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Moody's vivendi

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(18 Maggio 2010) Enzo Apicella
Dopo la guerra finanziaria guidata dall'agenzia di rating Moody's, in Grecia ha inizio il massacro di salari e pensioni

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Le infuocate notti elleniche

(10 Dicembre 2008)

Sono notti bianche tinte di fuoco quelle che da tre giorni vivono Atene e altre città greche da Salonicco a Patra, Larissa, Trikala e poi Héraklion, Rodi, Corfù dove migliaia di giovani manifestano, si scontrano coi reparti antisommossa messi in piazza dal governo Karamanlis dopo l’uccisione per mano poliziesca del quindicenne Andreas Grigoropoulos. Cortei, proteste, cariche a suon di molotov e lacrimogeni si susseguono in un conflitto che lega la questione giovanile, alla crisi economica e di prospettive della generazione d’un Paese in ulteriore corto circuito istituzionale. L’incendio che paralizza la Grecia e può provocare un crisi governativa (per domani è indetto uno sciopero generale politico contro il governo di centrodestra) è scaturito dall’assassinio dello studente ma raccoglie un’ampia fetta di giovani e meno giovani dai quindici ai trentacinque anni, la generazione definita dei “seicento euro” diffusa in tutta l’Unione Europea.

E’ una moltitudine senza futuro né identità cui il capitalismo riserva solo il ruolo di consumatori che paradossalmente non dispone del denaro né per consumare né per sopravvivere. E’ qualcosa di più della massa degli esclusi della banlieu parigina di cui tre anni or sono prevedevamo una reazione a catena nei luoghi più deboli del sistema globalizzato occidentale. A Clichy sous Bois la terza generazione di magrebini che per settimane bruciò auto sentiva un rifiuto razziale simile a quello imposto a padri e nonni dal generale De Gaulle che spediva il 10° parà ad Algeri e pensava d’utilizzarlo anche sui boulevards parigini. A quei ragazzi integrati solo col mito di Zizou e Viera fra i bleus campioni del mondo l’allora ministro degli interni Sarkozy rispondeva col disprezzo di volerli estirpare dalla vita di Francia definendoli feccia. Ma i dimostranti di piazza Syntagma non sono solo emarginati della banlieu ateniese di Palio Faliro dove oggi si sono svolti i funerali di Grigoropoulos.

Sono liceali e universitari oppure dottori, cervelli che non trovano occupazione né in patria né all’estero. Si sentono esclusi da una società classista che presenta nella nomenklatura chiamata Karamanlis o Papandreu, figli di cotanti padri, l’immagine d’una politica di casta volta a perpetuare una conservazione dei ruoli sia che si tratti della gestione chiusa del potere sia della semplice entrata nel mondo del lavoro votata a meccanismi clientelari e corrotti. La nazione ellenica priva di grandi risorse rurali e industriali ha avuto nell’ultimo trentennio un sensibile miglioramento delle condizioni di vita attorno al terziario turistico e grazie ai sempre più stretti legami con l’Unione Europea che, nell’allontanarla dall’area balcanica nella quale s’era giocoforza rispecchiata per tutto il dopoguerra, l’ha ripagata con capitali e finanziamenti. Ma l’uscita dall’incubo della crudele dittatura dei colonnelli - con tanto di esperimenti delle soluzioni forti da parte della Cia in pieno bacino del Mediterraneo, che riguardavano la stessa Italia – non ha favorito lo sviluppo d’una classe dirigente interessata al progresso sociale.

I capitalisti delle grandi famiglie – alla stregua dei citati rampolli degli schieramenti di Nuova Democrazia e del Pasok che mimano un bipartitismo falsamente contrapposto – nel ricoprire incarichi politici hanno promesso molto più di quanto hanno mantenuto. Trascurati sono rimasti i ceti popolari, un Pkk l’unico storico partito comunista continentale ancora in vita a metà fra l’escluso e l’autoemarginato, e gradualmente anche quella piccola borghesia, sottoposta come ovunque al mondo ai morsi della crisi, cui i due partiti del Palazzo hanno richiesto consenso elettorale senza dare contropartite sociali. Ne è scaturita una vita pubblica che favoriva carriere e affarismi dei soliti noti, come per “l’eroina del business olimpico” Gianna Daskalaki, sposata in prime nozze con l’imprenditore Parthenis e in seconde con l’industriale Angelopoulos. Alle cronache è rimasto il suo rapidissimo exploit nelle file di Nuova Democrazia, l’investitura come presidente del comitato organizzatore “Atene 2004” conferitale dall’uomo del Pasok Papandreu, i chiacchieratissimi rapporti con l’anziano ras del Comitato Olimpico Samaranch per orientare il voto dei membri del Cio sulla scelta della sede dei Giochi, i finanziamenti e gli appalti infarciti di tangenti per le opere costruite per l’occasione su cui ha indagato la magistratura prima del buen retiro della signora degli affari.

Ovviamente nulla che la vecchia Europa calvinista o mediterranea non abbia già conosciuto. Però dopo le illusioni di modernismo e il tanto mercato, che come tutti i governi filo liberal di ‘destra e di sinistra’ anche la Grecia ha sbandierato, restano una crescente disoccupazione giovanile, la precarietà degli impieghi segnata da lavori che non offrono futuro – coi famosi seicento euro mensili -, fondi pubblici colpiti dalle privatizzazioni, sbocchi lavorativi garantiti per censo e appartenenza a ristrettissime cerchie familiari. Con una frustrazione in crescita esponenziale: “Non abbiamo lavoro, né denaro, davanti a noi c’è solo uno Stato fallimentare che risponde con le armi” dichiaravano gli universitari ieri in un’assemblea svolta al Politecnico di Atene, simbolo nel novembre ‘73 della ribellione a Papadopoulos, che è tornato a essere il centro della rivolta. Eppure gli uomini del premier sembrano sordi, il ministro dell’interno Pavlopoulos prosegue il braccio di ferro coi giovani. Stasera dopo il funerale di Andreas la polizia ha nuovamente attaccato e si sono verificati scontri nel quartiere residenziale di Nea Smyrni

Nelle maggiori capitali europee le ambasciate elleniche sono state al centro di proteste, a Londra la polizia ha arrestato tre persone. Anche a Roma, domani alle ore 18, si griderà il dissenso contro la repressione presso l’ambasciata di via Mercadante. Ai meno giovani parrà d’essere tornati ai bui anni del golpe.

9 dicembre 2008

Enrico Campofreda

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