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(3 Gennaio 2009)
Il nuovo anno è subentrato a quello vecchio con gli stessi auspici di morte e desolazione, elevati alla massima potenza distruttiva. Mai viste così tante bombe crollare attorno a casa mia, dinnanzi al porto. Un' esplosione a meno di 100 metri , ha scosso violentemente i 7 piani del mio palazzo, facendolo oscillare come un pendolo impazzito. Per un momento abbiamo temuto venisse giù, i vetri delle finestre sono scoppiati tutti. Momenti di panico, ho pregato iddio che il nostro edificio fosse stato costruito con criteri antisismici, ben conscio della mia effimera illusione, Gaza poggia su di una striscia di terra che non trema. Il terremoto qui è innaturale, si chiama Israele. Sarà per questo che i governanti occidentali, così compassionevoli e caritatevoli, lesti nel mettersi una mano sul cuore e l'altra nel portafoglio, spesso per propaganda personale, quando si tratta di versare parole e fondi in soccorso delle popolazioni colpite da catastrofe naturali, dinnanzi a questa di catastrofe innaturale, progettata a tavolino in ogni suo minimo dettaglio a Tel Aviv mesi fa, si mettono una mano dinnanzi agli occhi e all'altra a pararsi l'orecchio, e sembrano non prestare attenzione alle strazianti urla di dolore di corpi innocenti fatti a brandelli senza pietà. Disinteressarsi della costante e progressiva distruzione di moschee (e siamo già ad 8), scuole, università, ospedali, decine e decine di edifici di civili. Proseguo nella mia disperata ricerca, di quegli amici che non rispondono più al mio telefono. Ahmed l'ho rintracciato a casa sua, una delle poche ancora in piedi, nel centro del quartiere Tal Alhawa di Gaza city, attorniata da uno scenario apocalittico che ricorda tanto il quartiere sciita di Beirut, dopo la pioggia di bombe del 2006, bombe di stessa fabbricazione e provenienza di quelle ci stanno cadendo addosso in questi giorni. Ahmed sta bene, i suoi familiari pure, ma sua madre se l'è vista davvero brutta sabato. E' un insegnante della scuola Balqees delle Nazioni Unite, quel giorno si è trattenuta in aula più del consueto, è stata la sua salvezza. Molti suoi studenti in attesa alla fermata dei bus, sono rimasti seppelliti dalle macerie prodotte dalle esplosioni. Una bomba è caduta sull'auto di Ahmed, una utilitaria verde pistacchio, la stessa con cui giusto la sera prima scorazzavamo in cerca di pane in una città in cui la farina viene venduta a peso d'oro. Rafiq invece alla fine l'ho rintracciato al telefono, la sua voce cavernosa sembra provenire da un pozzo senza fondo, un cunicolo di tristezza e disperazione per aver appena appreso della morte di tre dei suoi migliori amici, durante l'attacco al porto.
In uno degli ultimi caffè aperti a gaza, che riforniscono di caffeina e connessione internet, bombe ed energia elettrica permettendo, ho mostrato dallo schermo del mio laptop ad un paio di amici, amaramente sorridendo, la notizia di un morto e 382 feriti.
Non il computo delle vittime dei lanci di "razzi" Qassam su Israele di ieri, che fortunatamente non hanno fatto registrare alcun morto, ma i numeri della strage compiuta dai nostri botti di fine anno in Italia. Quelli di Hamas sono dei pivelli, ho detto ai miei amici, se credono di guerreggiare contro Israele con i loro giocattolini artigianali. Dovrebbero andare a scuola a Napoli per confezionare dei razzi veramente mortiferi, nei quartieri spagnoli si assemblano fuochi d'artificio ben più esplosivi dei qassam gazawi.
Intendiamoci, come pacifista e non violento aborro in maniera più totale e convinta qualsiasi attacco di palestinesi contro israeliani,
ma quaggiù siamo stanchi di sentire la cantilena che questa strage di civili è stata innescata di Israele in risposta ai lanci dei modesti "razzi" artigianali palestinesi. Per inciso, dal 2002 sino ad oggi i qassam su Israele hanno prodotto 18 morti, qui sabato in una manciata di ore di civili morti negli ospedali ne abbiamo contati più di 250.
Chiedo conto agli avventori del caffè della tregua proposta dall'unione europea e cassata da Israele, che evidentemente possiede ampie scorte di materiale bellico nei magazzini militari da smaltire, scuotono tutti la testa.
Tregua c'è mai davvero stata, prima di questo feroce attacco su una popolazione inerme?
Solo nel mese di novembre, l'esercito israeliano ha fatto fuori ben 17 palestinesi (43 in tutto dall'inizio della..."tregua")
E ancora prima di allora, l'assedio criminale imposto a Gaza aveva prodotto più di duecento vittime fra i malati palestinesi. Malati con le carte in regola per essere ricoverati in ospedali all'estero ma impossibilitati a muoversi per la chiusura dei confini. L'assedio criminale israeliano aveva distrutto l'economia già precaria, provocando più del 60% di disoccupazione, costringendo l'80% delle famiglie palestinesi a vivere di aiuti umanitari. Aiuti che stentavano a filtrare oltre la cortina di ferro tesa da Israele attorno alla più grande prigione a cielo aperto del mondo: Gaza.
Da quel caffè alla fine abbiamo poi dovuto evacuare, e a gambe levate
E' giunta l'ennesima telefonata di minaccia: il locale sarebbe stato bombardato entro pochi minuti.
I crimini contro l'umanità di cui si macchia Israele in queste ore non conoscono limiti, e davvero pochi paragoni.
Ieri a l campo profughi di Jabalia caccia F16 hanno lanciato missili contro un'ambulanza, sono morti un dottore, Ihab El Madhoun, e il suo infermiere di fiducia, Mohamed abu Hasira.
Per questa ragione oggi, noi, internazionali dell'ISM, abbiamo indetto una conferenza stampa dinnanzi alle telecamere di una delle televisioni palestinesi più popolari. Per informare Israele che da stanotte salteremo sulle ambulanze per dare una mano nei soccorsi, sperando che la nostra presenza, in quanto internazionali, funga da minimo deterrente a questi sanguinari crimini.
Anche se Israele mostra di non aver alcuna remora in questi giorni a massacrare civili, semmai una remora l'abbia mai avuta.
A volte quando ci troviamo fa di noi i discorsi si fanno molti cupi, è probabile che alla fine di questa massiccia terrificante offensiva,
qualcuno di noi andrà ad annoverare il drammatico conto dei morti, degli scomparsi.
Non ci pensiamo, andiamo avanti.
Se il mondo "civile" tace e volta ignobilmente le spalle dinnanzi a questa tragedia, noi che ci consideriamo ancora umani, membri di una sola stessa famiglia che è l'umanità intera, faremo di tutto per fermare questa emorragia, occorre far presto,
è un'emergenza.
restiamo umani
02/01/2009
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Vik - Vittorio Arrigoni
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