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Lo sfruttamento capitalista dei lavoratori in cifre

(10 Febbraio 2009)

La crisi mondiale sta scuotendo dalle fondamenta il sistema capitalista in tutto il pianeta. La salvaguardia dei profitti nei singoli paesi porta all’aumento della concorrenza internazionale, e con il nazionalismo i capitalisti cercano di legare in ogni paese i lavoratori, i proletari e le varie classi sociali al carro delle proprie borghesie e dei propri interessi, facendo passare i loro interessi di sfruttatori per interessi generali.
La ripresa dell’economia necessita di una nuova concentrazione e centralizzazione del capitale: questo produrrà nuove guerre, il cui costo ricadrà come sempre sulle spalle dei proletari di tutto il mondo.

I DATI DELLA GUERRA DI CLASSE CONTRO I LAVORATORI
In USA nel 2008 si sono persi 2 milioni 600 mila posti di lavoro, 525 mila solo in dicembre, il numero più alto dal 1945 dopo la II° guerra mondiale.
In Italia, il 2009 si presenta per i proletari più cupo che mai.
Dai dati Inps risulta che più di 400 mila lavoratori sono già in cassa integrazione. Nel solo mese di dicembre 2008 la Cassa Integrazione Ordinaria ha registrato un aumento del 525% rispetto al dicembre 2007.
Nel settore industriale e nell’edilizia la CIG, fra ordinaria e straordinaria, è aumentata del 110,28%, portando le ore di Cassa Integrazione alla cifra di 223 milioni.
Nei cicli del capitale, ad ogni ripresa segue con regolarità una crisi e gli operai passano dall’aumento delle ore lavorate quando l’industria “tira” al riposo assoluto, di mesi o anni … e senza lavoro non si mangia e aumenta la miseria
Nel modo di produzione capitalista il lavoro è da sempre precario perché il lavoratore, la forza-lavoro, viene impiegato solo nella misura in cui produce plusvalore, di cui si appropria il capitalista e oggi - nella crisi - questo è ancora più evidente.
Diminuiscono i lavoratori occupati e le ore lavorate, ma continuano ad aumentare i morti sul lavoro e di lavoro.
Le statistiche parlano di un lavoratore morto ogni 6 ore, 4 morti al giorno, 1.500 l’anno con oltre un milione di infortuni, molti dei quali producono invalidità permanenti. E questi dati sono parziali, perchè nei conteggi Inps non si tiene conto dei lavoratori (italiani e stranieri) costretti a lavorare in nero che, quando vengono assassinati sui posti di lavoro spesso sono abbandonati come sacchi della spazzatura ai bordi delle strade o, quando si infortunano, non vengono conteggiati.
Ogni anno i morti dovuti a malattie professionali causate da sostanze cancerogene usate nei processi lavorativi e di produzione - morti diluite nel tempo - sono decine di migliaia (solo per l’amianto si calcolano 5.000 morti all’anno).
E’ questo il risultato dello sfruttamento capitalista.
In questa situazione il governo e la Confindustria, mai sazi, ricorrono alle solite ricette. Il governo - in quanto capitalista collettivo e rappresentante degli interessi della frazione dominante del capitale - concede aiuti alle banche e alle imprese. Ai lavoratori gli industriali impongono la ricetta di sempre: licenziamenti, cassa integrazione, aumento della produttività, innalzamento dell’età pensionabile, riduzione del salario, riforma della contrattazione, e più sacrifici: in altre parole, un ulteriore aumento dello sfruttamento.
Così, mentre i proletari, i lavoratori espulsi dal processo produttivo ed i pensionati faticano sempre più ad arrivare alla fine del mese col misero salario e alcuni finiscono sotto la soglia di povertà, una parte consistente dei borghesi sfruttatori può continuare ad aumentare i propri consumi di lusso sulla pelle degli sfruttati.
QUESTA E’ L’ESSENZA E LA MODERNITA’ DEL CAPITALISMO.
Chi illude i lavoratori che è possibile cambiare questa situazione con il voto - senza distruggere lo stato e le leggi che tutelano il profitto, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e la proprietà privata dei mezzi di produzione, che concedono ai capitalisti l’impunità e la licenza di uccidere i lavoratori - è uno che ha interesse a mantenere gli operai e i proletari come schiavi salariati (occupati o disoccupati che siano), a difendere la classe dominate e i privilegi della borghesia.

Oggi, nello scontro di classe, le attuali organizzazioni politiche di sinistra e quelle sindacali (compresi i sindacati di base) risultano del tutto inadeguate ad opporsi efficacemente all’attacco capitalista contro i lavoratori e a sostenere ed estendere l’unità e la solidarietà fra lavoratori.

La classe operaia mondiale, nella sua lotta contro il capitale internazionale, ha interesse a combattere unita. L’unità internazionalista dei proletari, la ricomposizione della classe fra etnie e nazionalità diverse, oltre che a livello mondiale, deve avvenire all’interno dei singoli paesi e in Italia il proletariato italiano, oltre a ricomporre se stesso, deve ricomporsi con i tre milioni e cinquecentomila lavoratori immigrati in un unico fronte di classe contro il comune nemico: il capitale.
Rimettere all’ordine del giorno nel dibattito operaio la discussione sulle forme di organizzazione operaie e proletarie, sul rapporto fra lotta economica e politica, fra organizzazione sindacale e organizzazione politica, elaborando proposte e parole d’ordine adeguate alla fase è necessario nella ricerca di una sintesi che porti il proletariato cosciente nella sua lotta contro il capitale a darsi un’organizzazione autonoma e indipendente da quella di tutte le altre classi.
La mancanza di un’organizzazione generale della classe operaia e proletaria costringe i lavoratori a scontrarsi isolati e divisi contro la classe padronale e, nonostante esemplari lotte locali di resistenza, si va incontro alla sconfitta.
Solo un’organizzazione di classe degli operai coscienti può lottare coerentemente contro gli effetti del sistema esistente (licenziamenti, riduzioni dei salari, aumento dello sfruttamento) e allo stesso tempo per la liberazione della classe operaia. Solo ponendosi l’obiettivo dell’abolizione definitiva del sistema del lavoro salariato è possibile anche vincere singole battaglie e raccogliere forze organizzate per la definitiva resa dei conti.

Dalla rivista Nuova Unità, febbraio 2009

Michele Michelino

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