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(14 Aprile 2011) Enzo Apicella
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(L'oppio dei popoli)

imperativo categorico: soffrire

(3 Febbraio 2009)

Nel perverso ruolo della religione cattolica la finalizzazione della sofferenza ha un peso molto grande ed è uno dei pilastri ideologici su cui si regge il tutto, poiché sarebbe impossibile, soprattutto per i poveri e gli schiavi salariati, accettare la propria condizione di continua sofferenza e marginalità, senza il conforto della speranza.
Il capitalismo è organicamente legato alla religione, la finanzia in tutti i modi possibili, perché è la sola organizzazione in grado di fabbricare pecoroni a cui si racconta che le varie sofferenze, a cui si è sottoposti, sono la salvifica chiave per il paradiso dell’aldilà.
Figuriamoci se la Chiesa può transigere sull’eutanasia, la dolce morte scelta insindacabilmente dall’individuo che ritiene intollerabile soffrire senza scopo, e così facendo esprime il massimo di scelta e di libertà individuale, ponendo la religione in territorio ininfluente.
Il “pastore tedesco” ha parlato di eutanasia “non degna dell’uomo”, continuando con arroganza ad invadere la sfera della laicità, mentre dovrebbe parlare solo di eutanasia non praticabile per i cattolici. Punto.
La sterminata sequela di peccati e di divieti che propone la religione, dalla inibizione della propria sessualità, fino al peccato di gola o di lussuria o di omosessualità, fin dalla giovane età delle persone, altro non sono se non un progressivo adattamento alla sofferenza che riesce a farti accettare tutto, anche il perdono per chi ha procurato la morte di un padre o di un figlio.
Se i condizionamenti della religione non fossero così profondi, la naturale vendetta di chi ha avuto un parente ucciso da condizioni di lavoro senza sicurezza, verso i responsabili (occhio per occhio), ho l’impressione che sarebbe l’unico deterrente per far finire la mattanza originata da incidenti sul lavoro, altro che perdono!
Chi partirebbe per una guerra mettendo a rischio la propria salute e la propria vita, se non fosse spinto da una cultura di tipo religioso, predisposto alla sofferenza e alla morte, mentre la ragione e la evidenza ci dicono che magari vai ad invadere una nazione per rubargli il petrolio, e la decisione l’hanno presa dei luridi politici corrotti?
Dai primi anni di vita fino alla morte la religione ti propone di soffrire con la grottesca motivazione che ciò ti eleva e ciò sarebbe degno dell’uomo, mentre l’unica cosa che rende la vita accettabile è poterla vivere bene, senza essere sfruttato né massacrato sul lavoro, con grandi sicurezze sociali, con una buona assistenza medica per tutti, senza alcun divieto riconducibile alla sessualità, con la convinzione che quando finisce la vita, finisce proprio tutto.
La stragrande maggioranza dei ricchi e dei benestanti, che soffrono poco e godono tanto, si comportano da gaudenti perché il denaro glielo permette e vivono la vita proprio come gli atei, puntando solo sul piacere, salvo pentirsi sul letto di morte, viscido rituale di una religione che non è mai riuscita ad imporre l’etica ai propri seguaci.
La cattiveria con cui si vuole negare l’eutanasia a Eluana Englaro smaschera la paura che hanno i preti, e molti partiti politici, della autodeterminazione e della libertà individuale, che sono comportamenti che possono portare molto lontano, e far crollare quel cumulo di invenzioni e paure che ci distillano nel sangue fin da bambini e che tiene in piedi questo marcio sistema.

3 febbraio 2009

Paolo De Gregorio

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