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(5 Marzo 2009)
La proposta di innalzare l’età pensionabile delle donne nella pubblica amministrazione e portarla a 65 anni è il segno dell’ennesimo accanimento di questo Governo nei confronti del mondo del lavoro e - in particolare - delle lavoratrici.
E’ vero quello che dice l’Unione Europea: sulle donne italiane pesa una strutturale condizione di discriminazione. Le donne italiane percepiscono le pensioni più basse e i posti che vengono loro offerti sono quelli più precari, quelli meno qualificati, quelli meno pagati. Ma niente come l’aumento obbligatorio dell’età pensionabile – ora per le donne del pubblico impiego, domani per quelle del settore privato – può aumentare questa discriminazione.
Innalzare l’età pensionabile delle donne serve soltanto a peggiorare le loro condizioni di lavoro e chi lo chiede non ha idea di quanto la fatica e lo sfruttamento siano i tratti dominanti delle condizioni di lavoro e di vita delle donne. Una fatica e uno sfruttamento doppio: al lavoro e a casa. E’ bene ribadirlo: le donne di lavori ne fanno due, perché oltre al lavoro vero e proprio, tutte le responsabilità di cura - della casa, dei figli, degli anziani - sono affidate a loro.
Oggi, in fase di recessione e di crisi economica, le discriminazioni e le sperequazioni a danno delle donne rischiano di aumentare. E’ sulle donne, sul controllo della loro autonomia e delle loro conquiste, che si consuma l’attacco più duro di questo Governo. Alzare l’età pensionabile delle donne a 65 anni aumenta le discriminazioni e serve soltanto a fare cassa per pagare la crisi.
Come al solito, questa crisi la stiamo pagando tutta noi. Noi lavoratori e – soprattutto - noi lavoratrici.
4 marzo 2009
LE DONNE DELLA RETE28APRILE
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