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Paura di democrazia

Paura di democrazia

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    Intervista ai lavoratori della Cooperativa Leonardo e Giava di Origgio

    (10 Gennaio 2009)

    Realizzata per Work da Michele Michelino e Daniela Trollio (l’intervista è la fedele copia registrata con i compagni e i familiari che hanno partecipato alla festa organizzata nella sede dello Slai Cobas).

    Domanda: Che giudizio date di questa lotta di cui siete stati protagonisti?

    Risposta:
    (Hamzaoui, Tunisia, immigrato dal 1997)
    La vittoria è frutto dell’unità di tutti i lavoratori, ma per primo vogliamo ringraziare il nostro sindacato Slai Cobas, che sinceramente ci ha dato una grossa mano e un grande aiuto e il grande sacrificio che tutti hanno fatto per noi. Prima del Cobas siamo stati iscritti ad altri sindacati da tanti anni, però i risultati sono sempre stati negativi perché i sindacalisti si mettevano d’accordo con i padroni. E’ stata una lotta durissima, veramente, però alla fine abbiamo ottenuto tanti, tanti risultati buoni. Adesso dopo questa lotta siamo sulla strada giusta, di contrattazione seria tra datore di lavoro e operai. Non ci possiamo lamentare, sinceramente questa è la prima volta che abbiamo ottenuto un risultato da tanti e tanti anni, nonostante il fatto che siamo stranieri ed extracomunitari.

    D.: Questa lotta vittoriosa è riuscita anche a far riassumere un vostro compagno che era stato licenziato: ci potete spiegare cosa ha significato questo per voi e per i lavoratori delle altre cooperative, la riassunzione del compagno licenziato e i vantaggi economici raggiunti con la lotta?
    R.: (Zarrouki Abderraihm, Marocco)
    La riassunzione del nostro compagno Dickson è stata un bel risultato, tutti noi siamo molto contenti. Adesso stiamo tutti bene e aspettiamo che il nostro compagno ritorni con noi.

    D.: Perché avete voluto a tutti i costi che Dickson fosse riassunto, mettendo la sua riassunzione come pregiudiziale alla trattativa economica, prima dei soldi e delle condizioni contrattuali?
    R.: (Ratna, Sri Lanka)
    Noi abbiamo lottato non solo per soldi. Sei mesi fa i responsabili della cooperativa hanno fatto una provocazione affermando che Dickson aveva minacciato loro con un taglierino dicendo che voleva tagliargli la gola, così lo hanno licenziato. Ma non era vero niente, eravamo presenti in 4 ragazzi e siamo testimoni. Questa cooperativa vuole buttare fuori i lavoratori scomodi. Quando, un anno fa, abbiamo scioperato con la CGIL c’era un operaio, delegato come Dickson, si chiamava Mustafà, e anche lui è stato licenziato. Questa cooperativa (la Leonardo) ha sempre cercato di eliminare i delegati dei lavoratori buttandoli fuori. In questo modo la cooperativa vuole che i lavoratori siano come schiavi. Con tutte queste lotte abbiamo fatto molti sacrifici, ma adesso penso che si può lavorare, come lavoratori e non come schiavi e chi come i due capi ci hanno trattato senza dignità oggi siamo riusciti a farli trasferire in altre sedi, con la gioia di tutti noi. E’ questa la nostra grande vittoria e io ringrazio lo Slai Cobas, Aldo (il coordinatore che ha seguito tutta la lotta) e tutti i compagni che ci hanno aiutato.

    D.: Chi ha parlato adesso è uno dei due o tre compagni che si sono presentati nella sede dello Slai Cobas per cominciare questo tipo di lotta ed è stato, tra l’altro, uno dei primi tartassati dal padrone. Dato che ha vissuto anche una vicenda particolare ( perché di fronte al fatto che si voleva organizzare, Ratna è stato, in pratica, punito tremendamente dai capi subendo un infortunio che ancor oggi, dopo sei mesi di convalescenza, gli paralizza una parte del corpo), vorremmo che riportassi la tua esperienza, dal primo giorno in cui hai cominciato a organizzarti e dopo, quando ti hanno cambiato lavoro mettendoti provocatoriamente a fare le pulizie negli scantinati e perché sei finito in ospedale….

    R.: (Ratna)
    Noi abbiamo cominciato a organizzarci, prima eravamo iscritti alla Cisl, poi, dopo un anno e degli scioperi, ci hanno venduto. Ogni volta che noi volevamo lottare, andare avanti, loro si tiravano indietro. E questo vuol dire che qualcosa non andava. Poi io e Dickson abbiamo pensato “cambiamo questo sindacato”. Prima siamo stati organizzati con la CGIL, poi la Cisl, senza ottenere niente e oggi siamo con il Cobas, anche se essi non hanno politici dietro.
    Dopo l’iscrizione al Cobas ci hanno trattato sempre peggio. Intanto noi abbiamo nominato due delegati, io e Dickson. Da allora ci hanno maltrattato… vai di qua, lavora qui, cambia turno, vai di là, pulisci lì e dopo mi hanno mandato sotto, al magazzino: più di 200 metri, pieno di polvere che nessuno aveva mai pulito. Io gli ho detto va bene, ma con che cosa pulisco? E’ vero, io ho firmato per lavorare, io pulisco, però come farlo? In Italia c’è un sistema per pulire, ho bisogno di un aspirapolvere, maschera e anche un cappello per la testa. Loro hanno risposto che non c’era niente: aspettavano che io rifiutassi per mandarmi la lettera e cacciarmi via. Io ho lavorato e pulito senza che mi dessero i mezzi adeguati; intanto ero diventato nervoso, prima non avevo problemi, adesso già al mattino ho la pressione alta. Una volta, fra giugno e luglio, sono svenuto, caduto per terra rompendo una finestra. Sono stato soccorso dagli altri lavoratori, è arrivata l’ambulanza. Poi ho saputo dai soccorritori che sarebbe bastati altri 20 secondi di ritardo e io sarei morto.
    D.: Uno dei motivi della vostra vittoria, da quello che dite, è stata l’unità fra le varie nazionalità. Come siete riusciti a mettervi d’accordo e a fare la lotta, pur provenendo da tanti Paesi diversi?

    R.: (Hamzaoui)
    Noi abbiamo avuto questa grande unità e una grande vittoria, primo perché il Cobas ci ha dato una mano politicamente, fisicamente, anche parlando con la gente su come si fa ad unirsi e ad andare d’accordo. Questa è stata la prima scuola per noi e un grande vantaggio, una grande strada è stata aperta, perché siamo molto, molto d’accordo tra noi stranieri, perché siamo una quindicina, una ventina di razze tutte diverse, ognuno ha la sua lingua, il suo dialetto. La conquista è stata fatta grazie all’aiuto del Cobas anzi, io approfitto di questo caso per invitare tutti i nostri colleghi di lavoro, ma non solo quelli della cooperativa dove noi lavoriamo per Bennet, in tutta Italia di rivolgersi al sindacato Cobas che per noi e per loro è un grande aiuto, una grande mano e un gran sindacato veramente serio, severo, pulito… Poi, sul come siamo andati d’accordo…. Per forza siamo obbligati ad andare d’accordo, senza unità non succede niente, perché una mano sola non può lavare la faccia, anche se lava, si farà sempre molta fatica a pulirla. Noi ringraziamo molto, ma molto, il nostro sindacato Cobas in tutta Italia, non solo in Lombardia perché ha dimostrato grande sacrificio. E’ una grande vittoria e noi oggi siamo qui a parlarne, per questo siamo contenti, siamo felici, andiamo avanti con tutti i nostri compagni, siano italiani o stranieri ….. non vuol dire niente, siamo tutti uguali.

    (Hanif Kamxan, Pachistan)
    Ringrazio tutti i compagni che ci hanno aiutato e un grazie ad Aldo e a tutti i ragazzi del Cobas.
    Noi siamo di tante nazionalità, come ci siamo uniti abbiamo trovato la strada. Avevamo paura perché siamo stranieri. Quando abbiamo trovato la strada giusta con lo Slai Cobas, tutti i lavoratori hanno cominciato a capire e quelli di tutte le nazionalità hanno cominciato a iscriversi e a lavorare tutti insieme, tunisini, del Bangladesh, pachistani, marocchini, albanesi ecc.
    Per cinque volte abbiamo fatto sciopero, tutte le volte vedevamo i lavoratori dello Slai Cobas e i compagni di altre organizzazioni, tanti altri lavoratori come noi, che venivano ai picchetti con noi, che si sacrificavano tutta la notte, fino al mattino; tutti si sono svegliati, non ci siamo sentiti abbandonati.
    Noi siamo una mano, un anello di una catena con gli italiani e questa vittoria dimostra qual è la strada da fare.

    (Sebastian Fernando, Sri Lanka)
    Ho lavorato 9 anni al magazzino, 6 anni a fare pulizie e da 3 anni sono con questa cooperativa. Io non ho mai detto “questo lavoro non lo faccio” perché ho bisogno dello stipendio. Poi noi ci siamo uniti, d’accordo, nel sindacato Cobas ed è andato tutto bene.

    D. (a Dickson, Sri Lanka): I tuoi compagni hanno detto che la lotta è stata vittoriosa grazie all’unità che avete realizzato fra tutti i lavoratori di diverse etnie, dimostrando che la lotta paga. Vorremmo sapere tu - che eri la pregiudiziale per lo sbocco di questa lotta, prima dei soldi e degli aumenti - cosa pensi della lotta, degli scioperi e del risultato raggiunto?
    R.: Io sono molto contento perché la vittoria ci fa rispettare come Cobas. Adesso gli amici, i lavoratori, i parenti sono tutti venuti a felicitarsi della vittoria. Io rispetto molto lo Slai Cobas e Aldo. Aldo dice una parola e una parola è, non due parole e questo è rispettare i lavoratori.

    (Yakgaha,Sri Lanka)
    Questa lotta l’abbiamo vinta grazie al Cobas, veramente. Il Cobas ha fatto per noi tanti sacrifici, tutti noi lavoratori ci siamo uniti in questa lotta. Cinque mesi fa il nostro compagno, mio paesano, Dickson è stato buttato fuori: meno male che grazie al Cobas, a tutti quelli che ci hanno aiutato e a noi tutti uniti abbiamo vinto e siamo riusciti a far rientrare Dickson. La cooperativa non ci voleva dare l’una tantum di 600 euro: noi abbiamo fatto un accordo e abbiamo ottenuto anche questo e un aumento mensile, dal prossimo mese, di 30 euro e al primo luglio 2009, altri 30 euro. Abbiamo ottenuto tante cose grazie all’unità di tutti quelli che ci hanno aiutato, lavoratori del Cobas, ragazzi dei Centri Sociali e tanti altri. Anche noi abbiamo fatto molti sacrifici, sotto la neve, la pioggia, il freddo. Grazie a tutti quelli che ci hanno aiutato.

    D. (a Dickson): I tuoi compagni hanno fatto questa lotta e per prima cosa hanno chiesto la tua riassunzione. Perché gli sei simpatico o per altro? Qual è la ragione vera?
    R.: La gente mi ha sempre rispettato perché io ho scelto sempre una strada: quella dell’unità dei lavoratori. Io ho cambiato due sindacati, ma ho sempre seguito una sola strada. Con il Cobas mi sono trovato benissimo perché ho visto che ha una strada, una parola che è la stessa, che ho verificato quando sono andato a Termoli a manifestare con gli operai della Fiat e questo ha unito tutti i lavoratori e reso il Cobas più credibile. Adesso, dopo la lotta, piano piano, molti lavoratori di altri magazzini vogliono venire al Cobas e questo per me significa molto. Molti lavoratori vengono da me, perché sanno che anch’io ho una sola parola e questo per me è rispettare i lavoratori.

    D. (a Dickson): Hanno cercato anche di corromperti?
    R.: (Dickson)
    Si, prima del licenziamento il sig. Chiari (il responsabile della cooperativa) mi ha proposto di abbandonare i lavoratori. Mi ha detto “vieni con noi, prendi i soldi”. Io gli ho risposto di no.
    Voglio rispetto e la mia vita.

    (Yakgaha)
    Anche a me hanno dato un assegno da portare a Ratna. Io gli ho detto “Ratna non prende il tuo assegno”. Una volta Chiari parlava con me dicendo “Voglio aiutare Ratna”. Questa è una cosa falsa per dare un segnale. Io mi sono rifiutato dicendo “se vuoi, l’assegno daglielo tu”. Gli ho anche detto “al cento per cento, Ratna non prende i tuoi soldi!”. Quando bisogna pagare, si pagano tutti, ho detto.

    D. (a Dickson): Cosa pensa tua moglie del fatto che ritorni a lavorare?
    Lei è appena arrivata in Italia con i bambini. E’ molto contenta e ringrazia tutti quelli che ci hanno aiutato.

    Se non ci sono più interventi vi ringraziamo per l’intervista. Vogliamo solo dire che voi , lavoratori
    stranieri da anni in Italia, che fate i lavori peggiori, dopo questa lotta avete conquistato dei diritti.
    Questa lotta oltre ad un insegnamento per voi lo è anche per i lavoratori italiani, perché dimostra non solo che la lotta paga, ma che uniti si vince. Se voi siete riusciti a fare questo, ci viene spontaneo pensare che, se tutti i lavoratori del mondo fossero uniti, si potrebbe sì lottare insieme per conquistare un mondo dove non ci siano più sfruttati e sfruttatori e crediamo che voi con la vostra lotta un contributo l’abbiate dato.


    Alle 20.30 interrompiamo l’intervista: adesso si fa festa e si mangia con mogli, bambini e amici.

    31 dicembre 2008

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