 1997 ha inviato alla Commissione Europea dove si afferma che la Regione Campania aveva provveduto a dotarsi di una piano regionale di smaltimento dei rifiuti, e, si fa presente nella stessa nota, che il Comune di Napoli d'intesa con l'Assessorato all'Ambiente della Provincia di Napoli aveva provveduto ad istituire una commissione esterna di esperti con il compito di mettere a punto un progetto di risanamento complessivo dell'alveo San Rocco dal punto di vista geomorfologico, idraulico ed igienico.

Nonostante ciò la Corte di Giustizia Europea, accogliendo il ricorso della Commissione Europea ha condannato l'Italia per violazione dei trattati europei.

E' bene ricordare, prima di affrontare un ulteriore capitolo della storia dello smaltimento dei rifiuti nel Vallone di San Rocco, che già nel 1988 la Commissione Europea aveva provveduto a diffidare l'Italia rispetto alla situazione dello smaltimento abusivo di rifiuti nel Vallone.

Le grandi opere, la legge obiettivo e una situazione che non si sana.

Il CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) già nel 1988 con l'allora presidente delegato Fanfani, aveva previsto un intervento di risanamento del Vallone di San Rocco con uno stanziamento di fondi da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri di 57 miliardi delle vecchie lire, il Presidente del Consiglio era Ciriaco De Mita.

Ebbene ricordare come il CIPE sia stato uno dei principali strumenti di Tangentopoli rispetto alla gestione degli appalti e le relative mazzette generate dal sistema di finanziamento occulto che ha caratterizzato la "prima repubblica". Infatti lo stanziamento di 57 miliardi delle vecchie lire, che risultava come .."forfait"..da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, era inserito in un piano generale sulle grandi opere pari a 8.000 miliardi delle vecchie lire !!!

Il governo Berlusconi insediato nel 2001 assegna al CIPE lo stesso compito, e difatti il CIPE vara, supportato dalla "Legge Obiettivo", un piano di 21 strutture strategiche e 116 grandi opere, ricalcando in buona parte lo schema fatto dal CIPE nel 1988 gestito da Fanfani e dal pentapartito protagonista di Tangentopoli.

Nella "Legge Obiettivo" sulle grandi opere accanto a opere inutili, mostruose e che danneggiano seriamente il territorio come la TAV Torino - Lione, il Ponte sullo Stretto di Messina e il sistema di dighe per la laguna veneziana denominato MOSE, c'è anche una voce per gli interventi di messa in sicurezza del sottosuolo.

Vengono stanziati 31 milioni di euro per la messa in sicurezza del Vallone di San Rocco e per "..l'eliminazione dall'Alveo di San Rocco degli sversamenti provenienti da scarichi non controllati e, talvolta abusivi [...] interventi risolutivi, in quota parte, delle gravi problematiche igienico-sanitarie a carico dell'Alveo San Rocco"[4].

L'intervento viene varato con delibera del CIPE 113/2002 del 29 novembre 2002, in seguito, il 29 novembre 2003, viene varato il progetto definitivo che viene aggiudicato dal Commissariato Straordinario per l'emergenza sottosuolo a Napoli il 2 ottobre 2003.

Il Commissariato Straordinario per l'emergenza sottosuolo a Napoli è uno dei tanti commissariati straordinari, dunque con poteri speciali e procedure brevi, attraverso cui si governa la Regione Campania: in piena emergenza !!

L'intervento in oggetto, così come specificato anche dal CIPE, risolve in parte la questione degli scarichi e dell'inquinamento del Vallone. Infatti l'intervento prevede che al limite del Vallone ad est, presso Via Masoni, venga costruito un collettore delle acque nere che porti poi gli scarichi al depuratore di Volla. La stessa fogna a cielo aperto che è diventato l'alveo del torrente San Rocco parte sostanzialmente all'altezza del II Policlinico attraversando la zona dei Colli Aminei fino ai Ponti di Via Vecchia San Rocco e Via Nuova San Rocco. L'intervento del Commissariato Straordinario per l'emergenza del sottosuolo a Napoli, parte nel suo primo lotto all'altezza del Ponte di Via Nuova San Rocco, dunque grande parte del Vallone di San Rocco rimane ancora nel suo stato di inquinamento.

Anche rispetto a questo intervento il Vallone di San Rocco sembra continuare nella sua maledizione che lo vede luogo di inquinamento invece di essere restituito alla sua funziona ambientale primaria.

L'inchiesta della Corte dei Conti sullo "stato di avanzamento delle 21 strutture strategiche e le 116 grandi opere", ovvero la Legge Obiettivo, testimonia che al 15 ottobre 2004 non risultava avviato alcun cantiere, nonostante risultavano cantierati lavori per 18,86 milioni di euro, con un rapporto tra cantierato e finanziato del 60,84%.

Il CIPE aggiusta il tiro e nella Tavola di "Ricognizione sullo stato di attuazione della legge obiettivo" aggiornato al 24 ottobre 2006, segnala l'intervento sul Vallone di San Rocco finanziato per 31 milioni di euro al 13% dello stato di avanzamento dei lavori.

Nonostante le dichiarazioni trionfalistiche apparse su "Il Mattino" del 3 novembre 2002 in cui si annunciavano opere in Campania pari a 18 mila miliardi di vecchie lire (tra cui lo snodo dell'Alifana, la fondovalle Isclero, l'adeguamento della Napoli -Salerno ed il risanamento del Vallone di San Rocco) nell'ambito delle opere varate dal CIPE, in cui da parte del governatore Bassolino che parlava di "grandi opportunità di lavoro e di risanamento", il risanamento del Vallone di San Rocco attende ancora di vedere risultati concreti.

Ente Parco delle Colline Metropolitane: una funzione poco ambientale.

Dal luglio del 2004, con decreto istitutivo, si è avviata la formazione del Ente Regionale Parco delle Colline Metropolitane. L'Ente raccoglie in se immense aree verdi, il Parco degli Astroni ad Agnano, la Collina dei Camaldoli, la Selva di Chiaiano, le Masserie di Chiaiano e il Vallone di San Rocco. Duemiladuecentoquindici ettari nella parte nord-occidentale della città, pari ad 1/5 dell'intero territorio metropolitano.

Un'area immensa che deficita di gestione, progettualità, vigilanza e soprattutto restituzione alla fruibilità della cittadinanza delle aree verdi.

Mentre il Parco degli Astroni ad Agnano è stato dato in gestione al WWF e la Collina dei Camaldoli è stata perimetrata a parco ed ospita gli uffici del Ente Parco, il Vallone di San Rocco e la Selva di Chiaiano sono sostanzialmente abbandonate a se stesse.

In particolare il Vallone di San Rocco con i suoi dissesti idrogeologici (che nel 1997 portarono alla morte di un operaio nel crollo di una bottega del ferro in Via Miano costruita sul costone del Vallone) e con i suoi trascorsi di devastazione ambientale è assolutamente lasciato al degrado.

L'unico problema che si pone l'Ente Parco delle Colline Metropolitane sembra essere quello dell'utilizzo delle 40 cave tufacee presenti nel Vallone di San Rocco. Sul sito web dell'Ente Parco delle Colline Metropolitane è possibile leggere una serie di ipotesi sul come utilizzare le cave. Con enorme stupore si può leggere come tra le ipotesi di riutilizzo oltre alla "valorizzazione dei suoli agricoli" ed una "destinazione a scopi didattici" si può leggere anche di un riutilizzo come... "sito di stoccaggio di rifiuti".[5]

La contraddizione appare assolutamente stridente: un Ente che ha lo scopo di restituire dignità alle aree verdi lasciate all'abbandono o peggio vittime di scarichi di rifiuti pericolosi per decenni, propone di utilizzarne le cave come sito di stoccaggio dei rifiuti ?!

Difendiamo il Vallone!! Con ogni mezzo necessario!!

I cittadini della zona collinare e dell'area nord hanno visto messa a repentaglio la propria salute per almeno venti anni. Acque di scarico ospedaliere, discariche abusive, rifiuti pericolosi, una intera fetta di verde lunga 6 Km sottratta alla cittadinanza, devastata dagli interessi criminali e dalle inadempienze delle istituzioni, dal governo centrale fino agli enti locali.

Non tollereremo più tutto questo. L'intenzione dell'amministrazione comunale di installare nel Vallone di San Rocco un sito di stoccaggio dei rifiuti vedrà la ferma opposizione di tutte le forze sociali della zona, dei cittadini, dei movimenti, di tutti coloro che rivendicano il diritto al territorio, il diritto di scelta sulla vita dei propri quartieri, con ogni mezzo necessario.

Per questo diamo vita al Comitato in difesa del Vallone di San Rocco

per rivendicare la riqualificazione dell'intera area, la sua ridefinizione al suo scopo primario ovvero quello di oasi verde, l'assegnazione dell'area alle esperienze ecologiste ed alla cittadinanza attiva per restituirlo alla fruizione di tutti.

Così come testimoniano le mobilitazioni in difesa del territorio sempre più diffuse in Italia - dalla Val di Susa a Vicenza, da Scanzano Ionico ad Acerra - la partecipazione dal basso, aperta, orizzontale, irriducibile alla rappresentanza di questo o quel partito si contrapporrà agli interessi dei poteri forti.

Vogliamo difendere il Vallone di San Rocco perché significa difendere il nostro futuro, la nostra qualità della vita, la possibilità di vivere in un quartiere migliore, in un altro mondo possibile.

Richiediamo:

- lo sblocco degli investimenti previsti dalla legge obbiettivo del 2001 e rifinanziati dalla L.F. 2006;

- l'immediato inizio del lavori per la messa in sicurezza ambientale dell'intera area del Vallone di San Rocco a partire dal tratto denominato Vallone Saliscendi;

- la riqualificazione dell'area secondo criteri di conservazione e valorizzazione del verde per salvaguardare l'identità dei luoghi in armonia con l'ecosistema.

Napoli, marzo 2007

Note

[1] Parco a prevalente funzione agri-boschiva - definizione dal "Documento d'indirizzi" redatto dal Parco Regionale Metropolitano delle Colline di Napoli
[2] Il tufo giallo napoletano è una roccia caratterizzata da una prevalenza di ceneri a varia granulometria, con inclusioni di pomici e frammenti di lava, derivante da eruzioni di tipo esplosivo di centri vulcanici diversi, verificatesi nella caldera dei Campi Flegrei tra i 12.000 e i 10.000 anni fa.
[3] Cfr. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:61997J0365:IT:HTML
[4] L. 443/2001 - 1° PROGRAMMA DELLE OPERE STRATEGICHE RISANAMENTO DEL SOTTOSUOLO DELL'AREA URBANA DI NAPOLI: PROGETTO ESECUTIVO VALLONE S. ROCCO -1° E 2° LOTTO
[5] Cfr. http://www.parcodellecollinedinapoli.it/parco/terr-cave.htm

A cura di Global Project Napoli

Fonte

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