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Paese Basco: nasce ‘Herria abian’, contro crisi e capitalismo

(17 Febbraio 2009)

15-02-2009/19:50 --- Ieri pomeriggio un centinaio di rappresentanti della sinistra basca – lavoratori, disoccupati, studenti, agricoltori, pensionati, pescatori, atleti, immigrati, ecologisti, femministe ecc – hanno presentato a Bilbao la piattaforma ‘Herria abian per il cambiamento sociale’. Tra enormi catene ammucchiate all’interno di un edificio dove in passato sorgevano gli altiforni ‘Euskalduna’, simbolo della lotta dei lavoratori contro lo smantellamento di un'industria strategica, ha visto la luce un nuovo strumento di lotta e di contestazione del capitalismo.

Karlos Renedo ha ricordato in quel luogo, oggi sede del Museo Marittimo Basco, la dura lotta dei lavoratori baschi contro la distruzione di migliaia di posti di lavoro, negli anni settanta e ottanta del secolo scorso: «Oggi prende vita una piattaforma popolare per il cambiamento sociale che faccia fronte all’offensiva che, con la scusa della crisi economica, le classi dirigenti stanno conducendo contro le classi popolari in Euskal Herria (...)» ha detto Renedo che poi ha chiarito gli obiettivi di questa nuova organizzazione: “la volontà del Capitale è che siano le classi popolari, i lavoratori, a pagare i costi economici e sociali della crisi. Ma noi non ne siamo i responsabili, e non dobbiamo certo prenderci noi la responsabilità di risolverla. Al contrario chi l’ha provocata, nell’Unione Europea e in Spagna, ora vuole ridurre i diritti sociali e sindacali conquistati in decenni di lotte dai lavoratori. Noi contestiamo il modello economico capitalista e scommettiamo su una Euskal Herria diversa, accumulando le forze per un cambiamento sociale radicale”.
Una studentessa, Haizea Solagurenbeaskoa, ha spiegato i cardini del ‘manifesto per il cambiamento sociale’ di cui ‘Herria abian’ si fa promotore: “Nel modello capitalista le politiche economiche non sono mirate a soddisfare i bisogni delle persone e le necessità dei popoli. Al contrario, lavoratori e popoli vengono sacrificati, se necessario, in nome dell’economia e sull’altare del capitalismo globalizzato nel quale pochi individui detengono ricchezze equivalenti a quelle di interi paesi, mentre quasi un miliardo di persone in tutto il pianeta patiscono la fame e 6 milioni ogni anno muoiono di stenti prima di compiere i 5 anni di età. Dati che da soli dimostrano la brutale ingiustizia del sistema economico imperante”. Haizea Solagurenbeaskoa ha ricordato che nel contesto basco “negli ultimi dieci anni la produzione è notevolmente aumentata, mentre la ricchezza prodotta non si è tramutata in un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Nonostante la crisi, banche e imprese continuano a produrre profitti spettacolari. I salari hanno perso potere d’acquisto, la precarietà si è estesa a dismisura mentre le morti e gli incidenti sul lavoro sono diventate la normalità quotidiana, mentre aumenta l’oppressione economica, sessuale e sociale delle donne (...) In questi anni interi settori economici sono stati soppiantati dalle grandi imprese, sono scomparsi i pescherecci, i piccoli negozi, mentre andavano avanti le privatizzazioni dei servizi pubblici e dell’istruzione”. Ha poi preso la parola Juanjo Lautre, lavoratore dell’azienda meccanica Kybse di Iruñea (Pamplona) che ha dato il via a centinaia di licenziamenti: “è insultante che si parli di crisi ora che i capitalisti non guadagnano quanto vorrebbero. Dopo aver censurato per anni le condizioni in cui vive la maggioranza della popolazione, ora il mantenimento degli alti livelli di profitti è diventata la priorità principale del sistema. Infatti i piani anticrisi della UE o dei governi spagnolo e francese, così come delle istituzioni autonome basche, mirano a difendere i tassi di profitto dei capitalisti a danno dei lavoratori e delle classi popolari sottoposte ad un maggiore sfruttamento, ad un taglio dei salari e dei diritti, ad un aumento della precarietà. Senza parlare dei finanziamenti pubblici che gli stati regalano alle banche e alle imprese senza chiedere nulla in cambio”.

“Non rimarremo con le braccia conserte di fronte a questa ‘rifondazione del capitalismo’, anzi lotteremo per un modello sociale ed economico alternativo al capitalismo. Le nostre rivendicazioni riguardano tre livelli: la distribuzione del lavoro e della ricchezza; la democratizzazione dell’economia e un modello di sviluppo democratico compatibile con l’ecosistema. Si tratta di misure strutturali per uscire una volta e per sempre dalla vera crisi, quella generata dal sistema capitalista». Ha ricordata un’altra rappresentante della piattaforma, Bea Martxueta: “Per poter discutere e adottare queste misure abbiamo bisogno del diritto all'autodeterminazione. Rivendichiamo la sovranità per poter costruire un altro paese basco e per dare il nostro contributo alla costruzione di un altro mondo”.

I promotori dell’iniziativa hanno annunciato per i prossimi mesi momenti di discussione e di dibattito e poi il lancio di una campagna di manifestazioni di vario tipo per implementare le proposte della piattaforma ‘Herria Abian’. Sempre che il giudice Garzon non la metta prima fuorilegge.

Marco Santopadre (Radio Città Aperta)

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