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La fatalità dominante

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(26 Novembre 2011) Enzo Apicella

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(Di lavoro si muore)

…ma il nuovo Ospedale di Mestre è sicuro ?

(19 Marzo 2009)

Ci chiediamo se il nuovissimo ospedale Ospedale di Mestre stia realmente soddisfacendo il bisogno di salute dei cittadini, garantendo la loro sicurezza e quella dei lavoratori.

Ma per “sicurezza” noi intendiamo quella vera, non solo quella dei mega-appalti di vigilantes.

In ambiente ospedaliero SICUREZZA significa ridurre al minimo la possibilità di “rischio clinico”, cioè di errore, per i pazienti come per gli operatori sanitari e la possibilità di contrarre infezioni; significa garantire ed agevolare la mobilità alle persone con una mobilità ridotta, il passaggio delle barelle, le persone su sedie a rotelle e le donne prossime al parto.

Sicurezza significa ADEGUATI ORGANICI, carichi di lavoro umani e non sovraccarichi lavorativi, rispetto dei turni prestabiliti, turnazioni che consentano turni di riposo al personale ANCHE proprio per la tutela della salute della cittadinanza.

Solamente condizioni di lavoro sicure garantiscono adeguata qualità assistenziale.

Ai cittadini ed ai lavoratori della sanità non servono Ospedali in project financing, appalti, sale operatorie “in affitto” per la chirurgia estetica, occorrono invece politiche sanitarie che mantengano pubblico il sistema, potenziando e ponendo realmente al servizio del territorio la rete dei servizi.

Per difendere il diritto alla sanità ed i diritti della persona malata è necessario un sistema PUBBLICO, che abbia mezzi, personale e strutture.

Le maggiori privatizzazioni, l’attuale prolungamento illimitato degli orari di lavoro e lo svilimento del Contratto Nazionale di Lavoro stanno rendendo usuranti e perciò più rischiose la prestazioni lavorative nelle aziende sia private, che pubbliche.

In Italia Governo, Ministero del Lavoro e della Previdenza, Direzioni Provinciali del Lavoro, Ispettorati Inail, INPS, Comandi Provinciali Vigili del Fuoco, Prefetti, ASL, Medici Competenti, Assessorati al Lavoro, Regioni, Province e Comuni, dovrebbero occuparsi di sicurezza del lavoro.

Di fatto ognuno di questi organismi si limita - quando va bene - per quella che burocraticamente è la sua “stretta” competenza (gli estintori, le zanzariere, ecc.) e, pur avendone le capacità, si guarda bene dal segnalare quello che non va a tutti gli altri organi di competenza.

Basta vedere ciò che è accaduto per le nostre divise plastificate.

In barba anche alla normativa: la UNI EN 13795-1:2004, di supporto ai requisiti essenziali della Direttiva Europea 93/42/CEE sui dispositivi medici, che specifica i requisiti di fabbricazione di teli chirurgici, camici e tute per le sale operatorie.

Camici e tute e teli devono garantire resistenza alla penetrazione microbica e possedere una buona capacità di conformarsi per assicurare una copertura efficace. La struttura della stoffa deve inoltre assicurare proprio traspirabilità ed elasticità.

L’adozione del Testo Unico sulla sicurezza del lavoro, firmato dal Capo dello Stato il 10 aprile 2008, viene oggi messa in discussione: emerge, infatti, continuamente la preoccupazione della salvaguardia delle aziende e cioè del danno derivato dalla eventuale sospensione di una attività.

In realtà non c’è proporzione fra le morti sul lavoro ed il blocco dell’attività aziendale: i datori di lavoro scelgono, chissà perché, sempre di risparmiare sui costi della sicurezza, piuttosto che attenersi alle norme.

E le sanzioni solitamente diventano evitabili pagando ammende.

COBAS Sanità, lo scorso 14 marzo ’09, ha inoltrato un esposto alla Procura della Repubblica di Venezia per accertare eventuali violazioni delle norme nazionali sulla sicurezza presso l’Ospedale dell’Angelo di Mestre, e chiedendo quindi l’applicazione ed il rispetto del Testo Unico sulla Sicurezza anche nella Asl 12 Veneziana.

16 marzo 2009

COBAS Sanità Venezia

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