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(10 Luglio 2012) Enzo Apicella

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Ser(vizi) per l’”impiego”

(26 Febbraio 2009)

Antefatto:

« E’ urgente una massima semplificazione delle procedure di collocamento attraverso la competizione tra strutture pubbliche e private. Alla funzione pubblica vanno affidate residue attività ( anagrafe, scheda professionale, controllo dello stato di disoccupazione involontaria e della sua durata, azioni di sistema ); mentre vanno affidate al libero mercato le attività di servizio….». “Libro bianco sul mercato del lavoro” 2001.

Il percorso di svuotamento delle funzioni, privatizzazione ed esternalizzazione dei Servizi per l’impiego può dirsi quasi concluso. Esso, non è stato altro che una delle tante attività volte allo smantellamento dello stato sociale, dove i diritti acquisiti ( previdenza, casa, lavoro, salute, scuola ), risultati di tante battaglie, sono stati svenduti al feticismo del libero mercato.

Nel contesto offerto dalla normativa nazionale, le Provincie hanno dovuto provvedere ad implementare i Servizi per l’impiego utilizzando il ( poco ) personale a disposizione, già transitato dal Ministero del lavoro, grazie anche ai sovvenzionamenti del Fondo sociale europeo. L’esternalizzazione o la creazione di spa, sono state scelte subordinate, oltre che ad un più ampio disegno strategico coinvolgente il mercato del lavoro, anche alla carenza di personale ed alla mancata formazione del medesimo, come pure ad un insidioso stratagemma per ovviare al blocco delle assunzioni. Insidioso, perché tali società, non sono altro che bacini clientelari ( in cui tutti attingono ), terminali di fondi utilizzati per “progetti”dagli esiti misteriosi ed inconcludenti, spesso, appaltati ad altre “strutture” ( un antieconomico passaggio in più ); e perché nei loro ambiti, hanno dovuto trovare forzata coesistenza, personale precario e mal retribuito, insieme a “consulenti” ben remunerati, che sono andati, di fatto, a sostituire gli operatori pubblici, sempre più relegati a ruoli di mera rappresentanza formale.

Nel corso degli ultimi anni, abbiamo denunciato e cercato di far comprendere cosa stava accadendo. Non intendevamo rivolgerci alla pletora di personaggi che hanno trovato un qualsiasi, anche effimero, tornaconto, ma a coloro che avrebbero dovuto comprendere come anche sui Servizi per l’impiego si sta giocando una partita, che travalica il peculiare contesto.

Un gioco, dove la posta è la svendita della P.A.(annichilendo beni strumentali e risorse umane a favore del mercato ), in cui regnerà la “filosofia liberista”, che fa dell’impresa il modello su cui investire tutte le risorse; anche assistendola, agevolandola, soccorrendola, in pratica offrendole, ove necessario ( quindi spesso ), tutti quei servizi, che si presume possano aiutarla a “creare” lavoro, non importa “quale”. L’orientamento dei Servizi per l’impiego non è esente da tale “dogma”, tanto da poter affermare, che esso è divenuto indispensabile alla loro organizzazione.

La recente, ulteriore “riforma” ( comunicazioni di assunzione obbligatorie on-line, ad esclusione dei lavoratori domestici ), avrebbe dovuto liberare nuova forza lavoro, ma così non è stato. Del resto, come giustificare le “residue attività”, se non implementandone di ulteriori? O forse facciamo male a pensare, che convenga lasciare un personale “lobomitizzato” e demandare alla Capitale lavoro spa ( soc. in house della Provincia di Roma ) l’attivazione di “progetti più proficui”, fosse anche eseguiti da chi un Centro per l’impiego l’ha visto solo da disoccupato?

Qualcuno è in grado di spiegarci come mai, dopo 10 anni dalla” riforma” ( dieci! ), varie indagini, ci dicono che il “potenziamento dei servizi pubblici per l’impiego” è stato un fallimento, che “l’incremento di occupazione stabile” una chimera e “la qualità del lavoro” una presa per i fondelli. Per non parlare della Formazione ( vedi rapporto ISFOL 2007 ), vero “buco nero” del FSE. Eppure si sono avvicendati il “fior fiore” dei cosiddetti consulenti, che hanno fatto e disfatto, progettato ed elaborato, programmato e predisposto. I Governi, per quanto mediocri, hanno versato l’obolo ( vedi sotto ), ma ogni precedente Amministrazione, a detta della la successiva, ha avuto un approccio « clientelare ed incompetente » o « ha male utilizzato il personale di “supporto”(?) » o « non ha saputo interagire con i territori, disattendendo le politiche di marketing, che avrebbero favorito l’attuazione di una più ampia governance » . Forse, non sarebbe stato meglio utilizzare dei “fannulloni” pubblici, piuttosto che dei “scopiazzatori on-line” privatizzati ?

E quanto ci costa, come cittadini, questo continuo rivolgimento di fronte e di ( dis-)organico, che continua a riaffermare frasi trite derivate da un’infinità di inutili studi settoriali, da masterplan, indagini…: ( « favorire l’incontro tra domanda e offerta; fornire informazione, orientamento e consulenza su lavoro e formazione, prevenire la disoccupazione di lunga durata, bla, bla, bla…)? O forse non sarebbe il caso di interpellare chi, quotidianamente, ascolta chi approccia ai Servizi per l’impiego: sicuramente vi renderà edotti su quali aziende usano il lavoro nero, le motivazioni pretestuose o meno di un licenziamento, sul ricatto delle dimissioni firmate in bianco, dei motivi per cui una donna inizia a cercare lavoro in tarda età, quali sono le aziende che sfruttano i tirocinanti, quanto sono aumentate le partite IVA in edilizia…Notizie, che arrivano dal mondo dei disoccupati e che oggi sarà problematico ricollocare.

Intanto, il “secondo rapporto sullo stato di attuazione della strategia di Lisbona” afferma che il tasso di occupazione in Italia, rispetto l’obiettivo del 70%, è al 58,9% ( II trimestre 2007 ), quello femminile al 46,8% ( ob. 60% ), quello dei 55-64enni al 31,9% ( ob. 50% ). Questo, prima della crisi. Il rapporto ci informa, inoltre, che la dotazione finanziaria per la riforma dei servizi per l’impiego si attesta per il triennio 2007/2009 a circa 128 milioni di euro ( per il 2008 l’impegno è di 51.645.690,00 euro, di cui 3.398.137 alla Provincia di Roma ) . Si magnifica anche l’incremento dell’attività di preselezione, tenendoci all’oscuro della sua qualità e della sua valenza per la ricerca di un posto di lavoro, che si attesta al 3,3%, insieme ad altri servizi pubblici in genere ( rapporto ISFOL 2007 ). In quest’ultimo, con evidenza, viene trattato il cosiddetto lavoro “atipico” e precario nelle sue varie sfaccettature. Al momento del monitoraggio avevamo l’8,3% di lavoratori a termine, il 5,6% di finti autonomi, l’1,5% di apprendisti e 32% di part time involontari, cioè imposti dalle imprese. Ma obbligate sono anche altre forme contrattuali: 65% di co.co.co., 81% di co.co.pro., 55% di occasionali. Dal contesto non vanno dimenticate le partite IVA, considerate micro-imprese, tanto da far schizzare in avanti il saldo delle imprese nell’economia a Roma ( + 11.542 secondo il Rapporto sull’economia romana 2006-2007; ma negli ultimi tre mesi ne sono state chiuse 73.000 ). Dalla lettura dei documenti emerge chiaramente, nonostante l’enfasi posta sull’aumento dell’occupazione, che questa è: sostanzialmente precaria, con tipologie contrattuali spesso imposte, di bassa qualificazione ( ambito privilegiato dagli immigrati: mai dimenticarli ), con notevoli aree grigie e non garantite contrattualmente. L’abbassamento del tasso di disoccupazione non sempre viene considerato nella giusta dimensione: la rinuncia a perseguire politiche attive nella ricerca di lavoro. Nel frattempo, la ricchezza privilegia una sola parte. Ripetiamo: questo, prima della crisi.

Miliardi di lire prima e di euro poi, confluiti in mille rivoli: “sostegni” occupazionali e formativi, incentivi di vario genere, acquisizioni strumentali e ristrutturazioni ambientali. Ma i beneficiari, quali realmente sono stati e sono? Sicuramente non i disoccupati. Tanto meno gli operatori del servizio pubblico, tacciati spesso di “fannullonismo”, e privati della giusta professionalità. Mentre la “società in house”, ormai operante a tutto campo, viene sempre più consolidata, grazie al lavoro precario dei suoi dipendenti, contrattualizzati nel settore commercio ( sic! ) ed alle numericamente imprecisate “consulenze” ( ribadiamo: qualcuno ci spieghi a cosa sono servite nel corso degli ultimi anni ). All’operatore dei Servizi, non rimarrà altro che adeguarsi alle “residue attività”, di per sé “improduttive”, quindi economicamente infruttuose ( per lui ).

Ma non basta. Mentre il Governo naviga a vista attraverso la crisi, cercando le migliori soluzioni da far pagare ai cittadini, per il 2009, il Ministero del Lavoro accentra la programmazione dell’attività ispettiva, ed opera una drastica riduzione dei controlli ( nel 2008 sono stati 323.655, nel 2009 se ne prevedono 137.788, nonostante l’aumento in organico degli ispettori ), in « considerazione della crisi economica…..dal conseguente rallentamento dell’attività produttiva…( che incide ) sulla competitività delle imprese…» ( sic! ). Quindi, l’elettorato di riferimento di questo Governo, stia tranquillo, le ispezioni non dovranno essere « invasive nei confronti delle piccole e medie imprese » ( poverine! ), in quanto « la criticità del momento contingente rafforza la scelta di investire su di un’azione di vigilanza selettiva e qualitativa, diretta a limitare ostacoli al sistema produttivo ».

In parole povere: si esce dalla crisi anche attraverso il lavoro sommerso ( grigio e nero ). E chi se ne fotte dell’evasione contributiva e fiscale, utile alle casse dello stato ( quindi presumibilmente dirette ad ottenere migliori servizi ); chi se ne frega della sicurezza sul lavoro ( un paio di corone, due parole di circostanza e tutto si dimentica ); e che importa se nell’illegalità, prospera la criminalità ( anche questa è utile a produrre PIL ).

Resta solo l’indignazione per l’afasia sindacale e politica, incapace di reagire a tale indecenza, ma sempre pronta a proporre soluzioni atte a soccorrere le imprese, anche tramite i Servizi per l’impiego.

DIAMO I NUMERI….MA TENIAMO CONTO DELLA RECESSIONE

Programma operativo regionale 2007-2013 Lazio ( POR )

CONTRIBUTO

I Adattabilità 147.215.510
II Occupabilità 330.910.465
III Inclusione sociale 95.690.082
IV Capitale umano 110.736.065
V Trasnzionalità e interrregionalità 22.082.326
VI Assistenza tecnica 29.443.102

La gestione dei fondi europei finalizzata alle “politiche attive del lavoro” è inclusa in un contesto politico-economico di più vasta portata. Il controllo sul loro utilizzo, diverrebbe un’importante conquista per i lavoratori e per i cittadini verso cui sono finalizzati. Significherebbe la possibilità di implementare reali ed efficaci interventi atti a favorire una migliore occupazione, magari ridistribuendo equamente quella “ricchezza”, oggi troppo spesso utilizzata per “incentivare” le aziende onde produrre “buona occupazione”, per poi scoprire, che nella provincia e comune di Roma, il PIL aumenta grazie al lavoro precario, flessibile ed all’immigrazione sfruttata; mentre gli investimenti latitano e la rendita finanziaria ed immobiliare prospera.

Qualcuno chiederà: cosa c’entrano i Servizi per l’impiego? Noi rispondiamo: come vengono utilizzati i fondi europei? La riforma del mercato del lavoro, non prevedeva forse, l’utilizzo dei Servizi per “creare” occupazione? E le molteplici, autoreferenziali dichiarazioni di “ottimo lavoro svolto”, a cosa si riferiscono?

Naturalmente non siamo tanto ingenui da pensare che nell’attuale contesto storico, i Centri per l’impiego possano produrre lavoro. Solo i marziani possono credere ciò e ad alcuni “furbetti” fa comodo affermarlo. L’economia di mercato è altro dalle favole che ci propinano. La realtà ce l’ha detta l’OCSE : tra il 2001 e il 2006 l’Italia è scesa all’ultimo posto per produttività, al ventesimo per PIL pro-capite, con 1800 ore lavorate ( ottavi nel mondo ) siamo all’ultimo posto per salari, penultimo posto per evasione scolastica ( per inciso: nei Centri per l’impiego sono previsti uffici specifici per il suo contrasto ). Un’osservazione: la produttività è legata alla tecnologia, non alla “fannullonagine”. Pochi investimenti, poca produttività. Denaro investito nella finanza, crisi del capitale. Crisi del capitale, pauperizzazione dei cittadini, costretti al suo soccorso.

Ci piace riaffermarlo, teniamo alla nostra indipendenza: per continuare a contrastare le politiche concertative ed antipopolari degli ultimi venti anni, lo smantellamento della pubblica amministrazione, le privatizzazioni ed esternalizzazioni, il precariato, le “valutazioni” clientelari; proponendo una professionalità adeguata ai cittadini, la rivalutazione salariale, la dignità lavorativa.

Troppo spesso abbiamo subito gli attacchi di chi ci ha tacciato di nullafacenti, senza recriminare sulla cattiva gestione della P.A. dovuta ad incompetenze ed incapacità dirigenziali. Troppe volte, la genuflessione alla politica, è stata causa di un “sistema”, dove la professionalità, ha ceduto il passo al clientelismo. E troppo si è taciuto, per opportunistica convenienza, sulla cattiva gestione di pubblico denaro.

L’attacco alla P.A. e ai suoi dipendenti, vuole oscurare altre colpe. Il risparmio di spesa, privilegerà le inevitabili ulteriori privatizzazioni, svuotando ancor di più le prerogative dei pubblici servizi.

Non crediamo ad un cambiamento di rotta da parte di coloro i quali, fino ad oggi, hanno sostenuto lo smantellamento dello stato sociale e della sua funzione pubblica e per questo, è utile uscire dalla propria nicchia ed interloquire con tutti gli altri settori della società, che stanno subendo politiche antipopolari. Occorre prendere coscienza, che ridimensionare il potere contrattuale, significa demotivare i lavoratori e tale ipotesi, condurrà inevitabilmente allo scadimento dei servizi erogati, favorendo esternalizzazioni, riduzioni d’organico, a danno dei cittadini utenti. Quindi di noi tutti.

Lo vogliamo riaffermare con forza: la posta in gioco non riguarda solo i Servizi per l’impiego, ma un diverso progetto di società.

Luciano Di Gregorio
RdB-CUB P.I.

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