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Una nazione di assassini

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(11 Maggio 2011) Enzo Apicella

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Mugabe non rispetta i diritti umani delle multinazionali

(11 Dicembre 2008)

La campagna politica e mediatica a livello mondiale che imperversa da anni contro Mugabe, presidente dello Zimbabwe, si fa notare per l’assoluta mancanza, anche su internet, di voci disposte a interrogarsi sui motivi di tanto accanimento.

Che l’attuale governo dello Zimbabwe sia ladro e sanguinario, non c’è alcun dubbio - altrimenti non sarebbe un governo -, ma ciò non ha mai costituito di per sé un motivo per essere messi alla gogna mediatica. Ciò che invece rende uno scandalo intollerabile l’esistenza di un governo, è il fatto che non abbia rispettato i diritti umani delle multinazionali.

Mugabe ha imposto infatti una legge che costringe le multinazionali che vogliono operare in Zimbabwe a costituire società miste, in cui la maggioranza sia di proprietà di cittadini dello stesso Zimbabwe. Sono indignati anche molti giornalisti di sinistra, i quali ci fanno sapere che Mugabe assegna queste proprietà a suoi amici e parenti; un atto veramente inaudito che pare non avvenga in nessuna altra parte del mondo.

Questi sono i crimini contro l’umanità che hanno giustificato anni di durissime sanzioni economiche da parte del cosiddetto Occidente contro lo Zimbabwe, negandogli macchinari, pezzi di ricambio e persino medicinali.

Giornalisti imparziali ci hanno fatto sapere in passato che il popolo dello Zimbabwe ovviamente era felicissimo di queste sanzioni, ed anzi che ne invocava l’inasprimento pur di essere liberato da Mugabe. Quando Mugabe attribuisce almeno parte delle difficoltà economiche che sta attraversando il suo Paese alle sanzioni, allora gli imparziali giornalisti commentano che egli sta prendendo le sanzioni a pretesto per fare la vittima.

Imparziali agenzie dell’ONU ci informano ora che gli acquedotti dello Zimbabwe sono fatiscenti e che si sta verificando un’emergenza sanitaria con casi di colera; una emergenza sanitaria che va interamente attribuita alla cattiveria di Mugabe, e con la quale le sanzioni non hanno avuto nulla a che vedere.

In realtà, questa emergenza sanitaria non è poi stata neppure accertata in base a dati di prima mano, ma le agenzie dell’ONU ne hanno presunta l’esistenza grazie a stime sugli effetti a lungo termine delle sanzioni occidentali sulla popolazione della Zimbabwe; quelle stesse sanzioni che erano solo un pretesto per il vittimismo di Mugabe.

Ma cos’è che assicura l’imparzialità dell’ONU in questa vicenda? La prova dell’imparzialità dell’ONU starebbe nel fatto che gli Stati
Uniti e i commentatori filo-americani insultano l’ONU.

È lo stesso schema propagandistico per il quale l’indipendenza dei magistrati è garantita dal “fatto” che Berlusconi li chiami pazzi o toghe rosse, o li accusi di tentare colpi di Stato. Quindi gli slogan di Berlusconi diventano il “fatto” che fa scomparire i veri fatti, e cioè che lo stesso Berlusconi ha potuto prendere il potere nel 1994, e riprenderlo quest’anno, in seguito a due colpi di Stato giudiziari, il primo contro Craxi ed il secondo contro Prodi; due colpi di Stato nei quali i magistrati non saranno stati i mandanti, ma almeno i sicari sicuramente.

Quando l’aedo delle virtù dei magistrati, il giornalista Marco Travaglio, parla di “scomparsa dei fatti” non accenna mai a questi specifici fatti in cui sono coinvolti proprio i suoi eroici magistrati. Ad ulteriore esempio: oggi sono ancora una volta i magistrati a condurre l’attacco contro l’ultima roccaforte del centro-sinistra, le amministrazioni locali; e questo attacco avviene tra gli auspici e le lodi dei due quotidiani che Berlusconi insulta di più: “La Repubblica” e il “Corriere della Sera”, a dimostrazione del fatto che l’essere tanto insultati costituisce un marchio di servitù e non di indipendenza.

Gli schemi della propaganda sono elementari, ricorrenti e ripetitivi, eppure la loro efficacia non conosce smagliature o pause, tanto che essi creano una realtà virtuale che non necessita di ulteriori supporti e procede per auto-dimostrazione. Qualunque dubbio sul mito negativo di Mugabe verrebbe automaticamente seppellito da indignati commentatori sotto una massa di “notizie” a sostegno di questo mito negativo, come se le notizie fossero realtà in sé, che si formano da sole, galleggiano nell’aria e pervengono a destinazione senza la mediazione di un sistema delle comunicazioni di massa. Gli interessi affaristici che sovrintendono a questo sistema divengono irrilevanti, come se appunto le notizie avessero vita propria.

Un recente best-seller di Foss Clive, “Tiranni”, porta in copertina un’immagine del dittatore dell’Uganda, Idi Amin Dada; solo che non si tratta del vero Idi Amin, ma dell’attore Forrest Whitaker che lo interpreta nel film “L’Ultimo Re di Scozia”, una interpretazione per la quale gli è stato assegnato l’Oscar.

Conosciamo infatti le nefandezze dei tiranni grazie alla mediazione di film di successo e di servizi giornalistici che li riguardano; perciò ci sembra di aver visto realmente delle cose solo perché abbiamo assistito alla fiction che le ha ricostruite. Nonostante che le false immagini della guerra tra Russia e Georgia, confezionate dalla agenzia Reuters, siano state smascherate, questo precedente non fa testo, perciò si continua a fidarsi di ciò che non è stato ancora smascherato.

Mugabe ha ormai superato gli ottanta anni, quindi potrebbe togliersi di torno persino prima che una invasione o una “rivoluzione colorata” lo facciano fuori e riportino la democrazia in Zimbabwe. Si può essere certi però che per i media i suoi crimini continueranno anche dopo la sua morte, perché i guasti della tirannia di Mugabe potranno essere invocati per giustificare la miseria e la guerra civile che seguiranno, come al solito, il trionfo della democrazia.

Le multinazionali sono stanche di quei negri ingrati che, invece di fare disciplinatamente i presidenti-fantoccio, pretendono di fare i propri affari, senza accontentarsi delle briciole che potrebbero lasciar cadere dalla tavola i loro padroni bianchi; perciò in Africa le multinazionali stanno tornando al colonialismo diretto. Il Congo “liberato” costituisce il nuovo modello da imporre: un governo centrale che comanda appena nel suo quartiere di residenza, bande armate che si disputano il territorio con le armi vendutegli dalle multinazionali (in Africa è questo il consumismo imposto dagli “Occidentali”), intere regioni che divengono feudi delle compagnie multinazionali, che saccheggiano risorse senza rendere conto a nessuno.

L’importante, però, è che cada il dittatore: ciò basterà a placare le inquiete coscienze della sinistra “occidentale”.

11 dicembre 2008

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