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(24 Dicembre 2011) Enzo Apicella

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    Se i giornalisti trombano gli operai son trombati

    (17 Dicembre 2008)

    Immaginate un mondo in cui chi dovrebbe spiegare agli operai che gli stanno fregando dei soldi dal portafogli è esattamente l’autore del furto.
    Immaginate un mondo in cui ci sono anziani operai a cui è necessario tagliare la pensione perché i giornalisti fanno troppo sesso.
    Non questo, non può essere anche questo l’Italia.
    Però è così.

    In virtù di una serie di ardite manovre finanziarie e di aiuti al lavoro, intesi ovviamente come aiuti ai datori di lavoro, il dorato mondo della stampa italiana è esentato dal versamento di ogni forma di contribuzione o assicurazione di maternità.
    Poca roba per carità, parliamo dello 0,25 per cento, ma su retribuzioni leggendarie per la propria ricchezza si tratta pur sempre di un bel gruzzoletto.
    L’uomo della strada che conosce un po’ le cose della vita potrebbe però obiettare sulla fondatezza della critica, in fondo i giornalisti hanno una loro cassa di previdenza ( che si chiama Inpgi ) se hanno deciso di non versar contributi saranno pure fatti loro.

    Errore.
    I giornalisti, pur non versando alcunché a questo titolo all’Inps, godono del trattamento di maternità a carico delle casse dell’Inps stessa, a carico cioè dei contributi di altri lavoratori.

    Un segreto, una macchia di vergogna?
    Non per i nostri giornalisti che anzi ne vanno particolarmente fieri, arrivando a pubblicizzarlo sul sito dell’Inpgi con un tronfio annuncio “Per i giornalisti le prestazioni di maternità restano a carico dell'Inps anche in assenza del relativo contributo”. Ma chi sa fino a che punto Cipputi si è reso conto che occorre tagliargli la pensione a causa dell’attività sessual-riproduttiva di un qualsiasi mezzobusto.

    L'ammissione della gran furbata è in fondo a questa pagina del sito dell'Inpgi
    http://www.inpgi.it/contributi/inpgi_contributi_obbligatori.htm

    Fonte

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