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Napolitano a Tel Aviv

Napolitano a Tel Aviv

(16 Maggio 2011) Enzo Apicella
Napolitano a Tel Aviv il giorno della Nabka

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(Palestina occupata)

Palestina: due, tre, cento Marzabotto

Kappler, Riina, Mengele al potere a Tel Aviv e in azione a Gaza

(12 Gennaio 2009)

Non c’è crisi umanitaria a Gaza
(Tzipi Livni, ministro degli esteri israeliano)

La prima volta che apprendemmo che i nostri amici venivano macellati ci fu un grido d’orrore. Poi ne vennero massacrati cento. Ma quando ne rimasero uccisi mille e il macello non finiva, si estese una coperta di silenzio. Quando il male arriva come la pioggia, nessuno urla: alt! Quando i crimini si ammucchiano diventano invisibili. Quando le sofferenze diventano insopportabili, le grida non si sentono più. Anche le grida cadono, come pioggia d’estate.
(Bertold Brecht)

Ai pudichi e sdegnati obiettori agli accostamenti nazi-sion: Kappler rastrellava civili e centinaia, li rinchiudeva e li ammazzava, Riina è il pregiudicato, mandante ed esecutore di assassinii mirati e di stragi, Mengele è quello che, per far avanzare la scienza e la tecnologia, chimicizzava e devastava organismi umani vivi.
Qualcuno mi dica la differenza tra Kappler e il ministro della difesa Barak e tutti i suoi generali, tra Riina è il corrotto e inquisito carnefice in testa Olmert, tra Mengele e chi ha perfezionato e adoperato le armi al fosforo, chimiche, termo bariche, su masse umane condensate.

L’altra sera, quando in tutta Italia si è celebrato il decimo anniversario della morte di Fabrizio de André, il poeta-musicista in direzione ostinata e contraria dal primo all’ultimo giorno, ho frequentato un’analoga funzione in un paesino dell’Alto Lazio. Un gran bel documentario con le testimonianze e i canti di amici e colleghi, contemporanei e successivi, e poi…Erri de Luca. Per molti di voi si tratta meramente dello scrittore e bibbiomane che ha tradotto e propagandato, con zelo da neofita travolto dall’illuminazione biblica, la Genesi, il Talmud e molte altre parti di quell’invenzione letteraria e storica di alcuni furboni che, nel VI secolo A.C., si sono inventati, a scopi nazionalimperialistici, una storia fantastica delle origini del mondo e del popolo eletto, perlopiù plagiata da altri miti più antichi. Per me e alcuni vecchi compagni, Erri era, invece, prima della conversione-perversione all’ebraismo in chiave sionista, il rispettato dirigente di Lotta Continua e il combattivo responsabile del miglior servizio d’ordine che il movimento ’68-’77 abbia mai avuto. Canticchiato un paio di canzoni di De André e affabulato il folto pubblico con due, tre, simpatici aneddoti di impronta sociale e antiguerra, Erri ha chiuso con la conferma che, oggi come allora, gli fanno schifo le guerre, ma sostiene le lotte di liberazione di popoli occupati o invasi. Bravo, bene, sette più.

Poi ha sollecitato domande e osservazioni dal pubblico e, avendo l’oratore collegato il tema della guerra con quanto di stupendamente valido sull’argomento pervade il lavoro di De André, avendo perfino menzionato Iraq e Afghanistan, è venuto spontaneo che qualcuno lo interpellasse sull’assordante mancanza, nel suo elenco, di una terza schifezza di guerra, quella in Palestina. La risposta è stata di carattere al tempo stesso astuta e squisitamente demenziale: “E’ capitato che li nascessero e si scontrassero in guerre continue tra religioni monoteistiche, è sempre stato così e sempre sarà così “. Chiuso l’argomento di chi ha portato via un paese a chi. Con tanti saluti ai mille palestinesi rinchiusi in un lager, affamati, devastati e poi uccisi in massa, e a tutti gli altri sterminati da sessant’anni a questa parte. E non senza rilevare che di quei tre monoteismi, uno fa mattanze, uno fa silenzio e il terzo viene fatto fuori. Mi è allora capitato di rivolgermi al pio e rassegnato fatalista: “35 anni fa marciavamo insieme in testa a cortei per la Palestina, esattamente nel segno, che tu hai appena ribadito, della giusta lotta dei popoli contro invasori e occupanti. Non credi che la tua analisi odierna, con la quale ti rifugi e nascondi i serial killer israeliani dietro alla panzana delle tre religioni che escatologicamente si devono fare guerra, trascuri che carneficine tipo Gaza vengono perpetrate, dagli stessi e affini, anche là dove non c’è nessuna triade religiosa ad accapigliarsi? Trascuri anche che il presunto scontro tra monoteismi (che gli dei li stramaledicano! questo non glie l’ho detto) fino a ieri era tra i teocrati israeliani e un fronte palestinese e arabo assolutamente laico, che lottava nel nome dell’anticolonialismo e non certo di Allah. Soprattutto trascuri qualche piccolo interesse economico (acqua, petrolio, mercati, forza lavoro), di classe, militarindustriale, geostrategico, che ha fatto promuovere alle destre democratiche e non democratiche del mondo (pure l’URSS) l’invasione di milioni di “ritornanti” (che non erano mai stati dove “ritornavano”), la liquidazione di un popolo, un cuneo incastrato nella nascente unità anticolonialista araba?” Domandina semplice, semplice, no? La risposta dell’integerrimo letterato e rivoluzionario: “A questo non ribatto”. Disse, salutò e si dileguò, insalutato ospite per davvero. Paura, eh?

Ho citato l’episodio perché Erri De Luca è uno che fa opinione, spaventosa opinione, ma opinione. In questo campo agisce sul fianco, nella galleria di servizio, agli ultrà della lobby ebraica annidati nei due partitoni di destra (intendo PDL e PD), nel “Corriere”, nella “Repubblica”, in tutta la televisione (con attenuanti per il TG3), e nel chiacchiericcio della decerebrazione, indotta dai primi, in bar e in tram. Ma fa addirittura da capogita agli escursionisti (Morgantini si è fermata 120 minuti a Gaza) del pacifismo nonviolento equidistante o, quanto meno, simmetrico. Quelli che su ogni scena di energumeno che strangoli un ragazzino o calpesti un neonato fanno piovere le geremiadi delle loro querule invocazioni al dialogo, all’incontro, al baciamano della gazzella alla pantera. Non ricambiato. Già, perchè chi si dice equidistante o simmetrico, automaticamente favorisce il più forte. Alla loro pietistiche, a volte strumentali perorazioni per il passaggio dalla macelleria al Circolo della Caccia (per soli soci di buon lignaggio, tipo Abu Mazen), va ricordato che nella lunga storia dei conflitti umani, delle oppressioni, dei poteri assoluti come quelli attuali, chi opprimeva e aveva il potere per farlo, mai s’è visto rinunciare alla sua posizione senza essere stato preso per il collo e buttato giù.

Ho ripetutamente detto una banalità: tra chi nella mia casa mi impedisce di spegnere l’incendio appiccato dal nemico e chi da fuori mi assedia, cerco di neutralizzare prima il sabotatore, consciamente o inconsciamente collaborazionista, e poi sono in grado di difendermi contro l’assediante. Quello che mi da fuoco lo conosco: mi insegue da sempre. Ma il primo sta tra i miei e potrebbe anche convincere gli altri a unirsi a quel disarmo unilaterale, privandomi delle difese. Sono coloro che, a ogni riemergere di movimenti di protesta che antepongano la giustizia per i vivi alla pace degli zombie, che illustri come il nero stia di qua e il bianco di là, stavolta indiscutibilmente, sollevano contro-ondate di inchiostro per affogarci nelle acque nere dell’equidistanza, dei guerrafondai che si difendono (da chi hanno da sempre aggredito), ma, perbacco, anche degli estremisti, integralisti, terroristi. Cattivo il grosso, cattivo il piccolino, chi è che continuerà a menare? Qui, o si stabiliscono altri rapporti di forza, a livello interno (resistenza palestinese e dissenso ebraico) e internazionale (scelte di governo che si modifichino sotto la spinta delle masse, moltiplicazione dei Chavez, boicottaggio universale), o c ‘è poco da cicalare di dialogo. Così abbiamo avuto la contromanifestazione concertativa CGIL alla manifestazione dei sindacati di classe, così abbiamo oggi una contromanifestazione di tutti gli associazionisti delle compatibilità, Tavola della Pace, Acli, Ponte per… Arci, Cgil, cattocaritatevoli vari, Legambiente, Ovadia, Parlato, quei lettori che “il manifesto”, nello spirito islamofobo di Giuliana Sgrena, privilegia nella sua rubrica delle lettere e che, facendo eco alla giornalista Manuela Cartosio, esprimono tutto il loro “disagio” (di cattolici? di laici? di razzisti? ) a trovarsi in mezzo a manifestanti che pregano Allah. Si mettano in testa che è il loro Allah, a me del tutto estraneo, ma la cosa non conta una pippa, a dargli la forza di tenere in piedi la dignità e, domani, la vita della Palestina. Le organizzazioni e i partiti della sinistra “radicale”, le associazioni del movimento, che già il 3 gennaio avevano messo in campo la protesta, eminentemente palestinese e islamica (con contorno di compagni autoctoni), hanno indetto una manifestazione nazionale per il 17 gennaio. Stanno aderendo centinaia di organismi da tutta Italia. Cosa fa la banda dei quattro chierici della nonviolenza a tasso variabile? Indice per la stessa giornata una sua kermesse “nazionale” nell’ecumenica Assisi. Là dove non si conoscono nemici, ma soprattutto si evitano certi amici, e tutto si risolve in scambi di doni e benedizioni. Cosa gli impediva di dare il proprio contributo a una piattaforma di ottime persone, interpreti dei sentimenti e dei pensieri degli interessati di qua o di là dal mare, che esige la fine di una mattanza senza confronti per brutalità e criminalità e, dunque la tregua (che deve essere prima degli assalitori e poi di chi si difende) subito? Sapete cosa li faceva rabbrividire di questa piattaforma? Che non si diceva veltrinottianamente: “Si deve fermare l’attacco, ma anche il lancio di Kassam” e ci si asteneva dal demonizzare i “fondamentalisti”. E ciò contaminava questi molli e puri. Vivono nella speranza che ai carri armati israeliani si mettano cingoli di gomma e che sulla torretta rientri a Gaza il “moderato” Abu Mazen. Basta con questa imbarazzante Hamas. Se poi avessero dovuto assistere al rogo di una bandiera USraeliana, avrebbero dovuto precipitarsi dal confessore per denunciare la loro involontaria collusione con la blasfemia. Intanto vanno a fuoco centinaia di bambini sotto il fosforo bianco.

In tutto il mondo si succedono e crescono manifestazioni terribilmente incazzate, a centinaia di migliaia assediano ambasciate, invadono e paralizzano città, circondano i palazzi del potere e li subissano di scarpe all’irachena, si scontrano con la polizia, come in tutto il paese di nuovo l’Onda greca (la nostra che fa?). Qui una secchiata di vernice rossa, tratta dall’oceano di sangue palestinese, sulle sedi dello Stato terrorista e dei suoi sicofanti provoca il virulento sdegno e l’immediata mistificazione: “Teppisti con rigurgiti antisemiti”. Metterei la barba nel camino che così la pensano anche quelli di Assisi. Poi ci sono i fascisti che, terminali della provocazione cossighiana, si sono messi a rubare alle forze antimperialiste anche il tema dell’antisionismo e della solidarietà con i palestinesi. Fanno come a Piazza Navona: contro i baroni universitari per finta e a favore sul serio della fascistizzante Gelmini. Tocca tenerli d’occhio, fanno in piccolo il lavoro di Al Qaida e ricevono l’input dalle stesse fonti. Ne deve uscire la formula fascisti-uguale-terroristi-uguale-sinistre antimperialiste. A primi due la paga, agli ultimi le mazzate.

A tutti offro una risposta che non si sarebbe potuta formulare meglio. E’ un’istruttiva epistemologia di Israele.


Ascolta, ascolta Israele!

Ascolta, ascolta Israele!
Hai fatto una strage di bambini e hai dato la colpa ai loro genitori dicendo che li hanno usati come scudi. Non so pensare a nulla di più infame. A distanza di una generazione, in nome di ciò che hai subito, hai fatto lo stesso ad altri: li hai chiusi ermeticamente in un territorio, e hai iniziato ad ammazzarli con le armi più sofisticate, carri armati indistruttibili, elicotteri avveniristici, rischiarando di notte il cielo come se fosse giorno, per colpirli meglio. Ma 688 morti palestinesi e 4 israeliani non sono una vittoria, sono una sconfitta per te e per l'umanità intera.
Ascolta Israele!
Io non rinnego la mia storia, la storia della mia famiglia, che è passata dalla Shoah. Però rinnego te, lo Stato di Israele, perché hai creduto di poter far valere il credito della Shoah per liberarti del popolo palestinese e occupare la sua terra. Ma non è così che vanno le cose, non è così la vita. Il popolo di Israele deve vivere di vita propria e non vivere della morte altrui.
Ascolta Israele!
Io non rinnego la mia storia, la storia della mia famiglia che è passata dalla Shoah, ma io oggi sono palestinese. Io sto dalla parte del popolo palestinese e della sua eroica resistenza. Io sto con l'eroica resistenza delle donne palestinesi che hanno continuato fare bambine e bambini palestinesi nei campi profughi, nei villaggi tagliati a metà dai muri che tu hai costruito, nei villaggi a cui hai sradicato gli ulivi, rubato la terra. Sto con le migliaia di palestinesi chiusi nelle tue prigioni per aver fatto resistenza al tuo piano di annessione.
Ascolta Israele!
Non ci sarà Israele senza Palestina ma potrà esserci Palestina senza Israele, perché il tuo credito, ormai completamente prosciugato dalla tua folle e suicida politica, non era nei confronti del popolo palestinese che contro di te non aveva alzato un dito, ma era nei confronti del popolo tedesco, italiano, polacco, francese, ungherese e in generale europeo; ed è colpevole la sua inazione.

Ascolta Israele, ascolta questi nomi: Deir Yassin, Tel al-Zaatar, Sabra e Chatila, Gaza. Sono alcuni nomi, iscritti nella Storia, che verranno fuori ogni qualvolta si vedrà alla voce: Israele.


Da il Manifesto, 9/1/9.

Stefano Sarfati Nahmad

Fulvio Grimaldi

Fonte

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