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La "scissione dell'atomo"

ovvero dividi i comunisti e governa

(24 Febbraio 2009)

Negli ultimi tempi abbiamo assistito ad un singolare fenomeno di scissione e disintegrazione degli “atomi comunisti”, già di per sé super-atomizzati, ovvero alla polverizzazione dei residui ancora presenti tra le schiere ormai dissolte del vecchio Partito Comunista Italiano. Un partito che già molti anni prima del Congresso della Bolognina e del cambio del nome (il passaggio da PCI a PDS) voluto dall’allora segretario Achille Occhetto, ancor prima della stessa gestione di Enrico Berlinguer, ma sin dai tempi del leader stalinista Palmiro Togliatti, non era più quella formazione classista e rivoluzionaria fondata da Antonio Gramsci e Amedeo Bordiga, bensì una forza politica indubbiamente di massa, ancorché interclassista e riformista, per non dire revisionista. Insomma, un partito incamminato sulla strada della socialdemocrazia europea, pienamente integrato nel sistema statale borghese, di cui nel secondo dopoguerra divenne un sicuro e tenace baluardo difensivo.

L’ennesima “scissione subatomica” consumatasi nella sinistra italiota, è stata provocata dalla “particella vendoliana”. I vendoliani sostengono che oggi la funzione storica e la spinta propulsiva dei partiti comunisti si siano ormai esaurite, che il cambiamento e il progresso della società (italiana ed europea) siano un compito spettante ad una sinistra “rinnovata e ricomposta” che sappia aggiornare l’ispirazione socialista e socialdemocratica. Il riferimento più concreto e visibile di questa linea, nell’attuale scenario della "sinistra europea", è l'esperienza tedesca della Linke. Addirittura una parte dei vendoliani ritiene che se il Pd si spaccasse e D'Alema riuscisse a diventare il nuovo riferimento del partito della sinistra, essa opterebbe per questa nuova “dimora politica”: D’Alema, Mussi e Vendola si ritroverebbero insieme dopo tanto tempo, da quando erano nella Federazione Giovanile Comunista, e saprebbero condurre molto lontano la “sinistra” di questo sventurato paese… Mah, nutro seri dubbi!

Il Prc dopo il congresso di Chianciano e dopo la “scissione particellare” dei vendoliani

Nel frattempo, all’interno del gruppo dirigente del Prc sembra essersi compiuta una “svolta a sinistra”, sancita e proclamata nell’ultimo lacerante congresso nazionale del partito, svoltosi a Chianciano nel luglio scorso, che ha provocato lo strappo e infine la scissione della “particella” vendoliana. Ma è altresì vero quanto ha giustamente notato Ramon Mantovani (si visiti il suo blog personale), ossia “[…]per dirla senza giri di parole, il PRC continua ad essere in troppe giunte (basti pensare a quelle calabresi e campane) e ha già avviato trattative per la continuazione o inaugurazione di esperienze di governo su una linea minimalista e frontista che è la stessa degli ultimi anni. La svolta a sinistra nella maggioranza dei territori non c’è. C’è un continuismo che nella attuale situazione si configura come una vera e propria svolta a destra.” L’autore del pezzo è Ramon Mantovani, uno dei dirigenti più onesti, coerenti e credibili del Prc.

Detto questo, nulla vieta di ragionare ed agire sui territori insieme con i compagni veri, seri e credibili rimasti nel Prc, che sono ancora tanti. Senza soluzioni egemoniche o di annessione, senza farsi inglobare o riassorbire, ma conservando una propria identità ideologico-politica e propugnando un progetto unitario che proceda verso l’avvio di un processo di riaggregazione di una soggettività più vasta ed eterogenea in chiave autenticamente anticapitalista, pacifista ed antagonista: una formazione politica di classe e di massa, animata da un’ispirazione comunista libertaria, antiautoritaria ed anticapitalista. Insomma, una moderna sinistra di classe, antagonista e rivoluzionaria, in grado di promuovere una radicale trasformazione dell’attuale società in senso comunista e libertario, a partire da una capacità di lettura, di analisi e di interpretazione teorica rigorosamente scientifica e critico-razionale. In questa fase, i tatticismi (ovvero gli opportunismi) non possono e non devono prevalere sui fini e sui principi, i quali finirebbero per soccombere. Al contrario, i tatticismi bizantini dovrebbero addirittura scomparire, non solo dalla pratica politica quotidiana, bensì pure dal vocabolario di una formazione e di un movimento che aspiri a trasformare radicalmente la società borghese in cui viviamo. Una società fondamentalmente ipocrita ed opportunista. Inoltre, il progetto di ricostruzione di un’autentica sinistra anticapitalista ha bisogno di una sua profonda credibilità (morale, prima che politica) che verrebbe inevitabilmente inficiata proprio dall’anteporre le questioni e le esigenze di ordine tattico (ossia di natura opportunistica) alle priorità e finalità politiche di fondo, che sono da propugnare e perseguire “senza se e senza ma”.

Psicopatologia quotidiana dei comunisti
Ormai il vero problema dei comunisti attiene più alla psicologia, se non addirittura alla psichiatria, che alla politica. Infatti, è più che palese un dato di fatto che, in qualche misura, è riconducibile ad una forma di psicopatologia politica. La vera malattia da cui sono affetti molti sedicenti “comunisti” è di origine isterica, è una forma di sadico snobismo intellettuale e di distorsione mentale che li perseguita e li affligge costantemente, per cui sembra che provino gusto e un piacere quasi masochistico nel dividersi in modo crescente, nello scindersi in particelle subatomiche sempre più ridotte e parcellizzate, sempre più infinitesimali. In tal guisa, ogni “atomo” diventa un referente del nulla, nella migliore delle ipotesi è un referente di se stesso, ragion per cui i governi dei padroni e i loro servi avranno vita facile e vinceranno sempre più agevolmente, conservando e perpetuando il proprio potere sulle masse lavoratrici. Se questo è il modo di far politica dei “comunisti”, di vivere la politica e la vita in generale da parte delle “particelle comuniste” (almeno un tempo si parlava di “cellule comuniste”: la cellula è una grandezza superiore rispetto all’atomo), allora io mi sento distante anni luce da un mondo così assurdo e nevrotico e me ne discosterò sempre più.

Lucio Garofalo

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Commenti (1)

Analisi razionale ed onestà intellettuale

Caro Lucio,
sono incappato per caso, dopo un pò di tempo, in questo sito, ed in particolare nel tuo articolo, che con piacere commento.

Credo che per riuscire ad effettuare un analisi comunista, quindi razionale e scientifica come tu auspichi, ci sia innanzitutto la necessità di onestà intellettuale, senza la quale è inutile scomodare tematiche tanto cruciali. Questo sostanzialmente esclude il 90% della sinistra di riferimento del nostro paese, non so se concordi. Non mi prolungo su questo per evitare di allontanarmi dalle interessanti tematiche da te proposte, se sarà il caso proporrò un articolo al riguardo, ma in base a questa sconosciuta, l'onestà intellettuale, tenterò di commentare quanto hai scritto.

Concordo sulla genesi. Togliatti, espressione massima italiana dello stalinismo, sancisce l'inizio di una deriva che ha portato il partito comunista a perdere le proprie fondamenta classiste e rivoluzionarie. Sbaglieremmo però, a mio modesto avviso, se in base a questo presupposto, reputassimo tutte le scissioni come sintomi di una patologia psicologica. Dovremmo per esempio, al contrario, plaudire a tutti coloro che hanno avuto il coraggio di non allinearsi e di liberarsi della tessera in tempi non sospetti: si potrebbero citare diverse esperienze simili.

Facciamo un salto nella linea del tempo, evitando lunghe seppur importanti cronologie. Il PRC non ha mai avuto la pretesa di essere nè un partito rivoluzionario, nè un partito di classe. E' nata come unione delle forze sostanzialmente a sinistra del PDS, comprese le forze di formazione stalinista citate precedentemente.
Tagliamo corto.
La scissione degli ultragovernisti stalinisti Diliberto e Cossutta è minimamente paragonabile alla scissione della componente di sinistra che ha poi fondato il Partito Comunista dei Lavoratori?
La prima la metto nel catone dell'opportunismo, la seconda aveva ragione! Neanche sinistra critica, che è uscita in seguito, votando anche le fiduce più improponibili al governo Prodi, ha avuto l'onestà intellettuale di dire "avevano ragione". Questo lo metto nel catone del personalismo. Almeno sono usciti.

Oggi.
Sulla scissione dei vendoliani, non sprecherei parole, per una questione politica, ma soprattutto di correttezza, di coerenza, di onestà, appunto.

Ma come si può pretendere che dall'unione del vecchio PRC, privato della componente di destra ma anche di quella rivoluzionaria, col PDCI degli ultragovernisti, possa uscire fuori qualcosa che assomigli vagamente ad un partito comunista? Quante volte siamo capaci di incorrere nello stesso errore? Non si tratta dei tanti compagni onesti che ancorano militano e formano la base di questi partiti, ma della dirigenza, del programma, della struttura e delle prospettive.

Caro Lucio, la patologia della sinistra si chiama contraddizione. La contraddizione di chiamarsi comunista ed elemosinare assessori, consiglieri di maggioranza e così via. La contraddizione di chi bada all'immagine e non alla sostanza, perchè la sostanza li escluderebbe. La contraddizione di chi segue le tendenze dei movimenti al posto di organizzarli e trascinarli verso un'altra società. La contraddizione di chi non si vuol chiamar partito ma fa il partito quando conviene. Vado avanti? Immagino che tante ne potrai aggiungere anche tu.

Per la citata onesta intellettuale, è giusto precisare che io ho aderito al PCL l'anno scorso. Cosa mi auguro? Un partito comunista. Cosa ho ottenuto? Per ora solo la possibilità di adoperarmi per costruirlo. Ritengo non sia poco, altrove ho avuto solo la possibilità di costruire qualcos'altro. Certo, c'è ancora tanto tanto lavoro da fare.

E' importante che chi auspica la stessa prospettiva avvi un processo di confronto. Concordo con quanto hai scritto nell'articolo "Perché non mi iscrivo al Prc" su questo aspetto: vi sono infatti chiusura e pregiudizio diffusi nelle fila della sinistra più larga. Non dobbiamo incorrere in quest'errore, ma confrontarci apertamente e francamente in tutte le occasioni possibili. Non vi può essere toccasana migliore, per costruire una prospettiva anticapitalista, del confronto onesto e libero.

Non concordo su uno specifico passaggio: ritengo che la tattica sia ben diversa dall'opportunismo. Non voglio dilungarmi oltre, spero nella tua risposta e in quella di altri compagni.

(15 Agosto 2009)

Flavio Stasi

ordinariarivoluzione@bastardi.net

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