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(30 Dicembre 2010) Enzo Apicella

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Reagire con forza all’offensiva clericale (senza invocare lo Stato sovrano).

Comunicato distribuito al corteo No Vat svoltosi ieri a Roma

(16 Febbraio 2009)

La crisi morale della Chiesa cattolica, oggi evidente, ha radici lontane. Le trasformazioni economiche, sociali, culturali che hanno attraversato l'Italia negli ultimi quarant'anni hanno prodotto una società che trasgredisce il Catechismo cattolico: si sono affermate pratiche di vita che nel passato erano represse e che non si possono più ignorare. Nonostante il mancato riconoscimento attraverso le leggi, con la rottura operata dai movimenti femministi e lgbtq, una certa libertà sessuale si è diffusa. La perdita di peso, nella società, della pastorale cattolica coincide con la crisi della governabilità dei singoli soggetti e dei loro rapporti. Il governo morale tende a dissolversi ed emerge una realtà più prosaica: quella di una macchina statale, economica, finanziaria. Si pensi alle preoccupazioni di Giovanni Paolo II per le sorti delle banche vaticane e cattoliche. Preoccupazioni sfociate nell'operazione- salvataggio guidata dall'Opus Dei e culminata con il matrimonio fra Banca Intesa e San Paolo Imi nel 2006. La Chiesa sa di non poter incidere come in passato nelle vite degli italiani, ma riesce comunque ad accordarsi con la classe politica per autoconservarsi (vedi la revisione del Concordato del 1984) e per salvare i propri interessi economici, che la vedono in qualche modo coinvolta anche nelle campagne militari (tra gestione di campi profughi e aiuti umanitari).

Se il decreto Aprea sulla riforma scolastica prevede l'aumento dei finanziamenti per le scuole confessionali, il ministro-ombra del PD Mariapia Garavaglia è arrivata ad accusare il governo di aver tagliato 60 milioni di euro stanziati dall'ex ministro Fioroni alle scuole private. Ma già nel 2005 l'allora ministro per le Infrastrutture Lunardi aveva previsto in un Decreto l'esenzione dal pagamento dell' ICI per scuole private, strutture alberghiere per i pellegrini e cliniche di proprietà del Vaticano. Lo smantellamento dell' istruzione pubblica, e dunque l’attacco al diritto allo studio per le fasce sociali non agiate, passa per il rafforzamento dell'istruzione privata e confessionale. Ma la sfera della scuola non è l’unica in cui la difesa della linea cattolica tradizionale si coniuga con le politiche antipopolari sospinte dalla Confindustria e messe in atto dai governi di diverso colore.

Uno dei capisaldi della dottrina sociale della Chiesa è la famiglia.

In nome di questa istituzione, costruita sul dovere della procreazione, sono messi al bando tutti i tipi di unione e tutte le forme del desiderio sessuale che non vi si conformano. Oggi i rapporti all'interno della famiglia sono cambiati: il controllo dei genitori sui figli è meno forte ed il ruolo che gioca al suo interno la morale cattolica è ridotto. Ciò non significa che siano scomparsi i rapporti patriarcali: le violenze sulle donne e sui "diversi" continuano ad avvenire nella maggior parte dei casi in famiglia. Tuttavia, oggi la parola d'ordine della difesa della famiglia, “nucleo fondamentale della società”, non ha solo risvolti ideologici. La famiglia, in tempi di profonda crisi capitalistica e di depotenziamento del Welfare, rafforza sempre di più il suo ruolo come ammortizzatore sociale informale. Le politiche di smantellamento del sistema pensionistico e di precarizzazione crescente del mondo del lavoro, sono avallate senza indugio dalla stampa cattolica ufficiale (vedi Avvenire), che nello stesso tempo incita i governi a sostenere economicamente le famiglie italiane per rinvigorirne la funzione di sponda per il mantenimento di anziani poveri e giovani precari (intesi anche sopra i 30 anni).

Ma per quanto la questione della famiglia sia rilevante, a dominare la scena, negli ultimi tempi, è stato lo sconcertante caso di Eluana Englaro, che si è alla fine sorprendentemente tradotto in una singolare variante della "logica dell'emergenza". Con un Decreto ad hoc, il governo Berlusconi ha tentato di annullare una sentenza della Corte di Cassazione che autorizzava i parenti ad interrompere l'alimentazione artificiale di Eluana, in coma vegetativo dal 1992. Il Decreto Legge è stato caldeggiato dalle gerarchie ecclesiastiche, che non si sono tirate indietro nemmeno quando il Presidente Napolitano ha rifiutato di firmarlo ed hanno di fatto sostenuto la sfida berlusconiana all’inquilino del Quirinale.

C’è chi rispetto all’attacco governativo agli equilibri istituzionali ed alla divisione dei poteri, ha gridato all’allarme democratico. Non senza fondamento: va solo registrato che se la stampa di centrosinistra usa, contro il Premier, raffinati costituzionalisti come Gustavo Zagrebelsky, che invocano un “governo mite”, la prassi concreta di chi attualmente è all’opposizione è stata anch’essa legata ad una idea di esecutivo forte, ad un uso massiccio dei Decreti. Berlusconi non ha fatto che estremizzare questa tendenza, superando ogni rispetto della forma: per la sua spinta a centralizzare e ad esercitare in modo personalistico il potere ed in virtù della sua necessità di accreditarsi come uomo di fiducia del Vaticano. Eppure, il governo della crisi (non solo economica) attraverso Decreti – che sia attuato dal centrodestra o dal centrosinistra - non può impedire alle tensioni sociali di dispiegarsi, in forma più o meno conflittuale. Da decenni la società italiana è attraversata da esigenze che rompono con la morale cattolica. Ricordiamo che è del 1972 la nascita del F.U.O.R.I. (Fronte Unito Omosessuale Rivoluzionario Italiano), del 1974 la vittoria al referendum sul divorzio, del 1978 l'approvazione della legge sull'interruzione di gravidanza. Il caso Englaro, come quello di Piergiorgio Welby, gettano in campo nuove esigenze: quella della sovranità sulla propria morte (Welby) e quella di decidere sulla fine di un corpo "amico" alimentato dalle macchine (Englaro). Esigenze che non sono slegate da una più generale rivendicazione di autodeterminazione sul proprio corpo. Oggi, le battaglie che sembrano chiamare in causa più direttamente la Chiesa cattolica in quanto controparte, le battaglie per i cosiddetti diritti civili, devono trovare la via per unificarsi a quelle degli studenti e del mondo del lavoro (anche immigrato) in un comune rifiuto: proprio perché, come si è detto, l’offensiva della Chiesa contro la sfera delle libertà non è disgiunta dal suo appoggio alle politiche antipopolari di questi anni. Ora, la via maestra per giungere a questa unificazione di lotte in apparenza distanti è ancora da definire. La situazione anomala che si è determinata in Italia dove, attraverso una fortissima pressione clericale sulle istituzioni, l' imposizione obsoleta dell' ordine eterosessuale è di fatto legge di Stato, può spingere a conclusioni in parte fuorvianti. Il fatto che in altri paesi, da un lato sia minore il peso della religione organizzata nella vita pubblica, dall’altro siano maggiormente riconosciute certe istanze di libertà, li fa diventare da noi dei modelli e rende popolarissima l’invocazione di uno Stato sovrano rispetto alla Chiesa. Ma l’estensione dei cosiddetti diritti civili è davvero una conseguenza immediata del carattere laico dello Stato? In realtà non c’è nessun diritto, nemmeno quello oggi considerato più elementare, che sia stato regalato dagli Stati laici e liberali. Lo stesso voto alle donne è stato ottenuto attraverso lunghe lotte, spesso represse duramente, sviluppatesi a partire dalla genesi del movimento internazionale delle suffragette. E da nessuna parte, nemmeno nei paesi “più avanzati”, le successive lotte dei movimenti femministi e lgbtq hanno trovato strade spianate (in verità, è stato una conquista – legata ad una dura battaglia culturale – persino quel minimo di ricordo pubblico che si riserva all’Homocaust consumatosi nei campi di concentramento nazisti). Se poi andiamo al caso italiano, ricordiamo che lo Stato post-risorgimentale era rigorosamente laico e guidato da una classe dirigente spesso ostentatamente anticlericale: ciò nulla toglie al suo feroce classismo ed autoritarismo, alla condizione drammatica ed umiliante vissuta da contadini ed operai, alla dolorosa subalternità delle donne ed alla loro sostanziale esclusione dalla vita pubblica. In sostanza: più che idolatrare Stati più laici del “nostro”, andrebbero ammirati e studiati i movimenti che altrove hanno strappato certe libertà. E non c’è nemmeno da piangere per l’attuale anomalia italiana. Il fatto che il Parlamento nostrano offra l'immagine più degradata della politica, all’insegna di un connubio col mondo clericale che ha ben poco di “spirituale”, apre la possibilità di un conflitto non mediato . Oggi questa piazza esprime una straordinaria istanza di libertà, che nasce dalla rivendicazione della sovranità su sé stessi e che non può che prendere la forma dell'autogestione. Non può che rimandare, insomma, ad una lotta che non si perda nell’inutile invocazione di uno Stato laico, lasciando che si sprigionino quei bisogni e desideri che nessuna dottrina potrà mai imbrigliare.

Roma, 14 febbraio 2009

Corrispondenze Metropolitane – Collettivo di controinformazione e d’inchiesta

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