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La primavera americana

La primavera americana

(3 Ottobre 2011) Enzo Apicella
A New York la polizia interviene contro i manifestanti che protestano contro il capitalismo finanziario e la manovra "anticrisi". Settecento arresti

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Il partito di Marx contro il partito del capitale ed il partito di Dio.

Dietro le macerie della crisi capitalista, s'avanza uno strano partito, il partito di Marx!

(28 Gennaio 2009)

Uccidono esseri umani, o se ne fanno scudo.
Dopo averli sfruttati nelle loro officine , oppressi e divisi con stati e muri, repressi nelle galere, illusi da rabbini, preti e mullah.
Tutti dicono di difendersi, ma a morire, sono sempre gli stessi. Ovunque!
Noi ci schieriamo al fianco di questi esseri umani,
contro tutti i loro boia, per un mondo senza boia.


IL PARTITO DI MARX
contro il partito del capitale ed il partito di Dio


Non abbiamo da portare solidarieta’ a nessun popolo.
Noi siamo con una parte del popolo contro un’altra parte del popolo,
con il proletariato contro la borghesia.
Siamo per la lotta di classe del proletariato contro la borghesia.
Siamo per la rivoluzione sociale del proletariato contro la borghesia.
Ovunque!

Ogni analisi politica, per essere assunta a teoria deve rispondere ai connotati della reiterazione e della verifica nel tempo e nello spazio.
A questa regola generale non sfugge la teoria Marxista.
E’ proprio per questo motivo che, tenendo fermi i principi fondanti il materialismo dialettico, occorre aggiornare ai tempi ed agli spazi capitalistici attuali le analisi politiche correnti, pena l’utilizzo di una strumentazione vecchia ed inservibile alla comprensione del movimento reale in corso.
Il nuovo mondo della planetizzazione capitalista, frutto maturo della accelerazione diffusiva seguita all’implosione dell’impero capital-statale ad est, non puo’ essere compreso con le lenti della guerra fredda e della spartizione bipolare.
Senza l’inevitabile aggiornamento teorico si corre il rischio di vedere cose inesistenti e di non vedere la realta’, prendendo grossi abbagli storici.
Del resto, non sarebbe la prima volta; gia’ in passato lotte nazionalistiche, rivoluzioni borghesi, teocratiche e millenaristiche sono state scambiate per insorgenze proletarie, proprio nel momento in cui i proletari venivano utilizzati per scopi e battaglie non proprie, e comunque non di classe.
Di queste esperienze storiche, di questi errori di analisi e valutazione, di questi grandi abbagli, dobbiamo far tesoro per non scambiare piu’ i nostri desideri con la realta’.

La pigrizia mentale innata nella specie umana porte chiunque abbia un passato a leggere i conflitti di oggi alla luce degli schemi di ieri.
Questa legge della natura, universalmente valida, si conferma anche nella diffusa lettura dello scontro di Gaza con le categorie del passato ciclo storico, quello della guerra fredda.
In quel ciclo storico, dopo la rottura delle relazioni diplomatiche tra Urss e Israele, il confronto ( ad armi assolutamente impari! ) tra Israele e Palestina divenne parte del confronto politico e militare piu’ generale tra occidente e mondo sovietico.
Per tutti coloro che, in occidente, tifavano per l’Urss Israele era l’avamposto americano in mediooriente e la lotta di liberazione del popolo palestinese era parte integrante della “lotta dei popoli a favore dell’emancipazione del terzo mondo”.
Dopo lo shock petrolifero del 1973, la crescita del prezzo del petrolio unita all’uso politico dell’energia da parte dei paesi produttori, determino’ una strategia europea
( ed Italiana ) verso il m.o., una “via europea della mano tesa e dei guanti bianchi “ verso i paesi arabi.
In questo contesto la cui materialita’ era la dipendenza dell’Europa assetata di energia dalle medie potenze arabe, la causa palestinese acquisto’ popolarita’ non solo tra i militanti delle sinistre ma anche in governi, stati e parlamenti.
Per tanti versi, e’ ancora questo lo schema cui guardano tanti tifosi odierni della resistenza palestinese, a costo di almeno 2 gigantesche rimozioni: la fine del mondo bipolare e l’irruzione dell’Islam politico.

La planetizzazione capitalista, frutto maturo della competizione tra blocchi continentali, produce l’attuale intrusione profittale nell’area mediorientale, tesa al controllo dei corridoi geostrategici ed allo sfruttamento delle materie prime, allargando la schiera dei pescecani presenti ed interessati ad una “loro” utile soluzione del conflitto Israelo-Palestinese ( come dimostra l’odierna, plurale corsa al “soccorso” nella ricostruzione di Gaza dopo la sua distruzione ).
Non piu’ solo gli U.S.A. ed il loro avamposto criminale Israeliano quindi, ma l’U.E., la Russia, le potenze arabe con in testa l’Iran ed il suo partito di Dio.
In questa situazione reale, la dinamica dello scontro Israelo-Palestinese continua certo ad avere i connotati dell’occupazione militare Israeliana e del “Kampo” palestinese.
Da tempo, pero’, non e’ piu’ soltanto questo, e non solo per l’evidente utilizzo nella battaglia interimperialistica dell’intero conflitto mediorientale.
C’e’ un terzo incomodo, ed e’ rappresentato dal rafforzamento (politico ed elettorale ) di movimenti come Hamas ed Hezbollah, che non solo consegnano al millenarismo fondamentalista la “ lotta di liberazione palestinese ”, ma la integrano nel progetto statual-teocratico della galassia islamista, dell’antioccidentalismo, dell’antimaterialismo, dell’antisemitismo.
Il partito di Dio concorre a scombinare le carte di un mediooriente attraversato da una dinamica di scontro e competizione tra le potenze mondiali, lasciando intravvedere un possibile indebolimento dell’influenza americana in favore di un aumento di quella Europea e di quella arabo-Iraniana.
La resa dei conti tra la corrotta A.N.P. ed i miliziani di Hamas ( che ora annunciano un possibile governo di unita’ nazionale! ) fa il resto, relegando la “lotta di liberazione palestinese” ad un lontano ricordo di un mondo che non c’e’ piu’.

L’emozionale mobilitazione dopo l’ultimo assalto Israeliano a Gaza ha mostrato i segni, secondo noi, della ripetitivita’ e della ritualita’, con l’unica vera novita’ della discesa in campo, a riempire e motivare cortei fotocopia del passato, delle comunita’ islamiche in tutt’Europa.
Tralasciamo il pietoso, cinico ed inutile tentativo di riesumazione di una qualche sinistra di stato sulla pelle dei palestinesi, o l’eterno riciclo di microburocrazie di movimento pronte a saltare ed utilizzare “sangue ed onde” pur di perpetuare la loro privilegiata condizione di politicanti a tempo pieno.
Le questioni sono serie, e seriamente vanno affrontate.
Lo diciamo con chiarezza, c’e’ il pericolo concreto ( il pericolo, non la certezza, quindi qualcosa di ancora evitabile….) di un nuovo grande abbaglio.
Un nuovo ( altri ne abbiamo patiti in passato! ) grande abbaglio sintetizzabile in due punti.
• Si rischia di consegnare ad un falso “anticapitalismo antioccidentale” la prospettiva di riscossa di intere sezioni di proletariato mondiale ( asiatico-medioorientale-africano ).
• Si rishia l’inquinamento dell’oggettivo processo di contaminazione migratoria, che, abbandonando il terreno proprio della fratellanza di classe e dell’unicita’ dei bisogni, trasferisca l’antagonismo dal terreno materiale a quello etico-religioso ed interclassista della “guerra santa contro gli infedeli”.

Dire che la mancanza dell’internazionalismo proletario pesa e che bisogna ristabilire il principio della nemicita’ in casa propria e’ d’obbligo, ma non basta.
Bisogna lavorare all’organizzazione autonoma di classe che muove concretamente contro i padroni di casa propria, rendendola omogenea teoricamente, collegando e concentrando politicamente ed organizzativamente i proletari coscienti.
Solo questo e’ il modo conseguente di essere internazionalisti.
Lavorare ai primi nuclei di una organizzazione di classe adeguata alla crisi ed alla internazionalizzazione capitalista non prevede forme costitutive e fondative estetiche, essendo essa un processo storico-naturale.
Combat e’ parte di questo processo.

Dietro le macerie della crisi capitalista,
s’avanza uno strano partito,
il partito di MARX.

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