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Proposta di linee guida per la riforma della contrattazione collettiva

L'avviso comune sui nuovi modelli contrattuali tra Cisl, Uil e Confindustria

(11 Ottobre 2008)

Con l’obiettivo della crescita fondata sull’aumento della produttività e l’incremento delle retribuzioni, il progetto di riforma intende realizzare - con carattere sperimentale e per la durata di quattro anni, in sostituzione del sistema vigente - un accordo sulle regole e le procedure cui attenersi nella negoziazione e nella gestione della contrattazione collettiva.

Si propone un modello la cui regolamentazione è integralmente affidata all’autonomia negoziale che in tal modo dovrebbe saper cogliere le soluzioni migliori in funzione delle specificità - produttive, dimensionali, di mercato - dei singoli settori.

Si conferma un assetto della contrattazione collettiva su due livelli: il contratto nazionale di categoria e la contrattazione di secondo livello, aziendale o alternativamente territoriale, laddove previsto, secondo l’attuale prassi, nell’ambito di specifici settori.

Per quanto riguarda il contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria si prevede:

a) la durata triennale tanto per la parte economica che normativa;

b) la funzione del contratto nazionale di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore ovunque impiegati nel territorio nazionale;

c) la individuazione dell’indicatore della crescita dei prezzi al consumo assumendo per il triennio - in sostituzione del tasso di inflazione programmata - un nuovo indice previsionale costruito sulla base dell’IPCA (l’indice dei prezzi al consumo armonizzato, elaborato da Eurostat per l’Italia), depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati;

d) l’elaborazione della previsione da parte di un soggetto terzo sulla base di una specifica lettera di incarico;

e) la verifica circa eventuali scostamenti tra l’inflazione prevista e quella reale effettivamente osservata, considerando i due indici sempre al netto dei prodotti energetici importati;

f) l’affidamento al Comitato - costituito a livello interconfederale quale specifica sede di monitoraggio, analisi e raccordo sistematico della funzionalità del nuovo accordo – della verifica circa la significatività degli eventuali scostamenti registratisi. Il recupero degli eventuali scostamenti sarà effettuato entro la vigenza di ciascun contratto nazionale in termini di variazione dei minimi.

g) l’applicazione del nuovo indice previsionale ad un valore retributivo medio assunto quale base di computo composto dai minimi tabellari, dal valore degli aumenti periodici di anzianità considerata l’anzianità media di settore e dalle altre eventuali indennità in cifra fissa stabilite dallo stesso contratto nazionale.

Il contratto nazionale di categoria, inoltre, regola il sistema di relazioni industriali a livello nazionale, territoriale ed aziendale.

Il contratto nazionale può definire ulteriori forme di bilateralità, anche sulla base di specifici accordi interconfederali conclusi in relazione ad un quadro normativo che assicuri benefìci fiscali ad incentivazione del funzionamento di servizi integrativi di welfare.

Per evitare situazioni di eccessivo prolungamento delle trattative di rinnovo dei contratti nazionali, è previsto che la presentazione delle richieste sindacali avvenga sei mesi prima della scadenza del contratto.

A questo stesso obiettivo è rivolta anche la previsione di un meccanismo che, dalla data di scadenza del contratto precedente, riconosca una copertura economica, che le categorie stabiliranno nei singoli contratti, a favore dei lavoratori in servizio alla data di raggiungimento dell’accordo.

Nei casi di crisi del negoziato - e cioè se dopo sei mesi dalla scadenza, l’intesa non è stata ancora raggiunta - si prevede anche l’interessamento del Comitato interconfederale.

Viene inoltre confermato un periodo di “tregua sindacale” di sette mesi dalla presentazione della “piattaforma”, per consentire il regolare svolgimento del negoziato stabilendo che, in caso di mancato rispetto, si può esercitare il diritto di chiedere la revoca o la sospensione dell’azione messa in atto durante il periodo di “tregua”.

Per quanto riguarda il secondo livello di contrattazione parimenti a vigenza triennale - si conferma l’importanza che vengano incrementate e rese strutturali tutte le scelte operate con il Protocollo sul Welfare del 23 luglio 2007, attuate con D.M. 7 maggio 2008 e gli interventi normativi di cui all’art. 2 del D.L. n. 93/08, convertito in legge n.126/08, volti ad incentivare, in termini di riduzione di tasse e contributi, la contrattazione di secondo livello che collega aumenti salariali al raggiungimento di obiettivi di produttività, redditività, ecc. concordati fra le parti.

Si confermano le regole che presiedono alla contrattazione di secondo livello e cioè: che si esercita per le materie delegate, in tutto o in parte, dal contratto nazionale o dalla legge; che deve riguardare materie ed istituti che non siano già stati negoziati in altri livelli di contrattazione, secondo il principio del “ne bis in idem”.

Eventuali controversie che dovessero insorgere nella applicazione delle regole stabilite, saranno disciplinate dall’autonomia collettiva, in sede territoriale e poi a livello nazionale.

Qualora la controversia non trovi soluzione in sede di conciliazione, è previsto il ricorso ad un collegio di arbitrato, secondo modalità e procedure stabilite nel CCNL o con specifico accordo interconfederale.

Per gli eventuali provvedimenti da applicare, il collegio arbitrale farà riferimento alle norme di legge vigenti in materia di responsabilità riguardanti esclusivamente i comportamenti posti in essere da organizzazioni di rappresentanza.

Rispetto alla contrattazione con contenuti economici, il premio variabile sarà calcolato con riferimento ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati fra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività, di qualità, di efficienza, di efficacia ed altri elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitività aziendale nonché ai risultati legati all’andamento economico dell’impresa.

Si precisa inoltre che il premio deve avere caratteristiche tali da consentire l’applicazione degli sgravi di legge.

Per i contratti territoriali devono essere determinati criteri di misurazione della produttività, qualità, ecc., sulla base di indicatori assunti a livello territoriale con riferimento alla specificità di tutte le imprese del settore.

Le modalità di determinazione del premio in azienda devono anche assicurare piena trasparenza sui parametri assunti ed il rispetto dei tempi delle verifiche ed una approfondita qualità dei processi di informazione e consultazione.

Si prevede poi che le parti nei contratti nazionali possano concordare linee guida utili a definire modelli di premio variabile per la diffusione della contrattazione di secondo livello, anche con le incentivazioni previste, nelle PMI.

Il progetto di riforma è costruito in modo che il risultato economico complessivo per il lavoratore derivi da tre distinti fattori: a) gli aumenti retributivi previsti dal contratto nazionale; b) l’aumento della retribuzione in funzione della contrattazione di secondo livello che, in quanto collegata al raggiungimento di obiettivi di produttività ed efficienza, risulterà ancora più “pesante” essendo in tutto o in parte, decontribuita e detassata; c) l’attivazione di un “elemento di garanzia retributiva” - nella misura ed alle condizioni concordate nei contratti nazionali con particolare riguardo per le situazioni di difficoltà economico-produttiva - che rappresenta una “rete di garanzia” a favore dei lavoratori dipendenti da aziende nelle quali non si esercita la contrattazione di secondo livello e che non percepiscono altri trattamenti economici individuali o collettivi oltre a quanto spettante per contratto nazionale. Il beneficio sarà determinato con riferimento alla situazione rilevata nell’ultimo quadriennio. La verifica degli aventi diritto e l’erogazione dell’elemento di garanzia si collocano al termine della vigenza di ciascun contratto nazionale.

La proposta di riforma affida ancora alla contrattazione di settore la possibilità di consentire che nel territorio le Associazioni delle imprese ed i sindacati territoriali di categoria, possano accordarsi per modificare, in tutto o in parte, anche in via sperimentale e temporanea, singoli istituti economici o normativi del CCNL.

L’obiettivo è di consentire il raggiungimento di specifiche intese per governare, direttamente nel territorio, situazioni di crisi aziendale o per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell’area. La facoltà di modificare è esercitabile sulla base di parametri oggettivi individuati dal CCNL.

In ogni caso le intese devono essere approvate dalle parti stipulanti il CCNL.

Riguardo ai compiti affidati al Comitato paritetico Confindustria-Cgil, Cisl, Uil - il cui funzionamento sarà disciplinato con apposito regolamento - oltre alla verifica della funzionalità di quanto definito con il nuovo accordo, si prevede che possa costituire la sede di analisi e di verifica delle relazioni industriali e della gestione del fattore lavoro nel sistema industriale e dei servizi.

Circa il tema della rappresentanza delle parti nella contrattazione collettiva, nel progetto di riforma si conferma l’interesse a definire nuove regole con la disponibilità a valutare le diverse ipotesi che possono essere adottate con accordo, ivi compresa la certificazione all’INPS dei dati di iscrizione sindacale.

Sempre nella logica di realizzare un sistema di relazioni industriali meno conflittuale, si propone alle parti firmatarie di assumere il comune impegno a rispettare ed a far rispettare – nell’esercizio del cosiddetto potere d’influsso proprio delle organizzazioni di rappresentanza di imprese e lavoratori – tutte le regole che liberamente saranno definite in materia di contrattazione collettiva.

Da ultimo si conferma l’attenzione per la semplificazione/riduzione del numero dei contratti collettivi nazionali di lavoro a seguito della verifica dell’interesse delle categorie in tal senso. Le Confederazioni svolgeranno un ruolo per favorire e coordinare l’attività di razionalizzazione.

Tutti gli aspetti applicativi saranno definiti una volta raggiunta l’intesa generale.

Questa intesa che ha come obiettivo il rilancio della crescita economica, rafforza l’indicazione condivisa da imprese e sindacati per una politica di riduzione della pressione fiscale in via prioritaria sul lavoro dipendente e sulle imprese per favorirne la competitività.

Roma, 10 ottobre 2008

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